La Storia del Canzoniere Pisano
GLI ARTISTI E LA RIVOLUZIONE
una Storia provvisoriamente all’Indice
LA STORIA DEL CANZONIERE PISANO
1970 – Con Alfredo Bandelli che ne porta uno in groppa, siamo a cantare a Secondigliano tra i bambini di uno dei quartieri più poveri di Napoli
LA RIVOLUZIONE TRIONFAVA OVUNQUE, NON ERA STATA ANCORA
MESSA IN GIRO L’EROINA PER DISTRUGGERE IL TESSUTO SOCIALE
E CONSEGNARE IL PAESE ALLA MAFIA
ANTICIPAZIONI: il PRIMO capitolo ed i suoi approfondimenti
pino masi
LA STORIA DEL CANZONIERE PISANO
1966 – FONDATORI E FONDAMENTI
Collettivo Artisti per la Comunicazione Sociale, il nostro Canzoniere fu fondato ed inizialmente vissuto dagli allora giovani eroi Riccardo Bozzi, che da grande fu poi direttore del nostro teatro comunale e del teatro regionale toscano, sua moglie Lydia Nissim, che si mise anche a creare gioielli, tutti pezzi unici, tanto belli da divenire la gioielliera preferita di Liz Taylor, ed il fratello di Lydia, Piero Nissim, che poi a palermo formò e guidò il Teatro Operaio nei primi anni ‘settanta e, a roma, nel ’76, diresse per un anno i Circoli Ottobre – il circuito alternativo per artisti ribelli da noi creato a fianco di Lotta Continua – ed ora crea pupi in cartapesta e li porta con successo in scena, poi c’era Piero Finà, anima di poeta e fine chitarrista amico mio che però presto lascia il gruppo non per darsi davvero all’ippica ma alla goliardia, e c’era Carla Lanteri che, venuta a pisa nel febbraio ’66 per stare solo due mesi “a ripulir la lingua in Arno da ogni impuro accento” come fecero altri, non ancor ben pulita la lingua entrò nel Canzoniere e vi restò fino a maggio ’70 ed ora insegna a roma canto e pianoforte, ed infine Pino Masi, che per saperne andate su Internet e così risparmiamo la carta, dando tutti assieme così (vien fatto ora notare da chi seriamente ci studia) nuova linfa e voce alla canzone sociale d’autore, che in Italia – salvo la venatura ironica e quasi salottiera con parodie di Spartaco Piceno nel primo dopoguerra e Gufi e Cantacronache nel secondo – era, da un secolo, ferma alle stupende cantate libertarie del grande Pietro Gori
a p p r o f o n d i m e n t i
UN PARTO DIFFICILE
“E’ troppo comodo”
scrissi,
ed ero solo al mondo
m e n t r e
– f i n a l m e n t e –
davo a l m e n o il titolo alla
canzone che da ore avevo in testa
senza saperne ragionevolmente niente
Mi gonfiava in testa non, come uno crede,
col testo e la melodia, cioè parole & musica
No, no, mi gonfiava in testa, dal pomeriggio,
e nella pancia e nel cuore, non verbalizzata,
senza parole ragionevolmente apprezzabili,
voglio dire incontrollabile ed inquietante
come un malore, un ìctus, una trombosi,
un tumore, o anche solo un dolore
dovuto a cattiva digestione, ma
insopportabile, un bubbone
che vorresti purgare, e
imperdonabile, come
in un parto difficile
non saper cosa fare
Adesso però, giunta sera,
nasceva la mia prima canzone sociale
Parole f i n a l me n t e sensate,
non più ferme e confuse, contorte e addolorate
MALGRADO IL TEMA
Nasceva,
dopo sette ore di doglie,
la mia prima canzone,
certamente sociale e d’autore,
e la scrivevo di getto, con convinzione,
già musicata e tutta di seguito intera
Ero distrutto ma lieto
“Soddisfatto?”,
mi chiesi,
“So’ ddisfatto!”,
mi risposi alla romana
(e f i n a l m e n t e sorrisi)
letta da capo
per la prima volta
la mia canzone neonata
Un viaggio nuovo,
durato fin qui cinquant’anni,
iniziava per me
Con quella canzone in bocca
mi sentivo leggero,
felice, malgrado il tema
Ora – solo ora –
potevo f i n a l m e n t e comunicare
SOLO
Liberatorio fu per me scrivere la mia prima
canzone tutto solo come forse accade
ad un santo o a un poeta: da solo nell’intento,
ma non per egoismo pensando a sanremo
Capiàmoci, gente, capiamoci!
