Tutti i testi dei brani

227255_1027399132179_6078150_n-1


Pino Masi

DAL CANZIONIERE PISANO
AL TRIBAL KARMA ART ENSEMBLE

con tutti i testi delle ballate dal 1966 ad oggi
ed il rapporto tra arte e politica, natura e cultura,
libertà e diritti, negli attuali commenti dell’Autore

————————————————————————————–

images

E’ troppo comodo
scrivere o dire
giù le mani dal Vietnàm,
ben più difficile è saper lottare
per la propria libertà

Il Vietnàm
è troppo lontano
per essere noi là,
ma per qualcuno
è a portata di mano:
ci semina il napàlm

E tu mi dici
che anche cantare
può essere d’aiuto,
ma io penso che un uomo che muore
non senta il nostro canto

Pensa alla donna
che ha lasciato
nella casa lontana,
pensa al domani
per cui ha combattuto
ma che lui non vedrà

E’ troppo comodo
scrivere o dire
giù le mani dal Vietnàm,
ben più difficile è saper morire
per la propria libertà

images-3

Ti ho appena offerto,
prima di ogni altro mio testo,
caro Lettore,
quello di una mia canzone scritta tra il ’66 ed il ’67
– la mia prima, ancora ingenua, canzone –
e colgo l’occasione al volo per adempiere
– pur se in maniera non meditata fino a un attimo fa –
anche alla seconda, non secondaria, richiesta dell’Editore
(la prima fu quella di raccogliere, in un libro, tutti i testi):
“…affiancare, ai versi di tutte le tue canzoni,
un commento utile al Lettore per poterli ‘vedere’…
nel loro contesto culturale, storico, sociale.”
Come potevo quindi, adesso,
non sottolineare subito la parola Vietnam e dire quanto forte
abbia ‘suonato il campanello’ di quel dramma
– nel ’66 compivo i miei primi venti anni –
per quelli della mia generazione?

Make_Love_Not_War

Fu,
quello,
un ‘campanello’ della Storia.
E suonò, allora,
tanto forte quanto,
alle nuove generazioni,
suona ora quello irakeno.
Tanto forte che tutti,
allora, ma va bene anche adesso,
scegliemmo,
invece di abbandonarli e perderli,
di radunare i nostri sogni – tutti – in un progetto comune.
Progetto arditissimo
– scoprivamo con sorpresa, appena adulti, di essere liberi e uguali –
che ci rese tutti
(seppure, come vedremo poi, rischiosamente)
davvero amici.

222785_1027398372160_4899520_n

E’ proprio inutile
girare il mondo
cercando chi non c’è

Vai per le strade,
ti guardi attorno
ma ci sei solo tu

Bianche pareti di un mondo che muore
La gente grida intorno a noi
Dalle lenzuola di questo letto sento bisogna uscir!

Adesso so
che devo lottare
per la mia libertà

Perché domani
io possa guardare
dritto negli occhi tuoi

Bianche pareti di un mondo che muore
La gente grida intorno a noi
Dalle lenzuola di questo letto sento bisogna uscir!

Sì, adesso so
che devo lottare
per la mia libertà

Perché domani
io possa guardare
dritto negli occhi tuoi

Senza vergogna di me, senza vergogna di me…

———————————————-

224235_1027398692168_168975_n

Fu allora che,
dai cortili delle Accademie delle Belle Arti
(fin lì ben poco utilizzate),
dalle soffitte dove dipingevi isolato in quarantena,
dalle aule delle sedi universitarie,
dalle misere stanze in affitto dove,
separato,
studiavi,
dalle entusiasmanti – ma solo estive – escursioni in autostop
(nelle culture di un’Europa vissuta solo ‘on the road’)
e dalla assidua lettura dei coevi poeti e scrittori californiani…

——————————

La nostra deliziosa pratica,
sostanzialmente innocua e socialmente indispensabile,
dell’appena scoperto e universalmente diffuso ‘love&peace’,
– gioiosa affermazione del diritto di tutti alla vita –
dovette trovare
– e fu così anche nell’Arte –
altre forme
(nella naturale nostra opposizione mondiale alla guerra,
nel dissenso alla politica dei blocchi contrapposti e
alla conseguente minaccia di sterminio atomico per tutti,
nella protesta contro scuola autoritaria e fabbrica disumana)
per poter sopravvivere
– senza rinunciare ai sogni –
all’attacco,
concentrico,
contro di noi,
di forze oppostamente schierate in Parlamento
(come i due opposti imperi allora padroni del mondo)
ma ai nostri occhi,
al nostro vivere, al nostro sentire e capire,
entrambe nemiche e,
per giunta,
vomitevolissimevolmente,
incravattate e supponenti.

—————————————-

223265_1027398532164_4364381_n

No!
Noi non vogliamo la bomba atomica! Vogliamo ceci e baccalà!
Noi preferiamo la fisarmonica, la bomba atomica non ci va!

Noi preferiamo la fisarmonica,
la bomba atomica non ci va!
Viva, viva l’ amore,
viva l’amore che il Cielo ci dà!

Più quello che passa la mutua, ma niente atomica, per carità!

(Coro: ) Più quello che passa la mutua,
ma niente atomica,
per carità!
Più quello che passa la mutua,
ma niente atomica,
per carità!

————————————-
13_1972_cont_mi_0019

A Pisa,
città che in Occidente
– come ho potuto motivare in ‘Pisae Càpita Mundi’ –
precede tutte in sapienza da tempo immemorabile,
passare dalle semplici occupazioni di facoltà
alle assemblee unitarie di operai e studenti
(dal Movimento Studentesco al Potere Operaio)
fu facile passo, logico e breve.
Così,
dopo le schitarrate a Lettere o in Sapienza,
dopo le affollate riunioni appassionate,
dopo intere notti passate al ciclostile,
correvamo la mattina, adesso, a volantinare-parlare-cantare,
davanti alle fabbriche in sciopero,
nelle piazzette dei quartieri,
nelle ‘Case del Popolo’.

———————————
226535_1027399932199_6598011_n-1

Povero Mario, l’hanno licenziato.
Era ‘r più bono di tutto ‘r capannone,
ma ‘r tempo è tempo e venti pezzi all’ora
per quer merda der controllo ‘un sono tanti

Trenta è la regola e un po’ di più non guasta,
ha detto Piaggio all’urtima riunione,
chi fa di meno si cambia e mmi dispiace
ma lla catena ‘un si ferma e ‘un c’è ragione

Povero Mario s’era fatto male
quand’allo sciopero di du’ jorni prima
quer celerino colla ghigna a cane
gni calò lla mazzata ‘n sulla spalla

Andava piano colla spalla gonfia
a montà ‘ pezzi dietro alla catena
e ‘r caporale ruffiano der padrone
co’ ‘r cronometro ‘n mano stava a rride

Povero Mario l’hanno licenziato
era ‘r più bono di tutto ‘r capannone,
ma ‘r tempo è tempo e venti pezzi all’ora
per quer merda der controllo ‘un sono tanti

Ma un giorno, Mario, vedrai,
quella catena resterà ferma,
perché, nella turbina…
ci si butta ‘r padrone e ‘r caporale,
che stanno bene ‘nzieme,
‘nzieme morti

———————————
225955_1027398612166_1011128_n

Assieme al Potere Operaio pisano
– stesso dna e stessa data –
nasceva il Canzoniere Pisano.
Accanto a Sofri, a Cazzaniga, a Della Mea, a Luperini
ed agli altri innumerevoli eroi di allora
– che usavano alla grande la penna e la parola –
ci trovammo d’un tratto, noi del Canzoniere
(Riccardo Bozzi,
ora direttore al Teatro Verdi,
Lydia Nissim,
poi divenuta gioelliera favorita di LizTaylor,
Piero Nissim,
suo fratello, che ora sburattina per bambini,
Charlotte,
la mia ragazza indiana Blak Foot, ‘made in USA’,
che a casa mi cantava Dylan…
e poi?
Giovanna, la Silvestri, infermiera,
ora in pensione e protettrice di cani trovatelli,
Alfredo Bandelli,
or non più in vita perché la dette tutta al movimento,
ed io, a scrivere e a cantare
– fortunati noi –
l’unica rivoluzione culturale vera e riuscita del ‘Novecento,
l’unico raggio di luce nel buio di un secolo orribile.
Penna e voce,
per scrivere e cantare
– fortunati noi, fin dall’inizio –
quella rivoluzione culturale mondiale che partì allora e che
(non più rinunciando al ‘potere dell’immaginazione’),
per fortuna del Mondo vero
– grazie ai giovani, a tutti i giovani, di ieri e di oggi –
da allora non si è più fermata.

————————————-

——————————————–

La condizione operaia
balza prepotente all’attenzione di tutti.
L’intervento davanti alle fabbriche
(la Piaggio, la Olivetti di Massa, la Saint Gobain, la Fiat di Marina)
fornisce militanti operai e storie di operai.
Il frutto del lavoro politico del Potere Operaio pisano
(la saldatura tra operai e studenti, a Pisa già operante),
porta subito alle lotte, agli scioperi spontanei,
agli scontri con la polizia, nel ’68 il “15 Ottobre, alla Saint Gobain”
(su cui scrisse una bellissima canzone Alfredo Bandelli,
ora scomparso, ed io dipinsi con Lydia Nissim,
allora fresca come me d’Accademia, un enorme cartellone,
da vero cantastorie, che ancora conservo in pezzi,
da tenere in alto, dietro a noi, cantando).
Chiaro che il Canzoniere Pisano, composto di militanti,
fornì alle tesi del Potere Operaio pisano
la cassa di risonanza di cui aveva bisogno.
Storie di operai, e di lotte operaie,
divennero il pane quotidiano di noi compositori già dal ’67,
anno in cui uscì il nostro primo disco:
’Canzoni per il Potere Operaio’, appunto, per i Dischi del Sole.

——————————

Ma è’ con il ’68,
con quell’anno magnifico di lotta generale
(e di generale entusiasmo e contentezza),
che il movimento riesce infine a deglutire il groppo
per la scomparsa del comandante Ernesto Che Guevara,
– caduto in Bolivia appena l’anno prima –
e ad avvolgere, finalmente di nuovo, con un unico sguardo,
il panorama generale e glorioso delle lotte allora in corso.
Così tornammo, quelli del Potere Operaio pisano,
quelli del Canzoniere Pisano ed io tra loro,
ad allargare di nuovo lo sguardo sulle cose,
ad operare affinchè l’avvenuta saldatura tra operai e studenti…
potesse sentirsi parte di una più generale alleanza,
favorevole alle sorti non solo nostre ma del mondo tutto.

————————————

Tutto il mondo
sta esplodendo
dall’Angola alla Palestina,
l’America Latina sta combattendo,
la lotta armata vince in Indocina!
In tutto il mondo i popoli acquistano coscienza
e nelle piazze scendono con la giusta violenza…

Quindi… Cosa vuoi di più, compagno, per capire
che è suonata l’ora del fucile?

L’America dei Kissinger,
degli Humphrey, Mac Namara,
nelle giungle del Vietnam
una lezione impara:
la civiltà del napalm ai popoli non piace,
finché ci son padroni non ci sarà mai pace,
la pace dei padroni fa comodo ai padroni,
la coesistenza è truffa per farci stare buoni…

Quindi… Cosa vuoi di più, compagno, per capire
che è suonata l’ora del fucile?

In Spagna ed in Polonia gli operai
dimostran che la lotta non si è fermata mai
contro i padroni uniti, contro il capitalismo
anche se mascherato da un falso socialismo:
gli operai polacchi che hanno scioperato
gridavano in corteo ‘polizia gestapo!’,
gridavano ‘Gomulka, per te finisce male!’,
marciavano cantando l’Internazionale…

Quindi… Cosa vuoi di più, compagno, per capire
che è suonata l’ora del fucile?
Le masse anche in Europa non stanno più a guardare,
la lotta esplode ovunque e non si può fermare.
Ovunque barricate,
da Burgos a Stettino,
ed anche qui tra noi:
da Avola a Torino,
da Orgòsolo a Marghera,
da Battipaglia a Reggio,
la lotta dura avanza
e i padroni avran la peggio…

Quindi… cosa vuoi di più, compagno, per capire
che è suonata l’ora del fucile?

——————————–

La ballata della Bussola,
che ventiduenne, nascosto,
latitante nei giorni appena dopo i fatti,
scrivevo in rima, ancora percorso da emozioni,
è la storia di un conto in sospeso
– tra il potere e noi –
di cui, quella notte di Capodanno,
(l’ultima notte del ’68),
abbiamo pagato la prima rata.
Che non fossimo simpatici al padronato
(ed ai suoi – nei secoli fedeli – difensori)
era chiaro e dovunque risaputo,
ma che quella sera ci avrebbero sparato addosso
(a noi giovani armati solo di uova e pomodori come giorni prima,
a Milano, gli studenti alla inaugurazione della Scala)
non lo potevamo ancora sospettare:
fu quella, invece, per tutti noi la prima volta.

——————————–

A dire il vero però,
anche stavolta Adriano, ‘il Sofri’, intuì,
ma in estremis, cosa sarebbe accaduto.
Lo incontrai al mattino, solo, in piazza Garibaldi
(che era allora la ‘nostra’ piazza)
e forse era stata la notte a portargli consiglio.
Infatti, espletate le formalità di rito,
non note agli altri, di ogni nostro isolato incontro
(che consistevano nel domandarmi “Quanti soldi hai?”
al che io rispondevo, di solito, “Forse duemila lire”
e lui “Io invece ne ho ottomila, quindi… otto e due dieci,
sono cinquemila per uno! Sennò che compagni siamo?”),
quella mattina
(ancor soli, eravamo ora fermi all’imbocco del Ponte),
guardandomi improvviso negli occhi aggiunse:
”Ma tu credi che dobbiamo andarci davvero, stasera, alla… Bussola?” Ed io subito, di rimando, senza pensare: ”Lo chiedi… ora che tutto è predisposto, comprese uova e pomodori?
Ora che i manifesti sono affissi? La gente pronta?”
E lui: ”Vero, ma adesso ho un dubbio.
Sarà rischioso perché, vista da loro, è una buona occasione.
Sono molto arrabbiati con noi, potrebbero spararci addosso!”
Sospiro in silenzio, per la sorpresa, poi gli dico:
”Spero proprio di no, comunque stanno sparando a tutti:
dall’America all’Indocina, ’… dall’Angola alla Palestina…’!
Noi lo sappiamo e abbiamo fatto una scelta rischiosa.
Ora… non ci possiamo tirare indietro!”.
Questo dissi, Adriano non aggiunse altro, la sera andammo.
Era la sera di San Silvestro, l’ultima del ’68,
e i nostri carnefici vollero saldare il conto
(sol di quello che, per loro, era stato un anno terribile)
piantando una pallottola calibro 9 lungo
– militare –
tra le vertebre di un ragazzo di allora sedici anni,
da allora su una sedia a rotelle:
Soriano Ceccanti,
amico mio.

——————————-

Quella notte davanti alla Bussola
nel freddo di San Silvestro,
quella Notte di Capodanno… non la scorderemo mai!

Arrivavano, i signori,
sulle macchine lucenti…
e guardavano con disprezzo gli operai e gli studenti.

Le signore con l’abito lungo
con le spalle impellicciate,
i potenti col fiocchino, con le facce inamidate.

Eran gli stessi signori
che ci sfruttano tutto l’anno,
quelli che ci fan crepare nelle fabbriche qui attorno.

Son venuti, per brindare,
dopo un anno di sfruttamento:
a brindare per l’anno nuovo, che gli vada ancora meglio!

Non resistono i compagni,
che li han riconosciuti…
ed arrivan pomodori ed arrivano gli sputi.

Per difendere gli sfruttatori,
una tromba ha squillato…
quando già i Carabinieri hanno corso ed han picchiato!

Come son belli i Carabinieri,
quando picchiano, con le manette,
i compagni studenti medi dai quattordici ai diciassette!

E non la smettono, di picchiare,
se il Colonnello non alza un dito:
sono l’immagine più fedele del nostro Ordine Costituito!

Già vediamo i Carabinieri,
che si stanno organizzando…
per iniziare la caccia all’uomo con pantere ed autoblindo.

Non possiamo andare via,
nè lasciare i compagni dispersi:
siamo ormai tagliati fuori per raggiungere gli automezzi.

Decidiamo di resistere…
e si fan le barricate:
sono per meglio difenderci dalle successive ondate.

Dalla prima barricata,
alla zona dei Carabinieri,
sono circa quaranta metri tutti sgombri e tutti neri.

Quando cominciano ad avanzare,
uno di loro spara in aria,
i compagni tirano sassi per cercare di fermarli!

Loro si fermano… un momento,
poi continuano ad avanzare:
non è più uno soltanto, sono in molti ora a sparare!

Dalla prima barricata
vediamo bene le pistole,
dalla seconda i compagni pensano che sian colpi di castagnole.

Ma, ad un tratto, vedo cadere…
un compagno alla mia destra:
è in ginocchio, con un buco ed il sangue sui calzoni!

