a live show on the real nature of the eros

about JUST LOVE
a live show on the real nature of the eros

il tracciato dello show JUST LOVE con i testi dei dialoghi
e dei brani cantati, note di regia e brevi
schede di corredo documentale
The LIVINGMUSICTHEATRE Company
PISA – culturePromòter – 141116
— prove aperte al pubblico il lunedì dalle 21 alle 23
a Pisa, Teatro Rossi Aperto

pino masi about Just Love

About Just Love non credo che il suo successo,
sulla stampa fintamente libera e la tivvù fintamente pubblica,
potrà essere subito tanto epocale quanto la sua portata meriterebbe
Nel mondo dell’arte asservita al mercato il successo dipende dagli interessi malefici
di cui sapete e perciò non vale parlare, se non sapete chiedete a Vincent Van Gogh
Per certo, Just Love sarà massacrato dalle tivvù genuflesse e dalla carta stampata vaticana filovaticana e servovaticana, tutte filocuriali,
mentre papa francesco, chiaroveggente, teme la fine del matrimonio
come contratto di proprietà a vita di un’altra persona

Anyway, il successo di Just Love ci sarà e sarà epocale quanto merita – e nel modo glorioso che merita – perchè non saranno i soldi a deciderlo ma la gente,
il popolo dei social e delle piazze, dei circoli culturali e dei teatri
e di scuole giardini palatendoni prati e balere
Per chi sa vedere,
il successo di Just Love è nel suo offrirsi alla luce viva della rivoluzione
epocale guidata dalle donne, finalmente libere,
che vivifica ogni movida e, senza dirlo,
a tutti dice “d’ora in poi niente più schiavitù, nessuno sarà più di qualcun altro”

Di personale aggiungo solo che le prove di mesi ed il debutto
e le previste date del tour impongono una totale partecipazione e,
per cantare e suonare e ballare efficacemente,
penso alla salute e dando il buon esempio mi nutro
– puntigliosamente – solo di cereali, legumi, verdure, ortaggi, frutta ed acqua fresca, così, grazie anche a questo, la natura
– che è ricca di cibo e bellezza ed intuizioni e sorprendenti sapienze e tutti spinge –
mi intima di andare elettrico con la vecchia gybson tra scoppiettanti percussionisti
e geniali solisti e finalmente cantare i brani nel sound della matrice mediterranea
per vedere di nascosto l’effetto che fa e godere vedendovi ballare felici

Ce la mettiamo e metteremo tutta, ci divertiremo alla grande con tutti gli amici
della pace e della libertà e della giustizia che vorranno incontrarci e – anche grazie al nostro lavoro di ideazione e creazione di Just Love – lo faremo
nella per noi tutti ritrovata individuale e collettiva consapevolezza,
serena e gioiosa, della vera natura dell’eros

Gioiosa e serena consapevolezza erotica di cui fummo muniti dalla filosofia greca di oltre duemilacinquecento anni fa unitamente agli altri, per noi fondanti, concetti e valori di libertà giustizia repubblica democrazia
arte teatro storia musica sport poesia

Gioiosa e serena consapevolezza erotica di cui fummo mutilati dall’editto di costantino, l’imperatore convertito che nel 313 d.C., innalzando la chiesa romana ad unica religione ufficiale, le accordò il potere di piegare il popolo attraverso la sottrazione anche violenta di ogni libertà erotica e, per conseguenza,
di ogni vera gioia, vera salute, vero equilibrio, 
vera giustizia, vera repubblica, vera democrazia vero teatro vero sport vera poesia

Salvo eccezioni subito trascinate al rogo, senza rendercene conto per abitudine
per più di mille e settecento anni siamo sopravvissuti da invalidi complessati,
privi di gioia e senno perché privi di eros, quindi salute ed equilibrio e serenità

Però – c’è un però che rende tutto più chiaro, positivo ed epocale –
grazie alla vittoriosa liberazione femminile, gli ultimi, che erano le donne,
sono adesso i primi e, nell’arte, con Just Love l’ultimo libera tutti
L’ultimo cantastorie che – povero tra i poveri – ha mendicato cinquant’anni
per cantare incondizionatamente, ora, con Just Love libera tutti
C’è qualcosa di più epocale?
Non perdere il treno della rivoluzione, c’è ancora un po’ di posto all’ultimo vagone
—————————————-
pino masi
Just Love
a live show on the real nature of the eros
il tracciato dello show con foto, testi dei dialoghi
e dei brani cantati, note di regia e brevi
schede di corredo documentale

immersione !