Non vorrei che, per ignoranza,
vedendomi cantare in strada o in osteria
con accanto, oltre alle copie di questo
mio libro che state leggendo,
le copie digitali di tutti i miei dischi autoprodotti
vecchi e nuovi compresi quelli ormai storici su vinile
(altrimenti oggi fisicamente presenti solo in collezioni di infaticabili studiosi),
i miei opuscoletti su singoli argomenti e il mio buffo “La Legge der Menga”
in verna’olo pisano, ed il mio libro “Cinquant’anni cantati”
con in ordine cronologico tutti i testi delle
mie canzoni, anche di quelle inedite, ed
il contesto storico-sociale in cui sono
nate in due pagine di commento
per ognuna, e certo vedreste,
anche, posato bene in vista,
– come in un recente film di cassetta su di me,
“I Primi della Lista” di Roan Johnson –
il piattino bianco per le offerte ( di chi ama me e le canzoni che scrivo
e che canto ed anche come le canto e perché ), e non vorrei mi scambiaste,
chissà, non per vostra cattiveria ma solo per ignoranza,
per un cantante fallito e perciò mendicante
E’ PER IGNORANZA
In tal caso affermerei sinceramente
che sono stato e sono un gran lavoratore
(chi come me fa sul serio il cantastorie certo lo è)
e che sono a fianco di lavoratori e disoccupati,
e a questo punto è bene sapere
che sono stato e sono, anche,
dalla parte dei persi, dei dispersi,
dei falliti, dei senza casa affamati,
dei caduti sul lavoro e nelle piazze
per difendere il lavoro e il diritto
di tutti a vivere decentemente
Tutti, anche chi involontariamente
non sa un cantastorie cos’è
Non lo dico per me,
che volendo potrei infischiarmene,
ma – sul serio – per il vostro bene,
per crescere insieme in consapevolezza
a partire dallo specifico vissuto
Se qualcuno, solo per ignoranza,
non mi crede, niente problemi:
potrà rimediare leggendosi,
o rileggendosi con più attenzione,
i Sepolcri del grande Ugo Foscolo
nel solo punto dove egli parla di Omero,
Maestro di tutti noi cantastorie,
e lo dice mendìco e cieco
MENDICO E CIECO
Dai Sepolcri di Ugo Foscolo:
“…E voi, palme e cipressi che le nuore piàntan di Prìamo
e crescerete, ahi presto, di vedovili lacrime innaffiati,
proteggete i miei padri
Un dì vederete, mendìco, un cieco brancolar negli avelli
e abbracciàr l’urne e interrogarle”
Mendìco! Mendìco ed ormai cieco
era il nostro vecchio padre Omero,
ma sempre lì ad abbracciare le urne e a interrogarle
per poter poi cantare a tutti la Storia Vera
L’esperienza di cinquant’anni da cantastorie
mi fa capire, e lascia dire, che l’Ugo nostro
– descrivendo Omero quale mendìco e cieco –
ha inteso ermeticamente dirci con due parole,
da grande poeta, quello che con più numerose
e banali parole ognuno di noi potrebbe dire, tipo
“Se Omero avesse ricevuto da Menelào in dono appartamenti, bonifici da Prìamo, gastronomia e bella gnocca da Berlùsca a Villa Càzia, il nostro mitico maestro cantastorie non sarebbe divenuto tale perchè, come Fede o Apicella, non avrebbe
– i n c o n d i z i o n a t a m e n t e –
potuto narrare lo scontro geopolitico epocale che sconvolse eurasia e medioriente migliaia di anni fa e che, oggi, terribilmente di nuovo si ripete”
Estate ’66 – Sulla nave tra Danimarca e Svezia
SEMPLICEMENTE SOLO
Ero solo,
semplicemente solo
Involontariamente solo ma solo,
tragicamente solo
Tutto qui
Lo ero per motivi che presto con calma dirò,
e non perchè Carla,
incontrata sotto un ponte con un libro in mano a febbraio ’66,
dopo due mesi di amicizia, immense affinità elettive,
cantare e suonare insieme divinamente
ed un solo primo timido abbraccio l’ultimo giorno per salutarci,
era sparita per interminabili tangenziali geografiche
senza sapere se forse un giorno tornare,
lasciandomi di stucco al primo amore
I motivi della mia solitudine erano altri
e Carla era stata un momento di ossigeno puro
mentre morivo in un mondo asfissiante
Lo stesso dove, ed ora senza il suo ossigeno,
restavo come prima a morire
Potrei giurarvi che, Carla a parte,
non fosse stato per la chitarra,
mia eterna compagna,
sarei potuto davvero morire
Avreste potuto trovarmi in un cartone,
morto di freddo e fame in solitudine, minimo,
o al massimo ucciso da un balordo
(continua)