Mi volto e grido ‘Sparan davvero!’
e corro indietro di qualche passo.
Due compagni portano a spalle il ferito nella gamba.

Correndo forte, sulla strada,
con alle spalle i Carabinieri,
vedo Ceccanti, colpito a morte,
trasportato sul marciapiede!

Malgrado gli sforzi per aiutarlo, è difficile trovar soccorso,
mentre gli sbirri ti corrono dietro…
e non ti danno un po’ di riposo!

Trovata un’auto utilitaria e portato via il Ceccanti,
non ci resta altro da fare…
che scappare tutti quanti.

Forse, alla Bussola, per questa notte,
i signori si sono offesi…
loro, che offendono ed uccidono per tutti gli altri dodici mesi!

Sarebbe meglio offenderli spesso,
e non dare mai loro respiro,
tutte le volte che lor signori capitan sotto il nostro tiro!

E… a questo punto, mi sembra opportuno…
fare qualche considerazione…
sulle diverse e brutte facce che ci mostra, oggi, il padrone.

’Lui’ ha i soldi per comprarci,
il lavoro per sfruttare,
i suoi armati per ucciderci, la tivvù per imbrogliare:

a noi… non resta che ribellarci, e non accettare il gioco…
di questa loro libertà che, per noi, vale ben poco!

(Coro:) Non ci resta… che ribellarci,
e non accettare il gioco…
di questa loro libertà che, per noi, vale ben poco!

——————————

A quel ’68,
che era stato davvero bello…
malgrado il tirassegno dell’ultima notte,
seguì un ’69 ancor più bello:
lotte operaie crescenti culminarono in quello che,
tuttora, viene ricordato come l’ ‘autunno caldo’.
Cosa accadde?
Il vecchio Potere Operaio pisano,
Adriano Sofri in testa, aveva deciso di sciogliersi
(“abbiamo esaurito i nostri compiti sul piano locale”)
e di spargersi – per riformarsi – a livello nazionale.
Nasce così Lotta Continua,
ed i compagni pisani
– da anni ormai ‘militanti a tempo pieno’ –
dirigono in tandem con le avanguardie locali
il lavoro politico in tutte le sedi dell’organizzazione
(immediatamente proliferate da Trento a Trapani):
Pantani a Bari, Guelfo a Gela, Brogi a Genova, Pietro
(Giorgio Pietrostefani) a Milano, Adriano a Torino, io…

…e accadde che,
come le lotte e le occupazioni studentesche del ’67 a Pisa…
avevano anticipato il ’68, nazionale ed oltre, degli studenti,
così le lotte operaie del ’68 nelle fabbriche del pisano…
sfociarono nel coro nazionale delle lotte operaie del ’69.
Tanto belle, per noi, quelle lotte!
Ma talmente brutte per ‘i padroni del vapore’ che,
alla fine dell’ ’Autunno Caldo’,
si videro costretti a ‘castigare’ di nuovo, e seriamente, il movimento:
’Solo pistole, calibro nove, sul movimento pisano del ’68?
Stragi e defenestrazioni sul movimento nazionale del ’69!’
Ma la novità vera era che, da allora in poi, come vedremo,
non si limitavano più a colpire ‘per reprimere’.
ora è ‘Guerra Psicologica’: incolpare noi dei loro colpi.
Iniziava la ‘strategia della tensione’. Alla fine dell’Autunno Caldo ’69
…strage a Milano il 12 Dicembre, il 13 incolpati gli anarchici,
il 14 arrestati, il 15 Pinelli ‘precipita’ dalla finestra di Calabresi!

—————————————-

Quella sera a Milano era caldo
Calabresi nervoso fumava:
” Tu, Logràno, apri un po’ la finestra! ”
Ad un tratto Pinelli cascò.

“Sor Questore io ce l’ho gia detto,
le ripeto che sono innocente:
Anarchia non vuol dire bombe,
ma giustizia nella libertà!”

“Poche storie! Confessa, Pinelli!
C’è Valpreda che ha già parlato:
lui è l’autore di questo attentato
ed il complice, è certo, sei tu!”

“Impossibile!”, grida Pinelli,
”Un compagno non può averlo fatto
e l’autore di questo delitto
tra i padroni bisogna cercar!”

“Stai attento indiziato Pinelli,
questa stanza è già piena di fumo:
se tu insisti apriam la finestra,
quattro piani son duri da far!”

In dicembre, a Milano, era caldo!
Ma che caldo, che caldo faceva!
E’ bastato aprir la finestra
e ad un tratto Pinelli cascò!

L’hanno ucciso perché era un compagno,
non importa se era innocente!
”Era anarchico e questo ci basta!”,
disse Guida, il fascista questor!

Calabresi e tu Guida assassini,
se un compagno ci avete ammazzato
questa lotta non avete fermato:
la vendetta più dura sara!

C’è una bara e tremila compagni,
stringevamo le nostre bandiere…
e quel giorno l’abbiamo giurato:
”Non finisce di certo così!”

Quella sera a Milano era caldo,
ma che caldo, che caldo faceva!
E’ bastato aprir la finestra:
una spinta… e Pinelli cascò!

————————————

Sciolto il Potere Operaio pisano
e sparsi i suoi militanti a fondare ovunque Lotta Continua,
anche il Canzoniere Pisano si sciolse,
ed io
– senza più Canzoniere, né la ragazza Blak Foot tornata alla tribù –
rischio, se non proprio la crisi, la malinconia.
Certo che… Charlòtte era divina.
La chiamavamo Carla:
voce fantastica, impegno creativo,
amore e ispirazione, dedizione totale.
A Pisa in tanti
– tutti ora vecchi –
la ricordano ancora.
Si stette insieme quattro anni, tra il ’66 e il ’70.
Ma nel ’69 arrivò la ‘cartolina’ militare:
noi vogliamo emigrare…
ad Adriano dispiace se andiamo…
(‘non bisogna fuggire, bisogna capire’)
ed allora… ecco il mio servizio di leva, obbligatorio!

—————————–

C’era un tale Riccardo Bruna,
contadino in gran povertà,
che per colmo… diciamo di sfortuna, militare dovette andar.
Arrivato che fu al reggimento e trascorsi tre mesi di C.A.R.
gli fu dato un bel mulo e l’armamento
per poter sulla Patria vegliar!
Venne il giorno dell’esercitazione, generali in elicottero e jeep,
ma tu hai voglia di dar pedate al mulo:
sembra sordo e non vuole partir.

– ”Scusi tanto signor caporale,
ma il mio mulo non vuole marciar…”
– ”Colpa tua che sei un animale
e che non ti sai far rispettar!”
– ”Qui si sbaglia signor caporale,
io se voglio mi faccio rispettar:
lei, per esempio, mi ha chiamato animale
ed allora si prenda questo qua!”
Con un pugno sulla testa quadrata,
il caporale nella merda finì.
– ”Favorisca, che è fresca di giornata,
così almeno avrò poco da pulir!”

Si sospende l’esercitazione e il tribunale militare dirà:
”Nove mesi a Riccardo Bruna, a Gaeta li deve scontar!
Quattro mesi per il pugno al caporale,
cinque mesi perchè il mulo colpì…”
Parve chiaro anche al tribunale militare
quel che vale un caporale oggidì!

(Coro:) ’Quattro mesi’… per il pugno al caporale,
’cinque mesi’… perchè il mulo colpì:
parve chiaro al tribunale militare…
quel che vale un caporale oggidì!

——————————————

Le mie lettere
(accortamente firmate,
con vari pseudonimi,
dai compagni del giornale)
daranno il via all’intervento alle caserme da cui nasce il PID,
quel ‘Proletari in Divisa’,
coordinato da Franco di Udine,
che portò tanti soldati,
nei primi anni settanta, a interi cordoni, ai cortei proletari!
(A proposito, Franco, che fai?
Batti un colpo, se mi leggi!
Io sono, ora, ‘art director’ di un sito,
’www.repubblicapisana.it’,:
mandaci una e-mail, intervieni al ‘forum’!)
Furono comunque per me lunghi mesi di umiliazione,
ma Charlotte viene e stare a Foggia per me…
e porta ai compagni ogni tanto le mie canzoni,
registrate di nascosto su cassette.

Poi il ritorno.
Io finalmente congedato, maggio ’70,
e lei che alfine prende fiato e dice…
“Pino, io devo andare,
ti amo ma devo andare,
mia madre non ce la fa più…
ho deciso di…
le ho dovuto promettere… di tornare,
ero venuta in Italia per due mesi e non mi vede da anni…
…non ti ho detto niente prima perché eri militare,
soffrivi troppo e non volevo che tu soffrissi di più…
ma ora… dopodomani, devo partire…
ho acconsentito che mia madre pagasse il biglietto,
è già fissato il volo… non parto ora, parto dopodomani”.

———————————–

Su quanti passi dovrai ritornare,
per dare un senso alla vita?
E la colomba quanti mari vedrà,
prima di giungere al lido?

La risposta amico,
nel vento soffia già… e presto arriverà!

Quante stagioni la roccia potrà
resistere all’onda del mare?
E quanto l’uomo ancora potrà,
pretendere di non vedere?

La risposta amico,
nel vento soffia già… e presto arriverà!

Due giorni dopo,
d’un tratto,
cantava Dylan lei ed io – come sopra – cercavo di tradurre…
abbracci, baci, scambio di doni
(a me la sua buona chitarra, a lei un bel ritratto che le avevo fatto)
e dopo…
io a Pisa, solo con la mia malinconia.r
La città è cambiata per me, sembra vuota:
gli amici migliori tutti via, in giro a far politica, e, adesso,
anche la primavera BlaK Foot che mi lascia!
In piazza incontro Pietro.
E’ a Pisa per qualche ora, rientra – ‘stasera stessa’ – a Milano:
– ”Cosa fai tu ancora a Pisa, Pino, qui non c’è più nessuno!”
– ”Sono tornato da Foggia da pochi giorni,
ho finito il servizio militare e non so che fare.
Mi sono accorto subito che Pisa è cambiata,
siamo partiti tutti per fondare Lotta Continua…
e a Pisa è rimasto il deserto”.

– ”Son belle…
Pino, le canzoni che hai mandato.
Molti compagni le hanno imparate e, anche senza di te,
a Milano le sento cantare nei cortei!”, mi disse Pietro, ed io:
– ”Grazie Pietro… ma ti è piaciuto l’inno di Lotta continua?
L’ho scritto, per reazione, quando ho saputo di Piazza Fontana.
Ho capito subito il perché della strage ed ero a pezzi,
poi mi sono sfogato piangendo sulla chitarra:
’Lotta! Lotta di lunga durata!…’, ti piace?”
– ”E’ piaciuta a tutti… Anzi, perché non vieni a Milano, tu?
Troveresti tante cose da fare, incidere nuovi dischi…
hai fatto l’ultimo ai tempi della Bussola!
Vieni a Milano, con la tua donna, a starci, e…”.
– ”Verrò da solo Pietro, al massimo tra un paio di giorni,
la mia donna non c’è più, è tornata in America”.

Iniziai così il periodo milanese,
e tutto ripartì nel verso giusto.
Dormii da subito a casa di Mara Lazzarino, amica mia,
in via Lanzone, traversa di via Torino al San Lorenzo,
giusto in tempo per incontrarvi Joe Fallisi che aveva,
in mano, gli appunti per una canzone sulla morte di Pinelli.
Aveva raccolto, il Fallisi, quei primi appunti per la canzone…
al Circolo del Ponte della Ghisolfa, assieme a Lello Valitutti.
Parlo di quel Valitutti che fuggì per sempre…
perché, in attesa di essere interrogato, dal corridoio,
dietro la porta dell’ufficio del commissario Calabresi
– che stava interrogando Pinelli – aveva ascoltato le urla,
i colpi, la finestra che si apriva… il tonfo di Pinelli…
sul cortile della questura.
Diceva che Calabresi era uscito dalla stanza dopo,
solo dopo, non prima del tonfo finale:
poi fuggì per sempre all’estero, il buon Lello,
perché temeva – giustamente – di venire ucciso!

Lavorammo insieme,
Joe Fallisi ed io,
al testo della ballata per il Pinelli,
un paio di sere, a casa della Mara Lazzarino,
con l’intenzione di farci un disco non appena fosse pronta.
Quando lo fu… Joe voleva inciderla per una casa alternativa,
io per i Dischi di Lotta Continua (‘cosa di più alternativo?’)
che ancora non c’erano, ma di cui stavo pianificando l’uscita.
Decidemmo infine,
amichevolmente grazie alla mediazione di Mara,
di lanciare due versioni del testo da noi redatto,
ma di cantarlo su arie diverse, antiche e popolari:
io scelsi l’aria di
‘Alle grida traziate e dolenti
della gente che pan domandava,
il feroce monarchico Bava
coi cannoni la folla sfamò!’.
La incisi dunque, la ‘Ballata di Pinelli’, nella Primavera del ’70
– ventiquattrenne, mi dico sorpreso adesso che ne ho sessanta –
assieme a due belle canzoni del Bandelli, la Fiat e la Violenza
(che Alfredo non volle incidere personalmente per cautela
– era già sposato e con bambini, io allora no ma ora capisco –
e che poi, anni fa, incise in un suo Lp per i Dischi del Sole).
Sullo stesso disco, incisi l’Inno di Lotta Continua,
che avevo scritto nel Dicembre ’69, subito dopo la strage,
ma non ancora pubblicato: il mio urlo diventò di pubblico dominio.

Siamo operai,
compagni braccianti e gente dei quartieri!
Siamo studenti, pastori sardi, divisi fino a ieri!

Lotta!
Lotta di lunga durata!
Lotta di popolo armata! Lotta continua sarà!

L’unica cosa che ci rimane…
è questa nostra vita.
allora, compagni, usiamola insieme prima che sia finita!

Lotta!
Lotta di lunga durata!
Lotta di popolo armata! Lotta continua sarà!

Una lotta dura,
senza paura, per la rivoluzione:
non potrà esistere la vera pace finché vivrà un padrone!

Lotta!
Lotta di lunga durata!
Lotta di popolo armata! Lotta continua sarà!

Lotta!
Lotta di lunga durata!
Lotta di popolo armata! Lotta continua sarà!

Ne vendemmo trentamila copie,
di quel primo disco di LC, a mille lire l’una.
Trenta milioni di lire, di allora, 1970,
per il ‘giornale’ di Lotta Continua
(che era in realtà un settimanale:
il quotidiano venne dopo,
quando trasferimmo la sede a Roma).
La bellezza
– tre anni in tutto –
del mio soggiorno milanese,
la apprezzai col passare del tempo.
Non fu solo nel successo del primo disco di LC,
la ‘bellezza’ che trovai a Milano.
Fu bellezza totale.

Dischi, di Lotta Continua,
ne pubblicammo una decina
e sia chiaro che non ebbi una lira:
lavoravo, gratis, alla loro pubblicazione,
come migliaia di altri che facevan volantini.
La bellezza che trovai a Milano era nella sua gente,
nei cortei colorati che sempre la traversavano,
negli interventi parlati di operai alle nostre riunioni,
nelle affollate assemblee al Politecnico e alla Statale,
nelle nottate di discussioni a casa di Mara dove ero ospite,
nelle serate tra pittori alla Trattoria Toscana di Porta Ticinese,
nelle cantate oscene del vecchio Pinza alla Briosca sui navigli,
nell’amicizia con Francesco e Agnese e gli altri angeli del CCM
(Collettivo Cinema Militante, via Torino 11, Milano, Italia) con cui
scrissi, allora, un documento ‘Sull’ Uso Alternativo del VideoTape’,
che fu molto apprezzato da Pio Baldelli
(e da lui subito pubblicato a solenne chiusura del suo cànone:
‘Informazione e Controinformazione’).
Devo e voglio dire, insomma, che ne trovai tanta di bellezza,
in quegli anni, a Milano, ed ispirazione per l’Arte.

Questa nostra lotta
è la lotta di chi non vuole più servir,
di chi è ormai cosciente della forza che ha
e non ha più paura del padrone,
di chi vuol trasformare il mondo in cui viviamo
nel mondo che vogliamo,
di chi ha ormai capito ch’è ora di lottare,
che non c’è tempo di aspettare!
Dalle fabbriche in rivolta un vento soffia già,
ovunque arriverà!
E’ proprio un vento rosso che non si può fermare
e unisce chi ha deciso di lottare!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!
Se occupa le case
chi non ce le ha
unisce tutta la città,
si lotta nei quartieri per non pagare i fitti,
difendere le case dagli sfratti,
si lotta e si vive
in maniera comunista,
non c’è posto per il fascista,
la giustizia proletaria ricomincia a funzionare
con il processo popolare!
Dalle fabbriche in rivolta un vento soffia già,
ovunque arriverà!
E’ proprio un vento rosso che non si può fermare
e unisce chi ha deciso di lottare!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!

