LA CONTRADDIZIONE
La contraddizione principale
è quella tra i pochi che hanno da vivere bene
ed i troppi che muoiono di fame.
Oggi
– dopo secoli di brutale colonialismo –
il nostro occidente ‘cristiano’ può pentirsi
e, volendo, dare finalmente una mano…
…oppure diventare di nuovo razzista e nazista,
come sta facendo.
Di tanti compagni ammazzati come cani
è intessuta l’intera trama della mia motivazione
a scrivere e a cantare per tutta una vita.
Da Pinelli a Pasolini e a Rostagno,
i ‘nostri’ sono caduti in difesa della democrazia,
uccisi da chi tradisce le nostre istituzioni,
nate dalla resistenza alla barbarie.
Barbarie nazista
che sta tornando ora in auge
con il razzismo e i lager
per bruciare di nuovo l’Europa e il Mondo
in quest’ultima guerra mondiale,
volutamente innescata e già in atto.
Furono di ogni fede i nostri eroi
caduti in difesa della democrazia:
dai combattenti partigiani
ai soldati che non vollero obbedire ai tedeschi,
fino al carabiniere che si fece fucilare
in cambio della vita di innocenti civili prigionieri.
Questo accadde anche a Nicola Calipari,
poliziotto ed agente segreto italiano:
anche nelle nostre istituzioni ed alleanze
pochi eroi combattono chi le tradisce
e, da chi le tradisce, vengono uccisi.
Noi che lottiamo per la pace
non possiamo che unirci contro la barbarie
e, questo,
anche solo ammettendo che Nicola Calipari
(ucciso dal “fuoco amico” texano a Bagdad
nel corso della nuova guerra, immotivata,
voluta dagli americani ed iniziata nel 2003,
mentre portava all’aeroporto una giornalista,
pacifista, di cui aveva ottenuto la liberazione)
meritava dal nostro movimento per la pace
ben più di questo mio povero breve ricordo.
LA CONTRADDIZIONE
A farmi ricordare Nicola Calipari è stata la nostalgia
che avevo ed ho per Bagdad e per tutto l’Iraq e che,
seguendo in tivvù dal 2003 le nuove vicende irachene,
ha risvegliato i miei ricordi della ‘guerra del golfo’.
Fossi stato stavolta a Bagdad come nel ’90/’91,
per liberare la nostra giornalista avrei fatto, credo,
le cose che ha fatto Nicola Calipari.
Mi sarei però fidato dei ‘texani’ molto meno
di quanto – per dovere – ha dovuto fare lui.
Mi spiego meglio.
Avrei contattato i capi dei resistenti sunniti
e ricordato loro le pacifiche ed a loro note mie gesta durante il precedente conflitto quando,
in attesa dei missili americani sulla città,
cantavo ai bambini nelle scuole elementari e poi
– con altri pacifisti venuti con la stessa determinazione – ottenemmo da Saddam, offrendoci in cambio loro,
la liberazione di centocinquantuno occidentali,
allora sotto sequestro
(e che Buttiglione e Formigoni, sotto i flash,
andarono a ricevere all’aeroporto
prendendosi la gloria della loro liberazione
senza mai dire che c’eravamo noi, quindici,
in cambio loro, come ostaggi in Iraq).
Consolidate così simpatia e fiducia,
avrei affermato la posizione pacifista della Sgrena
– la giornalista loro prigioniera –
ed avrei raccomandato ai sunniti,
esasperati dalla ingiustificata guerra americana,
di stare più attenti a chi passava loro
le liste coi nomi della gente da sequestrare
poiché stavano prendendo prigionieri,
senza saperlo, quasi solo giornalisti in gamba
ed operatori umanitari in odio al Pentagono
per le loro posizioni contro la guerra.
Dopo,
dopo la cena tipo bella ‘festa in famiglia’
(e aver cantato con Giuliana Sgrena a fare il coro),
avrei chiesto la liberazione della giornalista e
(ottenutala e raccomandato di liberare altri ostaggi)
la mattina seguente
(dopo qualche ora di sonno ed una buona colazione)
ci saremmo fatti accompagnare in una via del centro.
Spariti loro,
senza trastullarmi ma senza fretta apparente,
con la chitarra in mano e Giuliana velata dietro di me, sarei andato – come Calipari nei giorni precedenti –
a prendere un taxi per andare nella ‘green zone’
e saremmo giunti all’ambasciata italiana.
Solo allora avrei
– invece di come fece Nicola Calipari per dovere –
comunicato, con Giuliana accanto,
la sua liberazione ed avrei ottenuto
mezzi e difesa per un nostro immediato rientro.
Saremmo giunti in aeroporto
assieme all’ambasciatore, tra i flash dei fotografi, scortati e ossequiati…
e non uccisi ‘per sbaglio’ dai nostri ‘amici’ texani.
Quegli ‘amici’ texani che
– proprio grazie alle informazioni
date dallo stesso Calipari, per dovere,
in tempo reale ai suoi superiori ed ‘alleati’ –
gli hanno teso l’agguato in cui è stato ucciso
ed a cui sono a stento sfuggiti un agente italiano,
suo collega, e Giuliana Sgrena gravemente ferita.