Proletari in divisa
si ribellano perché
hanno capito che
anche la caserma, come la prigione,
è un arma del padrone
e la loro lotta avanza, con la nostra unità,
verso la libertà:
dai quartieri alle caserma, dalle fabbriche alla scuola,
è tutta una lotta sola!
Dalle fabbriche in rivolta un vento soffia già,
ovunque arriverà!
E’ proprio un vento rosso che non si può fermare
e unisce chi ha deciso di lottare!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!

La scuola dei padroni
non funziona più,
ma solo come base rossa!
La cultura dei borghesi
non ci frega più:
l’abbiamo messa nella fossa!
Anche nelle galere della repressione
cresce l’organizzazione
e svuoteremo presto tutte le prigioni
per fare posto a tutti i padroni!
Dalle fabbriche in rivolta un vento soffia già,
ovunque arriverà!
E’ proprio un vento rosso che non si può fermare
e unisce chi ha deciso di lottare!
Per il socialismo, per la libertà, prendiamoci la città!

Con lo spettacolo ‘Liberare tutti’
(nelle carceri, allora insorte, volavan tegole, calavano striscioni,
se attaccati si moriva per i gas, bruciavano corpi e materassi)
girammo nel ’72-‘73 per tutta la penisola ed oltre:
la Germania, la Svizzera, persino le Grandi Isole.
Dico ‘girammo’ perché si era formato un gruppo,
una specie di circense collettivo teatrale-musicale,
formato da tante persone bellissime e vere.
A Vera e a me si univan Sebastiano Martini e Ornella Segarìu,
’splendida sardina originale’ formalmente ‘studiante’ a Pisa,
la Giovanna del vecchio Canzoniere infermiera a Seravezza,
il giovane Riccardo Falconetti amico mio e buon disegnatore,
tanti creativi ‘cani sciolti’ tipo l’amico Lele Biagi drammaturgo
(che si defilò improvviso perché – disse – guidavo tipo Fangio)
e, saltuariamente, bravi, quelli del Canzoniere del Valdarno.
Infine, al nostro carrozzone di cantastorie&saltimbanchi si unì,
con la sua Nikon, anche l’Antonio Vinciguerra, provvidenziale:
”Lo guida lui, ir purmìno!” – dissero tutti – “O si va ’n treno!”.

”Musica dal vivo,
canzoni, sì, va bene, ma i dialoghi… a memoria?”,
mugugnavano, preoccupati, gli eroici esordienti,
quasi alla vigilia del debutto.
”I dialoghi? Registrati sul nastro, assieme a rumori ed effetti!”,
decisi subito, riconquistando la mia pigra ciurma di pirati.
Così, reprimendo a malapena il riso,
tra una scena cantata ed un’altra cantata ancora,
senza posa come altrettanti Frégoli,
coperto fuoriscena il volto con maschere modernissime, potevamo, subito rientrando, qual greco dramma, ricoprire infiniti ruoli.
Chiunque fosse libero al momento,
volta per volta assumeva il ruolo giusto
sol prendendo la giusta maschera e gesticolando:
stavi zitto, il nastro declamava per te…
e ti divertivi – da mimo – solo a gestualizzare.
Questo era il trucco circense, questo il vero vantaggio!
Si schiacciava il bottone, partiva il nastro e, senza stacco,
le casse alternavano dialoghi&rumori con lunghi vuoti,
calcolati, per le parti “dal vivo, ma senza perder tempo!”,
altrimenti rischiavi l’arrivo del prossimo dialogo.
Non successe: nelle canzoni eravamo precisi.
Successe invece, e spesso, che le parti registrate
(i boati, gli strilli, le battute, i discorsi seri e gli sberleffi),
piombassero dalle casse sul ‘pubblico’ che ancora applaudiva!
Ma in quel caso l’attore, già mascherato,
aspettava un momento in più prima di entrare in scena:
l’applauso andava a chi l’aveva meritato e,
al pubblico, restava il diritto di applaudire finchè volesse
(sorpreso però – e a gran volume – dal nastro che incalzava!).
Al primo diminuire dell’applauso del pubblico sconcertato…
l’attore mascherato entrava gesticolando sulla scia del testo,
aggiungendo sorpresa alla sorpresa:
nuovo applauso (magnifico!) e avanti tutta!
Dopo un’ora’ il nastro si arrestava:
ancora una canzone dal vivo, applausi… e finiva il primo tempo!
”Pausa breve, e poi secondo tempo!…”
”E’ per non ingrassare!” – aggiungevo – “E’ contro l’obesità!”.

Ci son tanti compagni
di cui siamo privati
perchè questa giustizia
li vuole carcerati.

Però son fianco a fianco
ad altri proletari
che passano la vita
dentro i penitenziari.

Si stanno organizzando
per far delle prigioni
una base di lotta
contro i padroni.

Per questo hanno bisogno
anche del nostro scudo:
se noi lottiamo fuori
per loro sarà un aiuto.

Liberare tutti
vuol dir lottare ancora,
vuol dire organizzarsi senza perdere un ora!

Porci padroni!
Voi vi siete illusi:
non bastan le galere
per tenerci chiusi!
Siam tutti delinquenti solo per il padrone,
siamo tutti compagni per la Rivoluzione!

Liberare tutti
vuol dir lottare ancora,
vuol dire organizzarsi senza perdere un ora!

Accadeva che, con le canzoni
(e i dischi di LC distribuiti per ogni dove dai nostri militanti),
oltre a propagare alla grande le sue idee
(ed a caratterizzare favorevolmente la sua immagine),
Lotta Continua trovava accanto a sé
(quindi anche attorno a noi del Canzoniere),
nuovi militanti a tempo pieno,
nuove avanguardie,
nuove energie da collegare sinergicamente,
nuovi apporti sul piano creativo.
Passammo
(dal Canzoniere Pisano)
al Canzoniere del Proletariato,
dai Dischi del Sole ai Dischi di LC,
da spettacoli solo musicali a quelli quasi teatrali:
mentre la Rivoluzione cresceva,
cresceva la necessità dell’Arte,
e cresceva anche l’Arte.
Nascevano,
da Mantova a Mola di Bari,
da San Giovanni Valdarno a Trapani,
nuovi canzonieri locali, nuovi autori,
splendidi cantastorie e teatranti
(Paolo Ciarchi, Enzo del Re, Clara Salvo,
Lisetta Miller, Marco Chiavistrelli…).
Dal Folkstudio romano del caro Cesaroni Augusto
(dove un giovane Dylan, sconosciuto, con zaino&sacc’appelo,
cantò le sue poesie passando in ’stop a inizio anni sessanta,
e dove cantavo anch’io ogni volta che passavo da Roma),
sciamavano ora amici miei più giovani, romani,
del calibro di Francesco De Gregori e
– stavo per dire purtroppo –
di Antonello Venditti:
‘bravo ’uaglione’, direbbero a Napoli…
ma credo l’Arte non sia questione di gusti e,
pur accettando il romanesco ‘volèmose bbene’,
fosse anche solo questione di gusti, io ho i miei.

Eccoti lì a pensarla
e gli olivi perdono i fiori
Forse è stata la nebbia
che stempera i colori
ad addolcirti dentro
più di quanto sia fuori,
anche se hai già creduto
in così tanti amori

Ma se questo è l’Amore…
tu non lo devi sapere,
lo devi solo vivere senza capire!
Senza contarci
come cosa sicura
che poi, quando ti manca,
hai paura!

Ed è rimasto un attimo,
sospeso tra gli ulivi,
quel suo sorriso pallido
e adesso, mentre scrivi,
non ti senti sicuro
nel dire che tu vivi
aspettando che ancora
quel suo sorriso arrivi

Ma se questo è l’Amore…
tu non lo devi sapere,
lo devi solo vivere senza capire!
Senza contarci
come cosa sicura
che poi, quando ti manca,
hai paura!

Nasceva,
già dal ’71,
per tutti noi creativi, la necessità
– non rimandabile –
di creare un circuito culturale alternativo organizzato.
Per questo, spuntarono in breve, in tutta Italia,
la bellezza di novantasei ‘Circoli Ottobre’.
Con la testa appoggiata alla ‘pizza’ col film di Pasolini
(e la chitarra serrata tra le gambe e i piedi,
per salvarle entrambe, per non farle rubare…)
dormii sui treni, migrando di città in città.
Ogni giorno, certo, sapevo dove andare:
ogni giorno un concerto e, alla fine, una colletta per il treno.
Se mangiai, mangiai solo panini.
Per questo,
per i nostri Circoli Ottobre,
da Pisa dovette poi stabilirsi a Milano
– abbandonando ogni altro suo interesse –
sul finire del ’72
anche un caro amico mio, ingegnere, Carlo Alberto Bianchi,
che ancora di frequente incontro, se sono a Pisa,
seduto al ristorante ‘da Stelio’, in Piazza Dante:
per anni ‘Carlarberto’ coordinò, da Milano, i Circoli Ottobre,
distribuendo dischi, libri, pellicole, manifesti, concerti.
Fu in quegli anni
che con Giovanni Bonfanti, Guelfo, Adriano, Pietro,
incontrammo a più riprese Pasolini:
Pier Paolo
(seppur esausto ‘tra Callas-Medee e Canter-buryate’),
si mise a girare un film con noi e per noi: ”12 Dicembre”,
sulla strage di Milano e sul corso della continua lotta.
Poi lo montammo ’nsieme i’ e llui, detto in pisano,
cioè Pier Paolo ed io, e un po’ il Ponzi Maurizio,
sotto gli occhi di Ocone che teneva i conti,
alla vecchia SafaPalatino, oggi Médiaset
(il Padron Padrino… ha comperato veramente tutto!).

Quel ”12 Dicembre”,
il film di cui parlo, o mio paziente Lettore,
è il solo tra quelli di Pier Paolo Pasolini di cui
– ancora adesso, nel 2005 –
non riesci a trovare in Italia non dico la pellicola,
ma nemmeno il titolo tra tante accurate filmografie!
Anche oggi,
se non sei parigino,
sei costretto a cercarlo su Internet,
nelle filmografie, solo francesi,
del grande nostro amico Poeta assassinato.
Strano, non credi?
Quel ”12 Dicembre” di cui fornii e poi curai il sonoro
mentre Pasolini sceglieva e montava volti e sequenze
(e, da Maestro, puntualmente spiegava ogni perché),
è, anche, il film a causa del quale, io credo, a Pier Paolo,
non molto tempo dopo… fu orrendamente tolta la vita.
Ovviamente direttiva Cia, regia Canottieri ‘piduisti’,
manovalanza Coatti della Magliana, immagino.
Magari proprio quelli che, a Roma,
pochi mesi prima della sua morte,
bloccarono di notte in Via Nazionale la sua auto,
che oltre a Pier Paolo trasportava anche me e Vera
– dal ’72 al ’78 mia nuova compagna di vita e di lotta –
e ci costrinsero, dicendosi poliziotti, a seguire la loro.
Alfa color merdametallizzata,
di pelle merdachiara gli interni, così i giubbotti, facce di merda.
Fortuna nostra li seguimmo per poco.
Giunti da Via Nazionale all’angolo di Piazza Venezia,
su mio ‘consiglio’ Pasolini arrestò la sua auto, vistosamente,
sotto la luce al neon dell’insegna della stazione dei Carabinieri
(assenti sulla strada, data l’ora, ma finalmente utili a noi):
con una sgommata improvvisa in curva secca,
l’Alfa dei sedicenti poliziotti in borghese
imboccò Via del Corso controsenso
e rombando scomparve nel buio.
Inutilmente scesi per un attimo a guardare.
Assassini!

Ho fatto un sogno
questa notte:
Franco era tra noi.
Gli ho detto “Franco, se morto sai?”
”Sono qui con voi”, ha detto, ”son qui con voi!”

“Ti han massacrato,
quei bastardi,
ti han fatto morir!”
”Non è bastato fermarmi il cuore,
infatti sono qui: mi vedi, sono qui.
Quello che mai
potran fermare
è ciò per cui lottiamo,
ed ai picchetti, ogni mattina,
vi darò una mano, io vi darò una mano.”

E sorridente
come era in vita
mi stava lì a guardar.
Non era morto Franco Serrantini,
voleva ancor lottar, voleva ancor lottar!

E da Palermo
a Milano,
in fabbrica o in quartiere,
ovunque noi si lotterà
Franco potrem vedere, Franco potrem vedere!

Ho fatto un sogno
questa notte:
Franco era tra noi.
Gli ho detto “Franco, se morto sai?”
”Sono qui con voi”, ha detto, ”son qui con voi!”

Ti ho visto,
la foto è sul Giorno,
la faccia schiacciata per terra.
Sembrava una foto di guerra,
eppure era solo Milano

E c’è chi non sa che la lotta
diventa ogni giorno più dura…
e c’è chi lo sa ma ha paura
e parla sempre più piano

Ma c’è pure chi non lascia piegare
dai neri e dai democristiani,
c’è chi non aspetta domani
per dire la sua verità

E c’è chi ci lascia la vita
come hai fatto tu a diciottanni,
ucciso dagli stessi tiranni
che ci negano la libertà

Ti ho visto,
la foto è sul Giorno,
la faccia schiacciata per terra.
Sembrava una foto di guerra
eppure era solo Milano

La lista, interminabile,
dei nostri compagni morti ammazzati,
Giuseppe Pinelli, Pardini, Franco Serrantini, Varalli
(‘Ti ho visto, la foto è sul Giorno’),
Giorgiana Masi, Peppino Impastato, Pasolini,…
(quanti altri, ancora?)
allungava la sua ombra, e la sua pena, sulle nostre vite,
mentre la lista dei poveri innocenti morti nelle ‘stragi di stato’
(banca di Milano, piazza di Brescia,
treno Italicus, stazione di Bologna…),
allungava la sua terribile ombra su tutto il Paese.
La riunione del ’67 a Roma, all’ hotel Parco dei Principi,
sulla ‘guerra non convenzionale’ e la ‘strategia della tensione’
(un convegno voluto dalla Cia, organizzato dai fascisti più neri,
gestito dalla massoneria piduista, offerto alle alte sfere militari)
aveva ben seminato i criteri…
e dal ’69 continuava a servire in tavola i suoi macabri frutti:
tra le poche cose chiarite dalle indagini ufficiali sulle stragi
appariranno le responsabilità, inoppugnabili,
di apparati e personale di corpi separati dello stato.
Per anni ed anni la ‘guerra sporca’,
decisa in quel convegno di assassini,
continuava a infierire sugli innocenti.
A decine i morti in ogni strage, a Bologna quasi un centinaio.
E il ‘Movimento’? Come reagisce?
Non perde mai le giuste aspirazioni di sempre,
però tra sbandamenti, reazioni inconsulte,
opposizione tra gruppi, scissioni interne,
scelte solitarie ed estreme, azioni disperate,
infiltrazioni, narcisismo, settarismi, massimalismo.
Intuisco il tramonto del movimento vero,
quello gioioso e splendente che ci caratterizzò:
stavamo per caso inconsapevolmente ‘cambiando’?
Sì. Tanto quanto avevan voluto gli strateghi nemici.
Per difenderci diventavamo, alcuni, cattivi come loro, altri no.
Era, per tutti, il momento della scelta:
per i nostri ‘militanti’ ( trentamila, decimati e spossati)…
e per le ‘larghe masse’ (sempre più scioccate e disilluse).

Compagno, sembra ieri
eppure ne è passato di tempo
da quando si stava insieme
a ridere, cantare, bere…
ed era bello vivere insieme
in piazza e all’osteria,
avere un cuore solo,
una sola allegria,
un unico ideale piazzato lì davanti,
giorno e notte convinti di far cose importanti,
amici da star male l’un verso l’altro attenti,
forti, comprensivi,
fiduciosi e contenti!

Cosa è successo, poi, della nostra allegria?
Forse il grigio del tempo ce l’ha portata via
o forse la ragione?
Che ha preso il sopravvento
schiantandoci la testa col senso di sgomento
che vien dall’affrontare le beghe quotidiane,
la lotta personale per un pezzo di pane,
lasciandoci sperduti in un mare di merda,
aggrappati a un ideale che non vuoi che si perda?

Sì, compagno,
ne è passato di tempo e sembra ieri:
eravamo uno solo persino nei pensieri,
la riunione a sera, la notte al ciclostile,
il volantino all’alba tutti a distribuire
e dopo, nella piazza, contro la polizia,
portavamo la nostra rabbia,
ma anche la nostra allegria
e la volontà di vivere diversi dai borghesi,
ma passavano i giorni e passavano i mesi…
E son passati gli anni
e quella nostra rabbia
siamo riusciti quasi a rimetterla in gabbia:
ci son riuscito quasi anch’io e non so il perchè.
Spiegatemelo voi,
voi più bravi di me…
che avete letto Marx tra i libri di famiglia,
mentre io non so, non so cosa mi piglia
quando vedo mia madre, che si trascina appena,
fare i conti con niente per preparar la cena.

Non è più il sessantotto, Masi, sai?
C’è l’organizzazione,
bisogna che ti entri dentro a questo testone!
Ma, dico io, se non tieni conto del cuore della gente
partito o non partito,
non me ne frega niente!
Compagni tutti e subito e guai a chi lo nega!
Io del processo storico non capisco una sega,
ma sento il sessantotto che ritorna attuale:
compagni tutti e subito sennò finisce male!

Qui finisce che siccome la strada è tortuosa
c’è chi si perde subito e c’è anche chi riposa
dicendo ‘Compagni, il socialismo si farà dopo il potere’
e ci nasconde una rinuncia che non vuol far sapere.

Non è più il sessantotto, lo so, ma a maggior ragione…
vivere da compagni almeno a noi si impone,
o quando arriveremo,
forse, un giorno, al potere…
io non so se il socialismo lo sapremo ancora vedere!

Stava arrivando,
indipendente dalle scelte giuste o meno di LC e di altri compagni,
quello che – a posteriori – altri analisti,
definirono ‘il Riflusso’.
Personalmente, preferirei fosse chiamato ‘il Soffocamento’.
Perché una cosa è parlare delle lotte settoriali che,
all’interno di un movimento di emancipazione generale,
a intense e brevi ondate sorgono e ‘rifluiscono’.
Ben altra cosa è il preorganizzato soffocamento violento
di tutto un movimento di emancipazione generale.
Di questo – e non di altro – si trattò.

Ma gli assassini italiani
(fascisti, piduisti, agenti segreti, colonnelli nostrani),
italiani, ti dico, e perciò – anche – traditori del proprio Paese,
applicando alla lettera le direttive ascoltate al convegno romano
(voluto dai loro padroni americani per istruirli),
hanno creduto di soffocare nel sangue il movimento
– come Roma imperiale quello dei primissimi cristiani –
però sbagliando, come Roma, nell’usato strumento di morte.
Inutilmente: si trattava di Rivoluzione, sì, ma Culturale!
Dopo duemila anni, l’America è la Roma di un impero decadente,
e noi, del ‘Movimento del Sessantotto’ di tutto il Mondo,
siamo stati torturati – e ancora oggi lo siamo – come i primi cristiani.
La stessa cattiveria ha preteso, dopo duemila anni, uccidendo,
di soffocare nel sangue la nostra Rivoluzione:
l’unica visione di futuro possibile rifiutando guerra e barbarie,
l’unico raggio di luce nel tenebroso scontro, allora in atto,
tra gli opposti regimi di finta democrazia e di finto socialismo.
Traditori e assassini ma barbari e stupidi, i nostri nemici vollero,
e vogliono, fermare la nostra rivoluzione culturale… (ridicoli!)
come si trattasse di estinguere un fuoco guerrigliero
(come fecero i militari boliviani con il Che ed i suoi,
dopo aver visto le foto-infrarosso da satellite fornite dalla Cia).
Riescono a frenare il movimento delle persone, non le idee:
la vera Rivoluzione – culturale e permanente – non può morire.

Stai morendo compagno
e mi fai rabbia
a vederti in quel letto di impotenza,
lì dove né l’amore né la scienza
possono farti uscire dalla gabbia

Stai morendo compagno e mi fai pena
abbandonato, ora che sei finito,
dai neocompagni di quel tuo partito
che doveva spezzarci la catena

Ma forse, mentre noi siam qui
increduli e impietriti dal dolore,
tu pensi alla tua vita ed al calore delle tue lotte
e dentro te sorridi… e sogni la giustizia proletaria
che insorge contro il feudo della fame,
portando finalmente un tetto e un pane
attesi con pazienza millenaria

Mancano forse altre strofe,
che più non ho a mente, al testo di questa canzone che, nel ’75,
scrissi per mio nonno, accanto al suo letto di morte.
Raddoppiato da quello per la morte dell’amico Pasolini,
quello per la morte di mio nonno Peppino fu il dolore più grande.
Ancora, dopo trent’anni, ne soffro e non solo perché era mio nonno.
Soffriresti anche tu, caro Lettore, se ti mancassero, insieme,
come successe a me, due cari maestri, incorreggibili poeti:
uno mi ti tenne piccolino in braccio, nel ’48, sul palco, spesso,
dopo aver presentato l’amico suo Pietro Nenni che parlava,
l’altro, anche lui, più tardi, mi ha incoraggiato a scegliere,
‘soltanto dallo sguardo e dal sorriso’, le persone.
Per il resto, tutto il ’75 fu per me anno di cose nuove e buone:
viaggi, amicizie, Fatìma, Fawzìa, Yanì…
ispirazioni al bene, nuovi argomenti da approfondire.

Fatìma e Fawzìa,
due donne, legate da un vincolo strano:
non solo amicizia ma Amore
e il Destino che le lascia lontano

Non è Casablanca, nè Tangeri, nè il sole di Tiaret, che ci serve,
ma il senso che muove la gente, diverso da Pisa o Milano

L’Oceano si frange e la grotta…
d’un tratto si riempie di suono,
di sprazzi di azzurro e di bianco,
del mare l’odore buono!
La mano che stringe improvvisa
la voglia di quel corpo acerbo
Poi fuori, nel vento, tra gente,
un ricordo da tenere in serbo

Fatìma e Fawzia,
due donne, legate da un vincolo strano:
non solo amicizia ma il loro grande Amore
e il Destino che le lascia lontano

E non è Casablanca nè Tangeri, ho detto,
nè il sole di Tiaret, che ci serve,
ma il Senso che muove la gente,
così diverso da Pisa o Milano

Qualcosa che abbiamo perduto
assieme all’adolescenza,
qualcosa che ci hanno rubato
con il lavoro, i soldi e la scienza!

Jasmìne nella notte,
profumo,
respiro respiro respiro di fiori d’arancio…
e poi quelle rane, milioni,
quel loro stupendo concerto di suoni e silenzio

Seduti sul letto a cercare nel buio
l’inafferrabile senso del nostro presente:
capire capire
capire capire
capire capire capire…
capire e poi… niente

Ma una risposta è Yanì,
che va a Ibiza…
a fare ricami d’argento per la sua comune…
e nella sua voce, ancora bambina,
la verità che cercavo
diventava un fiume

Yanì,
sulla strada di Ibiza cantava il martello
e piegava il tuo filo d’argento.
Le pietre di agata,
al sole,
squillavano come parole
lanciate nel vento

Guardavo conchiglie imbiancate dal tempo,
posate su cumuli d’oro di sabbia marina…
e poi la tua voce,
che mi raccontava…
di una utopia mai trovata, eppure vicina!

Yanì,
sulla strada di Ibiza cantava il martello
e piegava il tuo filo d’argento.
Le pietre di agata,
al sole,
squillavano come parole
lanciate nel vento

Fu, quel ’75, anche,
l’anno che organizzai, a Pisa,
al teatro estivo del Giardino Scotto,
il primo concerto pubblico e popolare dell’amico De Andrè.
Fino ad allora Fabrizio…
aveva fatto tanti bei dischi ma non concerti, per timidezza,
e quando venne il momento, su pressione dei discografici,
di doverli fare…
(non ho detto di ‘volerli’ fare, ma ‘doverli’)
volle che fossi io ad organizzargli almeno i primi.
Ero in Sicilia in vacanza con Vera,
mio grande amore, fiorentina, proletaria, ricciolina,
quando mia madre, Rita, la figlia di nonno Peppino,
ci telefonò presso amici dicendo che Fabrizio mi cercava.
Torniamo a Pisa e, dopo un concerto magnifico, Fabrizio
(che, per due sole gocce estive sull’ultima canzone,
disse di conservare il biglietto e tornare la sera dopo…
cantando ancora, e gratis, per quindicimila persone),
non volle assolutamente una lira:
l’incasso fu donato ai circoli culturali giovanili della città.
Tornammo in Sicilia,
in vacanza al mare a Selinunte,
felici più di ogni previsione:
per capire quanto… bisognerebbe anche sentirla,
la prossima canzone, invece di leggerne solo il testo
(la trovi, se vuoi, tra poco, su ‘repubblicapisana.it’:
da vecchi nastri, stiamo lavorando al suo restauro!).

O Sicilia!
O Sicilia! Son di nuovo qua!
Ero andato a cercare la felicità
Ti avevo abbandonata,
privandomi di te,
forse perché pensavo troppo a me

O Sicilia, o Sicilia!
Son di nuovo qua!
Ero andato a cercare la felicità
Adesso son tornato
in questa tua città,
in questa terra della Civiltà!

Fabrizio,
per ringraziarmi al termine delle fatiche organizzate,
non volendo io soldi mi aveva regalato la sua chitarra:
non ero mai solo, ora,
quando, anche solo,
suonavo e scrivevo.
Da allora, dal ’75 in poi,
per tre anni composi solo musica fino al ’78, quando uscì
(per la mitica Cramps del grande Gianni Sassi, situazionista)
il mio disco più bello e strano,
quasi senza parole mie:
’Alla ricerca della Madre Mediterranea’.
Solo musica… ed echi, brandelli di tradizione popolare.
Non riporto quindi, qui, testi miei, da quel disco,
salvo uno brevissimo,
e solo uno di quelli ‘etnici’.
“E’ il migliore Lp, di autore italiano, uscito nel ’78”,
assicurarono, promozionalmente credo, su carta patinata,
‘Musica & Dischi’ e ‘Hi Fi’, le migliori riviste del settore.

Non ti so dire
con le parole
cosa vuol dire giocare nel sole
A Terrasini
c’è tanto amore
tanti sorrisi e poche parole

Procurate moderare
barones sa tirannia,
ca si no, pro vida mia,
torrades a pe’ in terra!

Declarada è za sa guerra contro sa prepotenzia
e cuminza sa pascenzia
in su populo a faltare!

O poveros de sas biddas!
Trabagliade, trabagliade,
pro mantenere in sittade tantos caddos de istalla!

A nui lassan sa palla, issos regollin su granu
e pensano sera e manzanu
solamente a ingrassare!

Custa populo es ora d’estirpare sos abusos!
A tterra sos malos usos!
A tterra su dispotismu!

Gherra! Gherra a s’egoismu
e guerra a sos oppressores!
Custos tirannos minores es prezisu umiliare!

Gherra! Gherra a s’egoismu
e guerra a sos oppressores!
Custos tirannos minores es prezisu umiliare!

Troppo forte, per me, quel ’78,
troppo forte per il mio spirito, a mio modo ‘francescano’.
A Pisa entrava in crisi il mio rapporto con Vera e, intanto,
la sede nazionale, i circoli ottobre, gli amici,
il giornale di LC divenuto quotidiano, sono a Roma
(dove abitai tre anni, dopo i primi tre a Milano)
ed io invece, solo, di nuovo a Milano, Palazzina Liberty,
”Protagonista maschile nel ‘Ci ragiono e canto’ di Dario Fo,
registrato e trasmesso più volte da RaiDue”, dice ora Internèt.
Non dico che fu un male per me…
passare un paio di mesi di nuovo a Milano.
Non nego quanto fu bello abitare con Franca e Dario,
lavorare con i geniali complici della loro Comune teatrale,
cantare nel ‘Ci ragiono e canto’ con i grandi cantastorie dell’epoca,
vederli agire da veri attori di estrazione e tradizione popolare.
Dico invece che subito,
a Pisa e altrove,
in molti, purtroppo allora immedesimati – loro – nei panni miei:
“Stavolta l’hai indovinata, Pino, per i soldi! Continua colla Tivvù!”
Poi, quei grevi patinati commenti promozionali all’ Lp che,
per me, era e rimane solo un documento,
un ‘testimone’ per chi cercava, e cerca, il ‘punto di fusione’:
tra i ‘colleghi’ di allora, che io sappia e ricordi,
solo Fabrizio (con “Creuza de Mar”) sentì l’appello.
Per tutto questo ed altro, quel ’78 fu dunque l’anno che…
esausto, ripulii un vecchio bunker abbandonato tra i cespugli,
mi ci chiusi con ‘paneacquaoliocartaepenna’ e, infine,
dopo giorni, deciso, scrissi:
Programma
’Autunno/Inverno a Pisa,
a sollevare di peso la gente dai gradini,
per insegnargli a recitare e a cantare senza bucare.
’Primavera/Estate al bunker,
tra la sabbia e i cespugli, con accampati attorno i migliori,
per imparare ogni cosa dalla natura senza barare.
Scripta manent: lo scrissi e poi lo rispettai quel ‘programma’.
Per otto anni.
Da questo, per questo, nacque il Centro Studi Nuovarmonia.

Affascinante!
Eccola qua!
Da questo istante è nata già!
E’ affascinante e ci conquista già,
da questo istante, per tutta quanta l’eternità!

Perché è briosa, spumeggiante, affascinante, conturbante:
s’esce di casa fa girar la testa a tutta la gente!
Affascinante, ci conquista già,
da questo istante, per tutta quanta l’eternità!

Molte donne,
che la ascoltarono, la sentirono scritta per loro questa canzone,
per una di loro e quindi per loro tutte, e ne sono comunque lieto.
Fu però, devo dire, un colossale equivoco.
Era stata scritta, certo, anche per loro, l’‘Affascinante!’:
ma come canzone era rivolta a tutti,
non solo ad una di loro o a loro tutte.
L’equivoco nasce, nasceva, a mia insaputa,
perché nel testo non comparve la parola ‘Musica’.
Era lei, ‘Sarashvati’, ovvero ‘Musica’,la protagonista,
era lei ad affascinare tutti se ascoltata,
era lei che mi affascinava
– completamente –
mentre le dita trovavano gli accordi,
era lei che, uscendo di casa, anche solo dalla finestra,
faceva ‘girar la testa a tutta la gente’.
Anche Pino Veneziano,
ora scomparso,
un grande cantastorie da sempre amico mio,
cadde nell’involontario tranello:
scendendo le scale di Jojò per il Lido Zabbara, a Selinunte,
mi vide solo, lì, seduto su uno di quei gradini di legno,
mentre fermo al sole e al vento suonavo
(guardando, oltre la spiaggia, il mare)
e si arrestò, non visto, alle mie spalle, affascinato.

Non visto,
Pino Veneziano ascoltò anche il mio canto e,
quando smisi, rendendosi palese disse:
– ”Ma lu sa, Pinù, chi ’sta canzuna è bbedda veru?
A mia lu po’ diri, chi ffa… ti ’nnamurasti ’n’atra vòta?”
Ed io, che – Veneziano lo sapeva – mi ero lasciato con Vera:
– “Di musica mi ’nnamurai, don Pinu, sulu di musica!”

Grazie al mio vivere,
allora da una dozzina d’anni,
cantando in giro e facendo dischi
(“Quattro coi DdS, tra cui due Lp, dal ’67 al ’75; dieci con LC, tra cui un Lp, dal ’70 al ’74; tre Lp col lavoro di Dario Fo per RaiDue, nel ‘78 e, sempre nel ’78, un primo ed ultimo Lp per la Cramps.”),
vivevo, vivo, nel successo.
Quello tra compagni però,
il successo tra uguali,
non il successo commerciale
(non ci sono votato e non volevo).
Così, invece di gioire, tout court,
per quel ‘successo di carta’ conseguito con l’Lp
“Alla ricerca della Madre Mediterranea”,
mi preoccupai molto, anzi moltissimo e,
conseguentemente,
per un bel po’ mi nascosi al mondo.
Solo al mondo ufficiale, naturalmente, non agli amici e ai bisognosi. Non alla gente vera.
Si trattava di sfuggire – solo – al mio successo commerciale.
Da quel momento, per otto anni, dal ’78 all’ ’85,
come da programma…
d’inverno, intervento di strada a Pisa ‘per la riduzione del danno’
e musicoterapia gratis ai tossicodipendenti,
d’estate, invece, in Sicilia, al bunker, coi migliori di loro,
a vivere per mesi nella natura, a progettare altre gesta.

‘A rigradarsi’,
direbbe Antonino Barbera, se mi leggesse…
’Nino mio’, di cui, addolorato, da anni non ho notizie
e con il quale collaborai, proprio da allora e per anni
– confrontando con lui documenti, registrazioni e intuizioni –
nel tentativo, riuscito, di gettare le basi di una vera musica, veramente nostra,
– a partire dalla ‘ritmica ancestrale’ berbero-mediterranea –
senza più dover tutti rischiare d’esser copia di qualcun altro.
Facevamo, questo,
mentre ‘rifluiva’ da tempo il movimento e molti,
anche di Lotta Continua, la vecchia e gloriosa LC,
sposavano più remunerativi progetti.

Questo Mondo
deve splendere di Gioia,
profumare di Poesia,
rifiorire di Bontà!

Questo Mondo
deve darci quelle cose
di cui tutti hanno bisogno
come Pace e Dignità!

Questo Mondo,
ispirato dagli Artisti
per la Gioia dei Bambini,
delle Mamme e dei Papà…

Questo Mondo,
proprio questo e non un altro,
deve darci la Bellezza
della nostra Umanità!

L’avevo fatta, dovuta fare,
anche altre volte, prima del ’78, quella ‘mossa’ di ‘fuggire’…
per sfuggire al successo ufficiale.
Dieci anni prima, nel ’68
(ventiduenne, Maestro d’Arte a Pisa
‘con la migliore media di voti’ ed alle spalle la mia ‘Masi Espone’,
la prima personale di pittura, che fece ridere Guelfo… per il titolo),
deludendo i miei cari non feci domanda di insegnamento:
per non esser prigioniero, anche solo come ‘supplente’,
scelsi la strada, la vita, la chitarra e la lotta.
Ma prima ancora, sedicenne, avevo fatto la stessa mossa.
Trascinato a sorpresa di peso sul palco a cantare,
quasi per scherzo, in un provinciale ‘Concorso Voci Nuove’
(alla ‘Pagoda’ di Riglione, appena fuori Pisa),
da amici che, a mia insaputa, avevano pagato l’iscrizione…
ancor più sorpreso, dopo la forzata esibizione, vinco.
Premiazione col famoso Mike Buongiorno, allor giovane,
che mi propone: – “Castrocaro! Poi, se va bene, Sanremo!”
La mia risposta alla proposta: – ”Chi, io, a Sanremo?!”
Chiuso. Odiavo il festival: ’la tomba della canzone italiana’.
La reazione, al solo ipotizzato mio primo successo commerciale…
è che mi aggrego subito alla scuola di lotta greco-romana
(di Aldemaro, allora in via Pietro Gori, di fronte al San Bernardo)
e a quella di pugilato, del buon Luciano, sotto lo stadio
(ora Luciano gestisce un Bar, il Macchi, a fianco della Sapienza)
col ruolo prestigioso di ‘sparring partner’ di Piero Del Papa,
finchè il pugile conseguì il titolo europeo… ed io di suonato!
Poi costringo mio padre a firmare l’autorizzazione al lancio
(i minori hanno bisogno dell’autorizzazione dei genitori)
e, diciassettenne, al tempo che bisognava averne ventuno,
mi lancio felice nel vuoto, dagli aerei, nel cielo azzurro:
paracadutista sportivo, mi tuffavo dal clamore nel silenzio. Nessuna sorpresa, dunque, se nel ’78, trentaduenne,
per non cadere prigioniero nei nodi dell’industria culturale,
in pieno ‘riflusso’ del movimento, scelsi di sottrarmi…
per serbarmi, pronto, a miglior sorte:
da allora, non mangio carne né più bevo alcolici!

VIVA L’AMERICA!
Viva l’America!
Viva,Viva l’America!
Viva l’America! Viva l’America!
Viva,Viva l’America!

La Storia dell’America è proprio micidiale!
Cristoforo Colombo la vide in mezzo al mare
e, dato che era splendido, la volle regalare
alla regina pallida di un regno occidentale.

Chi era? …Sì, Isabella di Spagna. Bravi!

La Storia ci racconta che il nostro Genovese
morì tra stenti e brividi lontano dal Paese
e che la bella America fu presto squinternata
tra re, baroni e principi per farsi un’abbuffata.

Viva l’America! Viva l’America!
Viva,Viva l’America!
Viva l’America! Viva l’America!
Viva,Viva l’America!

Trascorso qualche secolo che l’ebbero spolpata
persino di quei popoli da cui era abitata,
si accorsero di avere un tantino esagerato
ma non vollero piangere sul latte ormai versato
e, con le navi fragili condotte da negrieri,
volaron verso l’Africa e riempirono i velieri
di tanti schiavi agili, di tanta gente sana e…
Via! Guadagni facili usando carne umana!

Viva l’America! Viva l’America! Viva,Viva l’America!
Viva l’America! Viva l’America! Viva,Viva l’America!

Così nacque l’industria e nacquero gli imperi:
usando manodopera fornita dai negrieri!
E nacquero le fabbriche di armi, americane,
per far nuove rapine in terre più lontane.
Così nacque il potere di questo Gran Paese
che ha sempre pochi scrupoli e troppe più pretese
per ergersi sul mondo e mettere le mani
sugli interessi intimi dei popoli ‘sovrani’!

Viva l’America!
Viva l’America!
Viva,Viva l’America!
Viva l’America! Viva l’America!
Viva,Viva l’America!

La Storia dell’America è proprio eccezionale
per farci anche capire perché noi qui stiamo male:
è che facciamo parte del loro grande impero,
ma un po’ troppo periferici: qui, vicino al cimitero!

Per davvero!

Ci danno quattro spiccioli per farci stare buoni,
ci usan come truppa, ci trattan da coglioni,
ci rendon disponibili per mari e per montagne
a togliere per loro dal fuoco le castagne!

Viva l’America!
Viva l’America!
Viva,Viva l’America!
Viva l’America! Viva l’America!
Viva,Viva l’America!

‘Viva l’America!’ è dell’ ’86.
Non l’ho scitta, voglio dire, ventenne… sull’onda del Vietnam,
nè nel ’91, quarantacinquenne, per la ‘guerra del golfo’,
nè adesso, sessantenne, per il nuovo disastro Irakeno.
Mi è ‘fiorita’ per strada nell’’86, ben prima della guerra:
tornai di corsa a casa, a Trapani, per segnare le parole e poi,
scritta su carta, la provai, pian piano tra me, tutta la notte.
E’ ancora oggi di buon ausilio didattico:
per esempio, ora sessantenne, la canto in Sapienza a Pisa, gratis,
tutte le volte che passando per aule affollate di studenti,
li trovo pronti, in attesa di un ‘prof’ in accademico ritardo.
E’ ballata ironica, ‘falso-filoamericana’.
Ed è, anche, la canzone che mi dà spunto, caro Lettore,
per chiarire perché, quell’inverno di fine ’86,
ero seduto a scriverla in casa a Trapani e non altrove…
per esempio a Pisa, come negli inverni precedenti avevo fatto
(‘a sollevare la gente dai gradini’, come ormai sai,
mettendo in scena la musica – e la realtà – dei tossicodipendenti).
Perché invece avevo, io, quell’inverno, casa lì a Trapani?
La risposta è sdraiata nella canzone, occhieggia tra i suoi versi.
Avevo visto Gorby nell’’85
– come tutti, in tivvù, intendo dire –
da poco eletto al vertice dell’ URSS e,
mentre lui annunciava glasnòste&perestròiche
(e tutti credevano che invece poi avrebbe ‘fatto come gli altri’),
‘vedendolo’, da artista ‘sento’ che è buono e sincero.
Mi fido del mio istinto e, di conseguenza, immediatamente,
capisco che, se Gorby provasse davvero a fare le sue riforme,
sarebbe comunque la fine della vecchia Unione Sovietica,
la liberazione di tutti i popoli dell’est, la fine dell’altro impero,
la fine del falso socialismo su cui nel ’68 scrissi una strofa intera
(a proposito di ‘operai polacchi che hanno scioperato’).
Se questo fa sul serio, e sento che lo fa…
(mi dissi, io senza partito, perciò ragionando solo con la testa mia)
…l’impero di qua, l’America, diventerà anche lui ‘buono’?
O vorrà impadronirsi di tutto il mondo? La seconda, mi dissi.
Per questo, dopo otto anni pendolare, presi casa a Trapani.

Questo è solo un messaggio rapido
che vi voglio comunicare,
destinato unicamente a chi ha orecchi per ascoltare:
in Sicilia non manca niente, tutto è bello dai monti al mare,
ho trovato una casa a Trapani per dipingere e riposare.

In Sicilia non manca niente,
tutto è bello dai monti al mare,
ho trovato una casa a Trapani per dipingere e riposare:
il telefono per le chiamate ed un Ford per transitare,
una belva dagli occhi magici e una moto da svalvolare.

Trapani è in ogni senso.
E’ lì tra Trapani e Tunisi, tra Selinunte e Cartagine,
che le ‘Colonne d’ Ercole’ prime e vere
(da quando Africa e Europa non son più unite dalla verde prateria,
di cui le attuali isolette non erano che rare isolatissime montagne)
segnano il varco tra Oriente e Occidente
(il canale orizzontale tra i due bacini del Mediterraneo)
e, nello stesso tempo,
il tragitto verticale tra Meridione e Settentrione
(migratorio, tra i due sovrapposti continenti).
Incrocio centrale e vitale,
dunque,
quello sotto gli occhi di Trapani:
punto di passaggio per la Civiltà, che si espande orizzontale,
nella fascia temperata, dall’Indonesia fino a Magreb e Ibèria,
nonché, in verticale, passaggio migratorio di Natura e Cultura,
Amore&Fame&Musica, dall’Africa al Baltico, da Oslo a Dakar.
E’ a Trapani che, dalla cima del monte sovrastante,
il fuoco delle sacerdotesse care alla callipigia Madre
(poi Cibele-Istar, poi Demetra, poi Venere-Afrodite)
indicava nella notte la rotta e la meta ai naviganti:
Quale migliore osservatorio, per me, in attesa di eventi?

Dimmi dove vai,
dimmi cosa fai,
sù, non t’affannare

Tanto già lo sai,
quello che tu vuoi…
così non puoi trovare

Vieni se ti va,
se ti piace qui…
non ci rinunciare:
c’è odore del tuo cielo e del tuo mare!

Il tuo miele tra le mie dita…
o mio Dio adesso so
che questa è vita!
Il tuo miele tra le mie mani…
e non c’è ieri, non c’è oggi
né domani!

Dimmi dove vai,
dimmi cosa fai,
sù, non t’affannare

Tanto già lo sai,
quello che tu vuoi…
così non puoi trovare

Vieni se ti va,
se ti piace qui…
non ci rinunciare:
c’è odore del tuo cielo e del tuo mare!

Quale migliore osservatorio,
se non quello di Trapani, in attesa di brutti eventi, poi accaduti?
Fu così che il 15 gennnaio ’86, a mezzogiorno,
sbarcai… non subito a Marsala, come Garibaldi, ma a Messina,
dal traghetto di Caronte (!) con il mio ford transit:
tappe brevissime a Catania, Enna, Agrigento
(i rituali omaggi al Vulcano, al Castello, al Veggente:
Etna, Federico, Empedocle, soste a noi poeti consuete)
e poi di corsa a Marsala, da mia cugina!
Una bella sorpresa per lei: non ci vediamo dal ’75
(quando – anche lì dopo anni che non la vedevo – a sorpresa,
le portai a casa Fabrizio De Andrè e la morosa, Dori Ghezzi:
dopo il concerto di Pisa mi eran venuti a trovare in vacanza e…
ci producemmo in un bellissimo concerto popolare allo stadio).
Mi ospita felice a casa sua, adesso ’86, mia cugina…
e mi offre anche, fori città, uno studio per dipingere
(che userò anche dopo ed anche per miei segretissimi incontri),
ma io cerco, da subito, casa a Trapani e, presto,la trovo.
Come nella divina,
pur umanissima,
Commedia di Dante,
la barca di Caronte mi aveva traghettato all’Inferno.
Ero sbarcato il 15 e, negli arcani maggiori, il XV è il Demonio.
Sulla Messina-Catania, poi, scendo dal pulmino e,
appena con il piede tocco il suolo siciliano…
mi ferisco uno stinco sbattendo su un muretto di protezione.
Brutti segni questi, tutti questi, a volerci credere:
ci sarebbe stato poco da stare allegri, se superstiziosi.
Inoltre, ero andato a stare in Sicilia, in pieno inverno,
perché, dopo aver ‘visto’ Gorby in Tivvù, ero ‘consapevole’
(come uno che ha ‘visto’ la Madonna)
che gli Stati Uniti of America,
il superstite dei due imperi, ne avrebbero approfittato:
conoscendoli… non avrebbero deposto le armi,
le avrebbero voltate sui poveri, si sarebbero inventati una scusa….
e così avuto mano libera per finalmente impadronirsi del Mondo.
C’era comunque poco da stare allegri!

Trapani è davvero ‘in’ ogni senso.
E’ ‘dentro’ ogni tuo senso: bella che ti entra dentro, ti pervade…
mentre sei tu che, sedotto, attraverso i tuoi sensi la pervadi.
Se non sei mai stato a Trapani, vacci, Lettore mio, se puoi.
Vacci in un giorno primaverile,
percorri lento col sole a picco la sua costa da Marsala a San Vito,
carezza con lo sguardo le lagune le spiagge il cielo le montagne,
abbeverati alle fonti, abbraccia le sue pietre, tuffati nel suo mare,
guarda i suoi contadini, i pastori, le sue donne, i bambini,
parlaci, accetta un sorriso, un pane, un pugno di olive…
Poi torna al centro della costa, lì dove si posa la città, e,
per adesso, ignorala: sali, prima, al sacro monte sovrastante,
accettane la fatica e… giunto laddove bruciava,
e virtualmente ancora brucia,
il sacro fuoco, il fuoco sacro a chi cerca, tu sosta.
Chi cerca trova: voltati adesso!
Nella luce di un tramonto incandescente,
proprio ai tuoi piedi, sotto di te, come vista da una mongolfiera,
ecco la città, larga, magnifica, accesa di luci…
e ancora, sì…
sì, ancora,
alzando piano lo sguardo,
la scopri, adesso, davanti,
come un tuo respiro,
con il tuo respiro,
protendersi infinita…
sempre più esile…
dal suo bel centro,
palazzi e palme,
sempre più esile…
in mare.
Sempre più…
esile…
…in un mare
– ora –
sempre più…
nero.

E’ ritornata Primavera
e questa sera vuol ballar:
incominciamo da stasera a non lasciarla più aspettar!

Incominciamo da stasera
a non lasciarla più aspettare:
è ritornata Primavera e questa sera vuo ballare!

Sono ancora di Trapani, le saline.
Non solo quelle, antiche, da cui Roma pagava il salario.
Anche oggi è così, credo. Fino all’ ’88 lo so per certo.
Per questo c’era poco da stare allegri a Trapani nell’ ’86,
poco da stare allegri anche senza essere superstiziosi.
Infatti, o mio paziente e stupefatto Lettore,
se dopo il volo stereoscopico su Trapani e il suo mare
– che hai fatto poco fa attraverso gli occhi della mente –
volessi tu ora come me volgere lo sguardo alla tua sinistra,
sempre da lì vedrai, subito, lì sotto,
da dove la città si unisce alla costa… fin verso le luci di Marsala,
un infinito dedalo riflettente di specchi di acquitrini,
da sempre approdo di uomini e uccelli,
poi trasformati, in parte,
– vedi i muretti, le antiche vasche, i mucchi cristallini? –
da tempo immemorabile ti dico, in preziose saline.
A duemila anni dai romani, chiamiamo ancora la paga ‘salario’:
il marchio del denaro resta impresso nella lingua parlata…
come il sale di Trapani in cucina sulla lingua, per millenni).
Roma se ne impadronì e, con quel sale, da quelle saline…
partì alla conquista del mondo di allora:
con quel sale, usato come denaro, pagò le sue legioni
Nello stesso modo, il colonn. North del Pentagono,
con i proventi del narcotraffico di cocaina in centroamerica,
(gestiti dalla Cia dietro il presidente panamense Noriega,
detto ‘faccia d’ananas’, ‘amico’ e poi ‘traditore’ bombardato!)
riuscì sul serio a destabilizzare, riciclando i soldi ai ‘contras’,
il Guatemala indipendente, fino alla caduta di Daniel Ortega.

Perché lo fai amico?
Tu pensi che sulla terra
tutti ti vogliono morto,
ma tu, così, non gli dai torto

Forse ancora il tempo
non ti sembra venuto
per portare un saluto
alla nuova poesia

La vita è troppo grande
per volerla iniettare in una sola vena
e non temere di farmi pena,
puoi parlare con me, non mi fai pena

Mi fa solo incazzare
di vederti ogni giorno morire,
ogni giorno un po’ morire
mentre cerchiamo di vivere

E son lì che guardano, gli avvoltoi,
quegli sporchi avvoltoi,
solo aspettando che poi ci si lasci ingoiare!

Scegli la vita, amico,
ed io sarò con te
nel silenzio dell’alba
e nel coro della lotta,
nel verde di questa primavera,
nella tua risata sincera,
ogni giorno, fino al mio tramonto,
io sarò sempre pronto

Sempre pronto!

Adesso col proibizionismo globale,
imposto dagli Usa alle sostanze psicoattive non Made in Usa,
con il ‘metodo North’, il provento illecito di un traffico enorme
(sotto il monitoraggio-monopolio dei servizi segreti Usa!)
è fonte di ricchezza illecita per ripagare la base mafiosa,
di ricchezza riciclata per i banchieri massoni,
di potere reale per le logge massoniche coperte,
di potere assoluto per le logge di Londra e Washington:
anche questo è sale di Trapani, il più nascosto e amaro,
gestito in segreto dalla loggia coperta ‘Iside 2’.
La ‘Iside 2’ di Trapani,
fondata da Licio Gelli e gemella della ‘Osiride 2’ di Palermo,
è una loggia massonica ‘coperta’ della rete P2,
nota ‘intelligence&business’ filoamericana, piena, zeppa,
di trafficanti civili e militari responsabili della rete ‘Gladio’,
al riparo dai rigori della legge tramite clausole segrete Nato,
base ‘in loco’ della catena di comando, segreta, americana,
che – inutilmente – il Parlamento italiano mise poi fuori legge.
Dico ‘inutilmente’ perché,
– solo per fare un esempio veramente ‘esemplare’ –
due ‘ex’ tesserati della allora ‘sciolta’ PDue
(‘Silvio Padrino & Maurizio Show’… in codice) adesso fanno
– qui in Italia, non altrove come comuni espatriati fuorilegge! –
uno, il ‘padrone’ più ricco del ‘Bel Paese’ nonché
– dopo aver fottuto tutti con la sua telenovela –
il Presidente del Consiglio dei Ministri a Vita e,
l’altro, il Direttore di tutte le Sue Televisioni!
Ne ha tante, il ‘Padron Padrino’. Non solo, come molti credono,
le Sue tre ufficiali e le tre dello Stato… che ora è Suo, nossignore!
Ha anche tutte quelle piccole, locali, che in varie forme ha ingoiato.
Quando scese a comprarsi anche Telescirocco, Silvio,
per fare i Suoi business, visitò’ le PDue locali.
La ‘Iside 2’ di Trapani… certamente.
Venni al più presto messo alla porta da Telescirocco e,
subito dopo, un agguato mafioso costò la vita a Mauro Rostagno, amico mio,
che lavorava per un’altra emittente locale, la trapanese ’Rtc’.

Mi han detto che il veliero era partito
e per andare dove chi lo sa…
così mi son sentito un po’ tradito,
ma son rimasto sveglio ad aspettar

Adesso che il veliero è ritornato
possiamo veleggiare a volontà…
perciò saliamo insieme sul quadrato,
spinti dal vento della Verità!

(Coro 🙂 Adesso che il veliero è ritornato
possiamo veleggiare a volontà…
perciò saliamo insieme sul quadrato,
spinti dal vento della Libertà!

Fisicamente, anche, coperta,
dal ‘Circ. Culturale A.Scontrino’,
la ‘Iside 2’ di Trapani, in sinergia con la ‘Osiride 2’ di Palermo,
ha esercitato negli anni, e forse ‘chi per lei’ ancora esercita,
un vero potere assoluto su ogni genere di traffico lecito ed illecito,
nonché un vero potere assoluto di gestione e di azione sul territorio:
ogni potere di discriminazione sugli appalti e sulle banche,
ogni potere di interdizione o appoggio nel voto ai politici,
ogni potere di salvacondotto su tutte le attività illegali,
ogni potere decisionale per assoluzioni e sconti di pena,
ogni potere di ‘nulla osta’ per incarichi civili e militari,
ogni potere di veto in fatto di emolumenti e carriere…
Ho visto a Trapani gente,
amici, e anche ‘compagni’,
baciare mani…
presentandosi a feste in casa di banchieri massoni
– vissuti, e riveriti, come re, anche dalla gente, intendo –
e poi di nuovo, in strada, parlare di Socialismo e Che Guevara.
Ho visto di tutto a Trapani, quasi senza volere, solo guardando.

Nessuno resisteva alla presenza
di un ‘compagno’ e, in più, ‘cantante’,
in ambienti, anche ‘di sinistra’, ed ‘anticlericali’,
che allora, ingenuo, io non sapevo essere anche massoni!
Ho cantato per tre anni in giro per bar e ristoranti,
primo tra questi all’ ‘i Trabinis’ della Claretta, erede Salvo,
che s’innamorò di me ai tempi che giravo per LC ed ora…
credo sia ancora ai domiciliari dopo un mese di carcere per coca.
Il marito, Giovanni, uomo di gran cuore, è scomparso da tre anni
(non sanno neppure i figli – cari amici miei – se è morto o latitante).
Grande studiosa e interprete del folklore, grande artista,
presente – giovanissima – a cantare sui palchi di LC,
ogni volta che facevo un giro siciliano, Claretta mia.
Allieva prediletta di Elsa Guggino che vive e insegna a Palermo…
e scrive libri e saggi sulla tradizione orale siciliana
(è la moglie di Antonio Buttitta, figlio del poeta Ignazio ora tra i più,
e Preside della Facoltà di Lettere, nonchè Segretario Regionale
– negli anni che io ero a Trapani –
del fu Partito Socialista e… ovviamente, amico di Bettino Craxi,
allora Primo Ministro in procinto di espatrio per corruzione).
Mangiavo e dormivo a casa loro, mi invitavano alle feste.
Giravo, senza volere, come un pazzo o un santo.
Un avvocato che difende a Palermo un cliente, facoltoso,
in vago odore di mafia, mi chiede se io, per dueotrecentomila,
lire di allora, portato da lui che comunque ci va, posso cantare, come ora, dicono, Gigi Dalessio, a una festa del suo cliente.
la donna del boss s’innamora subito di me mentre canto, ed io,
che non so che è la donna del boss e la vedo molto carina,
le chiedo se può ospitarmi a Palermo “per questa notte…
così domani posso sbrigare qui delle mie cose, in mattinata”.
Mi ospita, diventa una delle mie allora cinque donne in Sicilia,
non frequenta più il boss, mi riceve e mi tratta come un dio,
si ritira a vita privata, quando capito a Palermo la sua casa,
lussuosa, ogni volta diventa la nostra casa, non vede altri…
a parte la madre che abita proprio sopra di lei nell’attico e,
quando le dico che non ho più il tempo per venire a Palermo
(aiuto Mauro Ros, tagno, facendo musicoterapia alla ‘Saman’),
molla Palermo e va a vivere, e aiutare, ‘in comunità’ da Mauro.

A che sarà servita
questa mia vita umana,
sempre con poca grana e presto già finita?

A che sarà servita
questa mia voce strana,
questa dolcezza… vana chitarra tra le dita?

Forse sarà servita
a quelli che ho incontrato,
su di un treno o di un prato, di sera o di mattina!

Forse sarà servita
a quelli che hanno amato,
a quelli che la vita l’hanno capita prima!

Son stato loro amico
figlio padre e fratello,
talvolta m’han fregato, ma in fondo è stato bello
conoscersi e capirsi,
guardare nel destino,
arrendersi all’Amore più dolce d’ogni vino!

E sai cosa ti dico?
Voglio farmi più snello,
vivere da sbarbato, vispo come un fringuello!
Conoscersi e capirsi!
Guardare nel destino!
Arrendesi all’Amore più dolce d’ogni vino!

Conoscersi e capirsi!
Guardare nel destino!
Arrendesi all’Amore più dolce d’ogni vino!

A doverla rivivere tutta,
questa storia di anni, come per te in queste note, scopro che…
il sapore del rapporto tra Arte&Politica è in me tanto antico,
che adesso, inondato dai ricordi, mi dico solo ‘era Destino!’
Ho ‘visto’ per natura, è per natura che ho vissuto ‘vedendo’.
Mia nonna Caterina
(Caterina Giliberti Mendolia di Montevago-SantaMargherita),
aveva sposato nonno Peppino ai primi del ‘Novecento,
a cavallo di secolo, in piena esplosione del Liberty, e lui,
pure nobile, ma di stirpe esiliata e decaduta, viveva da scultore:
vaghi profili femminili, mobili mòssi, fiori, cornici di specchiere.
Mia nonna Caterina, nobile e colta, era medium:
”Sognò in anticipo” – narrò più volte mia madre Margherita –
”il terremoto e il grande maremoto di Messina del 1908”.
Mia madre, buonanima, era nata nel ’12, tre anni dopo il maremoto,
ma questa storia… di sua madre ‘medium’, che a volte ricordava,
la confermava nonno Peppino, coetaneo e amico di Pietro Nenni:
”…si agitava, gridando che il mare entrava in città e che ne usciva,
dopo, carico di morti… io le dicevo di calmarsi, di uscire dall’incubo,
poi, dopo la visione, sfinita, mi guardò e si addormentò tranquilla”.
Lui, nonno Peppino, d’altra parte, non era tipo da…
meravigliarsi per la moglie ‘medium’!
Nobile, dei Cacioppo di Sambuca, ma orfano di madre e analfabeta,
povero come il padre Antonio esule e poi falegname a Montevago,
mi parlava a volte di suo nonno Peppino, padre di Antonio e poeta,
quale vero filosofo, fine dicitore, amico di alchimisti e fitoterapiste…
E’ proprio grazie a questo suo nonno, Peppino come lui e me,
che mio nonno, nel 1895, prima di conoscere nonna Caterina,
e certo per un ‘destino’ a lui quattordicenne ancora ignoto,
fece un incontro che – d’incanto – lo cavò dalla merda.
Tornando a casa solo, un pomeriggio trovò il sentiero da capre
– che portava alla rupe e da lì all’altopiano e al paese –
bloccato da un ‘essere’ certamente, per lui bambino, spaventoso:
l’indovino, lo stregone temuto, colui che capiva i sogni e la mente,
il ‘vecchio’, il terrore delle donne che fuggivano invocando i santi.
Era lì che lo attendeva. Ne fece un Allievo e poi un Maestro.
Vedendolo terrorizzato, per rassicurarlo con un buon segno,
il ‘vecchio’… gli declamò quattro versi di suo nonno Peppino!

Quando viene l’Amore
viene zigzagando
e non avverte mai ne come e quando o perché…
Ma se l’Amore viene… viene Primavera
che quando viene viene e viene tutta intera

 Così nonno Peppino imparò dal vecchio Maestro ciò che doveva e, in breve, da piccolo garzone falegname – un bambino che dava una mano al padre – si mutò in raffinato scultore, da analfabeta in bravo scrittore, da ignorante ignorato in trascinante oratore, da lavoratore indifeso in capopopolo nelle occupazioni delle terre, da inutile persino a sé stesso in fiduciario di Pietro Nenni per la Sicilia, da povero affamato in sposo di nonna Caterina Giliberti Mendolia.

prasadam

L’incontro avvenne ‘per caso’.

Caterina, bellissima, correva giù dalla rupe, inseguita,
a distanza, da servi e da parenti: la consideravano pazza,
la tenevano chiusa in camera se aveva crisi di nervi, prigioniera.

Era la fine dell’’Ottocento, Caterina era ormai signorina,
la scapigliatura odorosa di Liberty imperversava nelle famiglie,
di più tra i giovani di quelle abbienti e colte, anche in Sicilia:
Caterina, istruita privatamente, ora maestra, voleva liberarsi.
Per questo fuggiva, in crisi, giù dalla rupe, per il sentiero di capre.
Per questo, a distanza, affannati, i suoi ‘grandi’ la inseguivano.

Nonno Peppino, ora diciannovenne, tornava in paese da convegno: i suoi due Maestri, il vecchio Mommo e Masa, esperta di piante officinali, seguivano e, nascostisi, ‘videro’ l’incontro.

Lui le si fece incontro sorridente:
– Non temere, ti proteggo io!
Lei gli si rifugiò tra le braccia:
– Mi chiudono come una pazza!
– Non ti preoccupare, non dire niente e non li guardare.
Poi, rivolto ai parenti:
– Non correte più! Non fugge! Sta bene! Non soffre più!
Venite tranquilli, non vi darà più fastidi!

spanish ballet212x141

Mapperdindirindina!
Vieni un po’ qua!
Stammi un po’ più vicina e la tristezza passerà!
Se tu sei la Regina io sarò Re,
lì tranquillo e beato, accoccolato accanto a te!
Sarà tutto più bello! Anche il cielo più blu!
E una stella più grande, come il sole che sei tu!
Se tu sei la Regina io sarò Re,
lì tranquillo e beato, accoccolato accanto a te!

prasadam

Si sposarono al più presto malgrado la irriducibile opposizione della famiglia di lei e, per vivere liberi fuori da Montevago-SantaMargherita, trovaron casa a Partanna dove ebbero tre figli, mia madre Margherita per prima.

Nonna Caterina faceva la Maestra a Scuola, nonno Peppino il Politico in Piazza. Capeggiava le lotte dei poveri e poi, a casa, taceva e scolpiva in legno meravigliosi busti e profili di leggiadri ado!escenti dai lunghi capelli intrecciati di fiori intagliati. La nonna a casa offriva la merenda ai bambini piú poveri del paese e “per gioco” cantando insegnava loro l’alfabeto…

spanish ballet212x141

Pino_Masi (17)_jpg

Si preparava il fascismo e Peppino fu preso di mira,
miracolosamente scampò a due attentati contro la sua persona:
un tentativo di accoltellamento a Partanna in un vicolo buio,
poi una bomba a mano, ad un suo comizio a Castelvetrano.
Quest’ultimo è storia: Maggio 1921, otto morti e trecento feriti
(la gendarmeria, per sedare ogni reazione, mitragliò la folla!).
C’è una lapide, a Castelvetrano, sulla facciata del Comune.
Poi il fascismo venne e, finalmente, potettero arrestare Peppino.
Sette anni richiuso a Favignana e, dopo la Liberazione, nuove lotte,
con il partito socialista in pugno ed il popolo attorno esultante.
Ha lasciato un racconto del suo – incredibile – incontro col ‘vecchio’,
ed un altro – invece credibilissimo – sulla Strage del ’21:
la strage ‘fascista’, dice, fu voluta da un ‘socialista’ massone.
Si allontanerà volutamente dal partito all’ascesa di Craxi.
Puoi leggere i due racconti su www.repubblicapisana.it
se scegli Giuseppe Cacioppo in Index della ContemporaryArtExpo.

MASSONERIA, e’ li’ che portan tutti i fil ! Coperta sia, ma per nascondere i piu’ vili ! Stragi a gogo’: e’ li’ che siedon tutti quanti, padroni e boss, politici e mandanti !

Come si fa, con tanta gente da buttare ? Li puoi affogar, ma rischi d’inquinare il mare ! Bene ti sta, se li hai voluti sopportare ! Li vuoi cambiar? Allora mandali a cagare !

Ci unisce già un grande movimento forte.
Progetta già premendo fisso sulle porte.
Non mollerà puntando tutto sulla sorte.
Trionferà la nostra vita sulla morte.

Nuovarmonia! Adesso sì che sono allegro!
Quanta energia! Se suono vengon tutti dietro!
Vita vi sia! Un mondo nuovo in sana pianta!
Coraggio, via! La strada non è così tanta!

(Coro 🙂 Massoneria!
E’ lì che portan tutti i fili!
Coperta sia!
Ma per nascondere i più vili!
Stragi a gogò:
e lì che siedon tutti quanti,
padroni e boss, politici e mandanti!

Questa sulla massoneria,
non l’ho scritta a Trapani… ma certo viene, anche se scritta dopo,
da quei tre anni di mio ‘vedere’, tra l’’86 e l’’88.
’Vedere’ che fu poi drasticamente interrotto da un evento…
per me, credo, più che per chiunque luttuoso:
l’atroce preordinata e sanguinosa eliminazione del caro
– compagno e amico mio per vent’anni –
Mauro Rostagno
(il mahatma Sanatano, erede di Rajnesh,
assassinato come il suo Maestro!).
L’ho scritta dunque, “Massoneria!”, dopo, di nuovo a Pisa
(di nuovo solo, ma ‘vicino’ agli studenti della ‘Pantera’),
riflettendo sul funzionamento effettivo della trappola:
la trappola massonica di cui – tutti – siamo globalmente prigionieri.
Nel frattempo Gorby annaspava, ma l’est europeo, comunque,
si liberava: cadeva, nell’’89, il muro di Berlino… poi,
l’hanno dopo, fine ’90, iniziava la prima ‘crisi’ del Golfo:
gli Usa come previsto, con varie scuse e intrighi,
si lanciavano, già con la guerra del ’90-’91,
alla conquista – anche militare – del mondo.
Ero a Bagdad come Membro Operativo per il Medio Oriente
(della Lega per il Disarmo fondata da Carlo Cassola) e,
nell’inverno ’90-’91 ho letto, io personalmente,
assieme a Yassir Arafat, ora scomparso, e a Daniel Ortega,
dalle mani dell’allora numero due della Repubblica dell’Irak,
monsieur Ramadan (ora prigioniero nella nuova guerra Usa),
l’incoraggiamento, da parte della Segret. di Stato americana,
”…alla pacifica annessione del Kwait, che l’Iraq, storicamente,
rivendica dalla fine del periodo coloniale inglese,
unitamente alla gratitudine del popolo Americano per il sacrificio
sofferto dall’Iraq negli anni della guerra di contenimento contro l’Iran”.
Fu letto anche dai giornalisti (che poi scapparono tutti e, seguendo,
ovviamente, le direttive Usa di ‘guerra psicologica’, non riferirono):
in attesa dei missili americani… rimase solo un eroe della CNN,
io ebbi finalmente il permesso di cantare gratis nelle scuole.

Viva la vita, che viene e va,
vita infinita che nessuno fermerà!

Mancava la corrente quella sera…
La luna, appena sorta, fu coperta da una nuvola nera
Ti aspettavano, nel buio della trazzèra,
tipi bene informati:
luoghi, tragitto, orario, spostamenti
Ti aspettavano, nel buio della trazzera,
occhi senz’anima:
velenosi serpenti

Viva la vita, che viene e va, vita infinita che nessuno fermerà!

Mancava la corrente quella sera…
La luna, appena sorta, fu coperta da una nuvola nera
Neppure il tempo di dire una preghiera…
Mauro! Fratello mio! Dimmi chi è stato!
Chi ti ha inchiodato i polsi e alle caviglie
per poi lasciarti bianco sul selciato,
per consegnarti morto alle tue figlie?
Se delitto di mafia questo è stato,
gli esecutori sono già al sicuro,
ma pei mandanti il quadro è meno scuro…
perché a Trapani, si sa,
non muove foglia che la mafia non voglia!
Non si uccide un Rostagno, impunemente,
senza il consenso pieno…
del più alto livello competente!
Si vada a quel livello, ad indagare!
Tra gli amici di Licio Gelli e di Canino…
della loggia coperta IsideDue,
detta ‘Loggia Scontrìno’!

Viva la vita, che viene e va, vita infinita che nessuno fermerà!

Quella per Mauro
è canzone, o meglio canto, di accusa e di lucida rabbia…
ma anche di pianto sincero, di accorato lamento.
Mi fossi chiamato Federico Garcia Lorca,
la avrei titolata ‘lamento per la morte di Ignazio Sancez Mejas’ invece che per Mauro Rostagno:
identici il dolore per la morte e la nostalgia per la vita dell’amico che
– con ben altri poetici mezzi –
il grande Federico espresse per la fine di Ignazio.
Avrei voluto fare di più, magari piangere, urlare, quella sera, che,
prima che Mauro venisse celebrato, la cantai,
colmo di rabbia e di dolore, davanti agli amici e ai compagni…
ed agli ‘importanti’ uomini di Trapani
– corresponsabili della sua morte –
che subito accorsero, compunti e benvestiti,
alla cerimonia privata, nel giardino della Comunità Saman,
fondata da Mauro, in contrada Lenzi, fuori città.
Non potevo più piangere, non avevo più lacrime:
ero stato fuori Trapani, al sicuro, a piangere, per giorni e notti,
e avevo, a strappi, scritto il mio lamento per la morte di Mauro…
mentr’ero preda di tremiti e visioni, spossatezza e insonnia,
come vent’anni prima, dopo la notte alla Bussola.
A Trapani… non avevo solo casa per scrivere o dipingere
– cosa che comunque feci con profitto in quei tre anni –
ma avevo, anche, un ottimo lavoro:
– Pronto? Parlo con Peppe Bologna?
– Si, ma tu chi… lei chi è?
– Scusami, mi chiamo Pino Masi…
– Ah, l’amico di Claretta Salvo, quel pisano che canta!… Dimmi.
– Mi dicon tutti che avresti un gran bisogno di me…
parlo italiano senza inflessioni dialettali e, se vuoi,
potrei gestire una trasmissione settimanale sul folklore,
‘Sicily Today’. Ho già in mente la musica per la sigla!
– Occhèi, passa da me appena puoi…
– Ci sei fra un’ora?

Chi cci vo’ fari?
Semu fatt’accussì!
Semu li foddri ch’ogni nnotti fannu sì…
chi ll’atri foddri
ponnu scialari
picchì ’stu bblus nni veni facili di fari!
E pp’abballari…
nun ti scantari:
veni cca ’n mezzu e po’ mettit’a ssatàri!

Così mi ritrovai in Tivvù:
non frequentavo televisivi dal ’78, per Fo, poi il bunker ed ora…
Telescirocco, a Trapani, ‘la più seguita tivvù della città’!
Copertura d’antenna su tutta la Sicilia occidentale,
praticamente le province di Trapani, Palermo, Agrigento.
Un’ora di lavoro in diretta tivvù ogni settimana in prima serata,
con ospiti i migliori gruppi di folklore e cantastorie amici miei.
Un successo immediato, una affluenza enorme di richieste,
da me amatissime, di interventi cantati e concerti in vari locali
(dove invitavo altri amici artisti e registravo tutto in cassette,
che, ancora, riscopro con gioia quando mi chiudo in archivio).
Cinquecentomila vecchie lire a settimana la paga o salario,
una mansarda di due stanze più bagnetto e terrazza sul mare,
bellissima, sulla cima di un edificio nel quartiere pescatori,
al centro della Trapani vecchia, là dove la città si inoltra,
inimitabile, lunghissima e lussuriosa, nel mare azzurro.
Un lavoro intelligente e prestigioso, un per me favoloso stipendio, impegno solo un’ora a settimana, una casetta tua in un bel posto,
tutti che ti conoscono e ti sorridono, tutti che t’invitano a feste,
donne di ogni ceto ed età che s’innamorano di te a frotte,
lo studio di Marsala, nascosto, che diventa per due ore,
o una notte, alcova selettiva, luogo di riservati incontri.
Cosa volere di più, se non il bene – per tutti – nel mondo?
Ed è con questo unico scopo che ci muovevamo a Trapani,
in quegli anni, Mauro ed io, ognuno a suo modo ma collegati.

Che ci vuoi fare?
Siamo fatti così.
Siamo quei pazzi che ogni notte fanno sì…
che altri pazzi…
possan godere…
con questo blues che viene fuori che è un piacere!
E per ballare…
non aspettare!
Vieni qua in mezzo…
e poi mettiti a saltare!

Lo conoscevo, Mauro, da quando,
nel ’68, spiccava a Trento nelle assemblee dell’Università.
Poi lo ‘vidi’ per anni a Milano, dal ’70, nella sede nazionale di LC.
Lavoravamo in quattro ‘a leggero contatto di gomito’,
in pratica un laboriosissimo quadrumvirato:
ad Adriano la politica, a me la cultura,
a Pietro l’organizzazione, a Mauro il giornale.
Si stette lì per tre anni, dopo la strage di Piazza Fontana,
a lavorare duro, a dire che era stata una ‘strage di stato’.
Durante il ‘riflusso’ poi, Mauro, come me ‘si ritirò dal mondo’: lui…
andò a Poona, in India, a lavorare e vivere con il santo Rajnesh.(
Quando tornò si volle dedicare con mezzi da creativo
– aprì a Milano lo storico Macondo poi chiuso dalla Digos –
al ‘recupero’ dei tossicodipendenti, lavoro a cui mi dedicavo,
da anni, anch’io attraverso il Centro Studi Nuovarmonia.
Potevamo essere ora – entrambi – a Trapani senza un motivo?
Si avvicinava la Guerra del Golfo.
Mauro ed io allora non capivamo dove
– guardando il mondo dal monte del fuoco sacro –
sarebbe iniziata la ‘guerra aperta’ ai poveri del mondo:
che tale guerra mondiale ci sarebbe stata però eravamo certi.
Ne parlavamo tra noi, per questo scrissi, in quegli anni,
allarmato e fintoironico, ‘Viva l’America!’ che a Mauro piaceva.

Si lanciavano, gli Usa,
alla conquista del mondo, con la scusa di difenderlo…
da quel terrore che i suoi ‘servizi’ fomentavano e fomentano.
Già con la Guerra del Golfo del ’90-’91, si lanciavano,
per conto dei ricchi, alla conquista del controllo militare del mondo…
dop’aver finanziato dal ’78 le forze fondamentaliste islamiche,
del loro amico sceicco saudita Ben Laden, in Afganistan,
con bande terroristiche in funzione antisovietica.
Quell’anno… – troppo forte, per me, quel ’78! – prima di…
ritirarmi come già sai per otto anni al bunker, ebbi un’offerta e…
per un mese feci da interprete ad un amico, mercante, italiano:
a Kabul incontrai un signore afgano che aveva studiato a Pisa,
mi riconobbe subito, ci invitò a casa per cena, ci informò su tutto.
Perciò fuggimmo in Pakistan attraverso il Kyber Pass,
tra le montagne dove, americani, costruivano, per Ben Laden,
quei rifugi sotterranei in cemento, quelle grotte fortificate…
da dove, adesso, gli Usa non riescono ancora a stanarlo,
malgrado il colpo delle Twin Towers inferto loro dall’alleato,
non più loro ‘amico’ dal ’91, quando gli Usa aggredirono l’Irak.
Non risulta che l’Irak abbia mai, prima, attaccato Israele:
i primi missili irakeni caddero in terrasanta dopo,
solo dopo, i bombardamenti americani del ’91 a Bagdad.
Gli Usa difendono Israele? Lo usano. Specchio per le allodole!

Assalamalecum!
Alecumsalam!
Tleta Kit èma, Tleta mi sièna, mi siena blù(e)s!

Tleta mi sièna!
Mi siena Rif!
Tleta Kit ema, Tleta mi siena, mi siena Kif!

Assalamalecum!
Alecumsalam!
Tleta Kit ema, Tleta mi siena, mi siena blues!

Nostra tesi era che,
per fare guerra aperta ai poveri del mondo
– facile, ora, in un mondo senza più opposizioni –
bastasse ai ricchi solo qualche buon pretesto.
Difficile ‘vedere’ però come, e dove, sarebbe cominciata.
Questo buio, questo ‘buco informativo’, era addolcito, solo,
da una intuizione, frutto dei nostri brevi incontri tra ‘filosofi’.
– Ci sarà, l’ultima guerra, non mancheranno certo i pretesti…
ma non sappiamo dove e come comincerà.
– Non potranno attaccare tutti i poveri contemporaneamente…
– …perciò verranno attaccati per primi i mussulmani:
stessa fede, stesso idioma classico, sono loro,
nel mondo dei poveri, quelli più uniti, son loro…
– …l’unica avanguardia culturale, tra i poveri del mondo,
non disponibile a soggezioni verso l’Occidente!
– Giusto! Per mettere sotto i piedi tutti i poveri del mondo,
anch’io attaccherei loro: sono i più forti e uniti.
– Bastonati loro, tutti gli altri… zitti e buoni!
”Percentualmente siamo solo ‘cento’ individui – ci dicevamo –
ma… ‘venti’, tipo il nostro Silvio, mangiano per ottanta e,
agli altri ‘ottanta’… resta solo da mangiare per venti!
Chiaro che non può durare. I ‘venti’ come Silvio debbono scegliere:
o diventar buoni e dividere la pappa mondiale in cento parti uguali,
o tenersi il malloppo, difendendolo però con unghie e con denti!”.
L’occidente sembra ora aver scelto quest’ultima strada,
che può percorrere solo diventando privo di libertà:
gli Stati Uniti, che guidano questa via alla militarizzazione,
sono sempre più privi di quella libertà che dicono esportare.
Solo… chi li ama, li segua.

Avanti o Silvio!
Fai le valige! Giornate grigie non vogliam più!
Giornate grigie non vogliamo più… … …
(Coro 🙂 perciò fai le valige e non tornare più!

Questa strofetta su Silvio
(sull’aria di Bandiera Rossa, breve parodia, ‘sfottò’,
’strofetta’ appunto, di poco conto, tanto per ridere ma…
drasticamete riassuntiva del sentimento popolare!)
è nata a Pisa durante un incontro gioioso con un coetaneo,
prof di Storia amico mio, a Pisa, Facoltà di Scienze Politiche.
Ben poca cosa però rispetto a quanto, purtroppo, ci sarebbe,
non solo da dire ma addirittura da gridare, al ‘Cavalìre’ in questione,
dopo anni di sua disgustosa permanenza ai vertici dello stato.
Permanenza giustificata dal voto di milioni di cittadini…
lobotomizzati da una laser-telenovela, ben telecondotta,
che ha sospeso ogni democrazia instaurando la telecrazia.
Per fortuna ora…
(in assenza di una effettiva opposizione, unita chiara e forte,
per ‘obbedienze’ – massoniche e non – che la condizionano),
a questo disastro stanno mettendo rimedio…
torme di ex teledipendenti, prima rincoglioniti ed illusi,
ora delusi e davvero inviperiti, che, usciti dal torpore del sogno
(telegenicamente iniettato loro dal grande fratello)…
finalmente non gli danno più quei voti che lo legittimavano lì.
’Meno male – sentirò dire adesso – meglio così, era l’ora!’.
Certo… felici e contenti… ‘Avanti o Silvio!’… e tutto finisce lì…
e non cambiano niente finchè non viene un altro peggiore di lui.
La mattina del giorno in cui, dopo il tramonto,
fu ucciso vicino Trapani l’amico mio Mauro Rostagno,
mi svegliai, a casa, tremando senza sapere perché.
Non avevo mai provato un terrore del genere:
dal risveglio, un panico ‘immotivato’ mi imbrogliava il respiro.
Razionalmente immotivato, anche se – dico col senno di poi –
di cose ‘significative’ ne eran successe nelle ultime settimane.
La più grave, per me, era che dopo la visita di Silvio alla Iside2,
come già sai, ero stato licenziato in tronco e senza spiegazioni e,
adesso, solo Mauro resisteva a capo del telegiornale dell’altra tivvù,
nella sede di Rtc da dove partì per telefono l’allerta agli assassini,
già in attesa del suo rientro alla Comunità Saman dopo il lavoro.
Quella stessa Rtc dove io, un anno prima, lo avevo indirizzato,
passandogli una offerta fattami mentre ero ancora aTelescirocco!
E, se lo chiedevo, ora era Mauro che mi intervistava.

Ora era Mauro che mi intervistava,
o, meglio, era Mauro che inviava la sua squadra a intervistarmi,
se – ora epurato da Telescirocco – necessitavo di ‘bucare il video’.
In tal modo ebbi dunque occasione di bucare il video…
giusto poco prima dell’atroce fine di Mauro.
Salendo a Pisa per vedere mia madre avevo incontrato a Roma,
mentre cambiavo treno, Valerio Veltroni, fratello di Walter
(ora sindaco della città eterna, dopo Rutelli il puro narcisista).
– …Sono a Trapani ora, Valerio, e tutte le mattine faccio, gratis,
il ’consulente culturale’ nella sede della Lega delle Cooperative:
consiglio i Presidenti di tutte le Cooperative della provincia…
vengono in molti, ma ora salgo due giorni a Pisa da mia madre.
– Bella Trapani, ma Pisa la preferisco… ci studiava anche Massimo,
nel ’68. Tu quant’è che non lo vedi il Dalema?
A Trapani sai, io, per il Partito, faccio da commissario… straordinario in Federazione:
sai com’è Trapani, massoneria, connivenze mafiose, appalti… anche fra noi, a volte,
ci sono, purtroppo, le mele marce! E a me tocca fare… lo faccio settimanalmente,
il pendolare in treno.
– Massimo… l’ho visto alla manifestazione contro la Gladio,
qui a Roma dico, ci siamo abbracciati… Ma ora devo andare…
oppure perdo il treno… Ah… salutami tanto Valeria… Non ricordi?
La conobbi, tua moglie, quando venne a intervistare De Andrè,
a Marsala, nel ’75, per un quotidiano di Palermo! …Ciao, io vado.
Vista mia madre, sono di nuovo a Trapani: niente tivvù,
vivo organizzando io feste o cantando in feste organizzate.
A sorpresa, i CC mi vietano – illegittimamente – una festa a Paceco.
Irremovibili: – ”..il vicequestore Bonura ha detto di fare così!”.
”Grazie dell’informazione, ingenuo brigadiere di Paceco!”, pensai
(Bonura, il vicequestore di Trapani, ex Digos a Castelvetrano,
mi risultava associato alla ‘Iside 2’… con un ufficiale dei CC,
un magistrato della Procura, il senatore socialista ‘zu Cicciu’,
il deputato reg.le democristiano Canino, i banchieri massoni,
i padroni di entrambe le tivvù Telescirocco ed Rtc, nonché…
i capi – ricercati – delle cosche di Trapani, Alcamo e Ma zara:
un’Anonima Assassini, da noi vissuta come in un fumetto di Tex!).

“La mattina ‘consulente culturale’,
alla Lega delle Cooperative, il pomeriggio musicoterapia qui,
al Saman, per dare una mano alla comunità: solo la sera vado,
per vivere, a cantare in giro… ma se ora la Iside Due me lo vieta… è un bel guaio, per me, anche economicamente…”, dicevo a Mauro.
– Ma ora c’è ’SicilyToday / SiciliaOggi’, la tua grande rassegna,
allo Chalet delle Palme: hai ottenuto di organizzarla,
dopo anni di insistenze, in un luogo bello e inutilizzato.
Fanne un gioiello, un tuo biglietto da visita. Dopo…
ti farò ‘intervistare’ dai ragazzi e dirai quel che vuoi!
Fu una stupenda rassegna di folklore siciliano.
Presentavo. Ingresso libero (soldi del Comune, Ass.Cultura, Psi).
Durante le tre serate, un gruppetto di ‘picciotti’ a tratti disturbava, ma… per me poca cosa e loro scornati: una risposta al microfono…
e ogni loro invettiva affogava, sommersa dalle risate del popolo.
La rassegna fu trionfo anche per me: restava ora da fare l’intervista!
I ragazzi di Mauro vennero, a farmela, ad una festa ‘privata’:
il compleanno di ‘u Bbaruni’, amico pianista, trecento persone!
Mi rintracciano: ‘Mauro vuole che ti intervistiamo sulla cultura!’
’Bene. Accendi tutto e chiedimi cosa penso di Trapani’. Accendono.
– Ciao Pino, bella festa qui, che pensi della cultura a Trapani?
– Se non fosse per l’ iniziativa di privati cittadini…
vedi ad esempio la festa di stasera pe’ ‘u Bbaruni’,
o quella della scorsa settimana allo Chalet delle Palme,
che è frutto di una mia ideazione… Trapani? Cultura… zero!”
Anche alla Lega ora mi guardan male: il presidente, socialista,
dice che gli ‘costo troppo di telefono’… dopo il telegiornale di Mauro.
Ed è per telefono, alla Lega o altrove, che vengo ‘raggiunto’:
– “Ma comu? Niatri ti damu i pìcciuli pi ffari ’a rrassìgna,
minchia, e tu po’ va’ dicennu… ‘a Trapani cultura zero’!?”
– “Credevo di aver avuto i soldi per organizzare, finalmente,
una rassegna… non per tacere quel che penso su Trapani!”
Silenzio… poi lui, furibondo, riattacca senza aggiungere altro.
E’ Segretario dell’Assessore socialista (arrestato per ‘collusione’),
ma anche – tu guarda il caso! – il ‘segretario’ che, a Rtc, la’proprietà’
(aderente alla ‘Iside 2’), ha incollato da mesi alle costole di Mauro.
E’ partita da Rtc la telefonata che avvisò gli assassini di Mauro,
la sera del giorno in cui, al mattino, ‘senza motivo’, io tremai.

Non c’è pace tra gli ulìvi,
o mio stanco – e fin qui curioso e attento – Lettore!
Ma… vado rapido a concludere, penso. E penso, grato,
a quei – credo pochi – che mi avranno seguito fin qui.
”Non c’è pace… è vero, ma non ho ‘motivo’ di terrorizzarmi…
non più di ieri o dei giorni appena trascorsi”, mi dissi quel mattino.
E mi concentro allora sul respiro, solo sul respiro, così ‘mi calmo’.
Mi passa il tremito, poi… vado in ‘contemplazione’: Tai Chi Chuan
(il ‘saluto’ iniziale, ad libitum, ma – stavolta – non fuori in terrazza!).
Poi ‘torno’ in me e… preghiere, invocazioni ai santi e agli antenati,
tutte le mie povere ma efficaci ‘protezioni’ e… un bel segno di croce.
Sono tranquillo adesso, non meno di ieri. Ora mi lavo, ho fame,
mi vesto, scendo le scale, esco dalla porta sui vicoli, li percorro,
trentadue metri, fin sul lungomare orientale dove è ‘parcato’ il ford
(‘Mi fermerò come ogni mattina a far colazione allo Chalet,
dalla Pillittèri che mi vuol bene, specie adesso dopo la rassegna…
il cugino ha sposato la figlia di Craxi ed ora è sindaco di Milano!’).
Ma quando giro a parabola lenta, tranquillo, dal lungomare,
per fermarmi allo Chalèt e poi, dopo la brioche con granita,
attraversare il centro fin sull’altro lungomare e andare alla Lega…
proprio davanti allo Chalèt, senza ‘motivo’ mi viene da accelerare
(‘Poco male. Avrò la brioche al bar dove ‘parco’, sotto la Lega!’).
Ma è martedì, ed il bar è chiuso di turno! E ora?
(‘Non posso andar digiuno in ufficio e dopo fuggire, affamato, al bar!
Meglio tornare in centro, qui non ci sono altri bar e dopo, a piedi…’)
Così, invece di fermarmi a parcare e scendere… proseguo
(‘ancora non è tardi, verrò dopo’, mi dico) e vado in centro.
Ma non trovo parcheggio. Avanti! E mi trovo di nuovo sul…
primo, iniziale lungomare orientale, proprio nel punto da dove
– attraverso abbacinanti lagune e le saline – porta a Marsala.
’Quasi quasi vado da mia cugina… e da lì telefono alla Lega…
che ci vado domani perché ho da fare!’, mi dico mentre proseguo.
Mia cugina non c’è, forse a far spesa. Proseguo per Agrigento?
Vi giungo il pomeriggio e, a casa di un’amica, trovo cibo e allegria.
La giornata è ormai trascorsa, dopo cena mi fermo lì a dormire.
A Trapani, intanto, stavano macellando Mauro Rostagno.
Fu così, credo, che non ci lasciai anch’io la pelle. Grazie a Dio.

Cavalìre! Cavalìre! Ci consenta!

Ci consenta, lei che la sa lunga!
Lei che, primo, ha mangiato la foglia!
Se l’Italia è una vacca… la munga…
e così non Le resta la voglia!

Crede Lei che si possa campare…
e intanto sperare, tirando la cinghia?

Crede forse che il ‘popolo bue’…
neppure stavolta si scassi la minchia?

Lei credeva che il televisore saziasse la gente,
ma era banale…
non poteva riempirci le pance:
al posto di arance… realtà virtuale?

(Coro 🙂
E così ci sa che tu…
– ma sì, proprio tu che non ci ami –
non volendo, di lassù,
hai fatto un ‘di più’,
coi tuoi ‘proclami’…
perchè adesso non c’è più
chi ci crede più
– tra gli Italiani –
alla tua telenovela
con un Dentifricio e due Salami!

Alla tua telenovela
con un Dentifricio e due Salami!

Alla tua telenovela
con un Dentifricio e due Salami!

In conclusione…
”Domani mi alzo presto e corro alla Lega riposato”, pensai…
e così, quando la mattina seguente, presto, mi svegliai…
mi lavai e, mentre svelto mi vestivo, subito le dissi:
– ”Non ti preoccupare, amore, non ti alzare: vado qui,
al bar vicino casa tua: prendo lì qualcosa e corro a Trapani…
alla Lega ieri non ho neanche telefonato! Ciao, nni vidèmu!”
Tornai dieci minuti dopo, forse otto o cinque: giusto il tempo,
dal vicino bar, per risalire sul mezzo e tornare di corsa da lei.
Voltandomi dal banco, sul frigo dei gelati.. avevo visto Mauro:
Giornale di Sicilia
ASSASSINATO A TRAPANI MAURO ROSTAGNO,
gridava il titolo, grande, sulla sua foto a colori,
G R A N D I S S I M A,
al centro della prima pagina.
Mi voltai, posai sul banco i soldi della brioche, non salutai
(quel boccone non mi andava giù, ma nessuno,
in quel bar di braccianti assonnati, ci fece caso).
– “Se avessi saputo di restare, almeno per un po’, qui da te…
ci sarei andato a piedi, al bar, invece che col ford!”
Crollo… Spiego il resto piangendo.
Restai nascosto, ospite e amico in una qualunque periferia
(dove nessuno sa di Pino o Mauro, né che Pino è amico di Mauro)
finchè non seppi, dai giornali, della cerimonia ‘privata’ alla Saman,
giorno, orario, eccetera, che si svolse prima del funerale ‘ufficiale’.
Avevo scritto piangendo, in quei giorni, il mio ‘lamento:
decisi di rischiare (per Mauro lo dovevo) e di cantarlo lì.
Naturalmente… vi giunsi di sorpresa, a cerimonia iniziata, e cantai,
gridando, tra gli applausi e i pianti dei ragazzi di Mauro e i denti,
stretti, molto stretti, di buona parte degli adulti benvestiti convenuti
(un terzo massoni di cui un quarto pidduisti) e poi, naturalmente,
dicendo a tutti ‘Datemi un attimo per andare in bagno!’, scomparvi.
La mafia ‘ne uccide uno per fermarne cento’.
Ai funerali di Mauro partecipò un fiume di popolo tra cui, a migliaia,
da tutta Italia, i nostri coetanei di LC, che avrei voluto baciare:
li vidi, credimi, piangendo, da dietro la fessura di un portone.

‘Ne uccide uno per fermarne cento’: restai nascosto un mese.
Poi, in un altro mese, sempre di nascosto, a spizzico, furtivamente,
raccolsi tutte le cose più care e senza più forze tornai infine a Pisa.
La casa che avevo preso a Trapani la vendetti per procura.
A Pisa non avevo più niente… e così tornai a inizio ’89,
a quarantatrè anni, a casa da mia madre di settantasette…
dopo averla lasciata nel ’66, io ventenne, per darmi al mondo.
A Pisa non c’era tanto da ridere. Nei pochi giorni passatici prima,
quando, venendo su, a Roma Termini avevo visto Valerio Veltroni,
erano già avvenuti due fatti allarmanti, che ‘solo oggi’ si spiegano.
1) Rai Due e Rai Tre mi invitano, dopo dieci anni di oblio,
a parlare (non a cantare!) della violenza nelle canzoni e su cosa
(proprio curiosi!) io penso del ‘terrorismo degli anni di piombo’.
Ne parlai, ‘del terrorismo di stato e della rivolta armata di alcuni’,
tanto ’accuratamente’ che, da allora, non mi hanno più invitato.
2) Adriano e gli altri… arrestati: per l’‘omicidio Calabresi’!
Sapevo, ero certo della loro innocenza. Dovevo tornare a Trapani… ma in due ore,
con Alfredo Bandelli ancora vivo, apro un ‘comitato’, ovviamente ‘per la difesa di’, e subito,
visto a Bologna Gianni Sofri, fratello di Adriano, col suo consenso cerco fondi per spese legali e,
visto che sono qui a Bologna, passo da Francesco, ‘via Fabbri, 43’:
Guccini, il grande ‘compagno-autore’, non c’è.
Alla storica osteria… non c’è nemmeno ma, dice l’oste, è a ‘freschezziiare’ in montagna!
Corro a Pàvana e aspetto al bar che Francesco finisca, oddio,
lui così professionale, la partita: ‘deve’ finire la partita.
Poi la finisce, ed io lo porto fuori, insistendo, per parlargli in disparte: gli spiego.
Non sembra poi… molto interessato e, con noncuranza…
mi molla un 50 (cinquantamila lire, venticinque euro di adesso).
– Ne ho spese almeno… centomila, solo per venirtelo a dire.
Abbassa gli occhi e poi si ricaccia la mano, malvolentieri, in tasca.
Me ne dà altre 50. Parla ora, anche, ma senza più guardarmi:
– Però… non voglio ‘sapevne’ più niente, di questa storia.
Eroico il tipo, ed io: “Vado, ‘professore’!”. Da allora non ci parliamo.
Ora, inizio ’89, ero tornato a casa per sempre e Pisa…
mi leniva il cuore. La gente, sapendo che ero stato a Trapani,
con Rostagno… ora lo sapeva morto e mi accarezzava:
è la gente che mi ha fatto riprendere fiato.

Non ti dico poi i miei ‘compagni’, gli ‘eroi’ del tempo che fu…
Inviti a cena, e… ‘domani vieni in Sapienza? C’è Orlando,
il sindaco antimafia di Palermo! Dai, vieni con me a sentirlo!’.
Fu proprio in Sapienza, al dibattito sulla mafia con Orlando,
che intervenni pubblicamente per la prima volta dopo il ritorno.
Parlai, per la prima volta, della massoneria e della mafia.
Del ruolo della Iside 2, e non solo nella morte di Rostagno.
Non l’avessi mai fatto!
Finchè si parla di ‘mafia’ va bene… ma la massoneria…
Non era mai successo che qualcuno, io sono cretino, attaccasse,
così ‘pesantemente’ come feci, la sedicente ‘Istituzione’,
che qualcuno… infine – ma sono cretino – dicesse la verità.
La mafia non esiste come fenomeno a sé. Non esisterebbe,
non sarebbe così forte… senza cervello: la mafia c’è ed è forte,
perché il cervello ce l’ha… e ce l’ha nella massoneria.
La massoneria: ecco il ‘secondo livello’, quello italiano,
su cui indagavano Falcone e Borsellino a Palermo e a Marsala,
ecco il ‘patto’ tra le ’ndrine e le logge massoniche, su cui,
prima, indagava Cordova in Calabria: prima di esser promosso.
E poi parlai – cretino – della PDue, che nella ‘mente’ massonica
(per ‘braccio’ mafia, ndrangheta, camorra e banda della magliana)
individua e assorbe i più potenti, i più segreti, i più ‘utili’ massoni:
è questo il ‘terzo livello’, filoamericano e ‘base’ italiana della…
’catena (segreta) di comando’ tra qui… e Londra e Washington.
Ecco: ora ‘vedi’ quel ‘terzo livello’ che, solo a sfiorarlo,
costò la vita a Falcone e a Borsellino con tutte le loro scorte!
Non l’avessi mai fatto, di dire queste cose!
Perché il popolo… cioè la gente ‘comune’, gli studenti, i curiosi,
i compagni ‘di base’, gli operai, i frikkettoni, così come le ragazze
(che mi abbracciarono quando piangendo tornai dal podio), tutti,
dico tutti, mi vollero davvero bene, mi capirono, mi credettero.
Ancora oggi, dopo altri sedici anni, vi sono loro, sempre loro,
tra quelli che per strada mi amano e mi sorridono.
Per questo nasce il ‘Tribal Karma Ensemble’, la mia ‘company’.
Per questo canto e scrivo canzoni, tutte le ultime che hai letto.
Ma gli altri, i ‘compagni’ seri e importanti, bene ‘ammanigliati’
(e benvestiti e con le tasche piene), che mi invitavano all’inizio…
da allora, non mi invitano: il mio parere non fa loro piacere.
Capisco. Non è comodo il parere di chi, già nel ’75, ha scritto…
”Compagno, sembra ieri…”, terminando, quella ‘lettera aperta’,
con “…io non so se il Socialismo lo sapremo ancora vedere!”.
Non è comodo… per chi nel frattempo, non più ventenne,
s’è tramutato per vivere in massone o già lo era di famiglia!
Ma intanto gli Usa si preparavano alla ‘Conquista del Mondo’,
con la stessa ‘prassi’ di sterminio usata nella ‘Conquista del West’.
Nel mondo le cose cambiavano e, in Italia, i ‘servizi’,
americani e italiani pidduisti, preparavano nuovi scenari.
Andreotti e Craxi, validi nella ‘guerra fredda’ tra i due ‘blocchi’,
non servivano più: avevano avuto buoni rapporti coi paesi Arabi,
per sottrarli all’influenza sovietica, adesso bisognava scaricarli,
rivelando gli intrallazzi che facevano (e che gli Usa sapevano…),
poi, caduti loro… dare potere ad altri, più utili contro gli Arabi.
I vecchi alleati inutili sono sempre scaricati (è la ‘prassi’):
Noriega dopo l’uso in favore dei ‘contras’, Saddam dopo la guerra (contro l’Iran),
Ben Laden dopo la sconfitta sovietica in Afganistan…
Perché il padrone… è padrone… i suoi servi, se non gli servono,
semplicemente li svita, li sostituisce come lampadine fulminate.
E in Italia, sepolti Andreotti e Craxi, la P2 preparava ‘il governo’:
Silvio, ‘Cavalìre’, comprate tutte le televisioni, ripassava il copione!
Visto l’andazzo… e visti quelli che, a questo andazzo,
avrebbero dovuto fare opposizione, saggiamente decido:
’Pino mio! Niente politica, in Italia. O adesso ti fanno fuori!’.
Che storia, questa mia e nostra! Eravamo in quattro in quella sede,
a Milano, a mangiar panini e a dormire su divani per non rinunciare,
allora ventiquattrenni, a gridare la verità sul ‘terrorismo delle stragi’:
ora Adriano Sofri in galera, Pietro latitante, Mauro ammazzato.
Ed io, ‘uomo avvisato (e perciò) mezzo salvato’ (da un ex ‘Digos,
da tempo in pensione ma pidduista’), non faccio politica in Italia se,
e finchè, mi lasciano in pace: sposato tardi, ho bambini piccoli…
Faccio politica… sì, ma solo all’estero: come un esiliato.
Solidarietà internazionale ai poveri colpiti dalla guerra:
porto cibo-vestiti-medicine per conto della Lega per il Disarmo,
Un Ponte per…, Missionari Saveriani, Medici senza frontiere.
Ho ‘debuttato’ nel ‘teatro bellico’ con la prima Guerra del Golfo.
Arte & Politica? Per Aspera ad Astra.

Noi siamo i proletari in lotta!
(Sull’ aria dell’‘Inno dell’Internazionale’)
Testo di Franco Fortini, Luigi Manconi, Pino Masi
Milano – Stazione MMCadorna / Ferrovie Nord – 1970
Registr. da Franco Còggiola, Ist. E.DeMartino.

(Coro 🙂

Noi siamo i proletari in lotta!
Gli oppressi che hanno detto no!
La forza immensa di chi vuole
liberare la società!

Dalle fabbriche, dalle campagne,
nelle scuole e nei quartier,
la coscienza degli sfruttati
questo mondo trasformerà!

Questa voce che sale dalla lotta e che va
è l’ìnternazionale futura umanità!

Questo pugno che uguale l’uomo all’uomo farà
è l’ ìnternàzionàle futùra umànità!

E’ l’ ìnternàzionàaale futura umanità!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.