uno
Qualunque sia il luogo
(piazza, spiaggia, salone, circolo, balera, palestra o gran teatro)
dove andrà in scena “Just Love” e correrete a vederlo
(per tempo, e non tardi cercando un posto al buio con disagio per tutti),
certamente, per andarvi a sedere in sala,
dovrete attraversare l’ampia zona d’ingresso,
addobbata con sorprendenti festoni di carta
(ritagliati e decorati a mano e, dopo ogni tappa, ripiegati con cura), tappezzata di manifesti e foto ed utilissimi avvisi a pennarello,
traboccante di tavoli con Cd e Dvd, cibo biologico a kilometro zero
(solo cereali, legumi, verdure, ortaggi, frutta, acqua e sale marino),
———————————–
‘magliette smaglianti’ con i segni della Company e Just Love,
registro dove lasciare la mail per future newsletter e, per finire,
la imbarazzante ma necessaria cassetta colorata con fessura
(dove – secondo il principio di archimede – si può inserire, con cura,
una grandissima leva, detta òbolo, unica a sollevare la cultura)

due
E’ qui che
non lontano dal lungo “tavolo dei cibi veri”
troverete – sulla soglia del suo antro virtuale – Mago Merlino
intento a preparare ed offrire le sue magiche pozioni digestive
e – a richiesta – leggervi passato e presente e futuro
nei tarocchi, e nelle mani e negli occhi
E’ qui che,
sempre nella zona d’ingresso,
vicino al varco per entrare in sala,
anche non volendo,
noterete un valoroso strimpellatore, Santino il Fabbricese,
che – con straordinaria maestria ed infinita convinzione –
sta eseguendo una inesauribile sequenza di brani:
canzonette d’amore sanremine
(libera scelta, ad libitum)
Ed è qui che,
al centro della zona d’ingresso,
tra il varco aperto alla strada e quello che porta alla sala,
un guppo di giovani circensi di ogni sesso
(la troupe del Circo Bidoncino, figlio putativo del Circo Bidone)
seduti a terra in cerchio con percussioni e cembali,
alternano
due minuti di perfetto immobile silenzio
abbandonati a terra come dormienti o defunti
ad altrettanti due minuti di sonoro fragore
dove, seduti a terra, con sonagli e tamburi danno ritmo alle…
Strane Movenze Di Una Grande Circense
(titola un cartello, appeso lì accanto bene in vista, e prosegue:)

si guarda e non si tocca !

La grande Oli Ann Kap,
in piedi al centro del suo cerchio coribantico,
pratica per due minuti la danza del ventre,
poi per altri due giace a terra come morta
e, dopo altri due, sorge ancora a ballare
alternandosi, in questo,
eternamente
(ed il cartello, solo cambiando dal nero al rosso
il consunto pennarello, ancor più tranquillo conclude:)
Come una loop nel cinema o un effetto digitale in java script, quella praticata tra voi da Oli Ann Kap con rumoroso corteggio
è la magia mimetica dell’eterno ritorno, o “respiro del cosmo”
visto come un infinito prato di energia dove, ciclicamente,
come in seguito ebbe modo di confermare Albert Einstein,
fiorisce sparsa in giro la materia ed altrettanta ne scompare,
solo alla vista materiale, in forma di energia
il Circo Bidoncino
—————————————————–
tre
A questo punto, sentirete a distanza la voce del cantastorie che,
giungendo appena in tempo per lo show in programma,
stava cantando allegro tra sè per strada
ed ora continua a cantare allegro entrando
Lo attende al varco d’ingresso la Divina Coppiera,
la deliziosa Patricia,
che coglie un bellissimo chicco d’uva da un grappolo
dentro la grande coppa che ha sempre con sè
e, con bel sorriso ed un gesto armonioso,
lo pone tra le labbra del cantastorie
che, sospendendo il canto,
mastica lentamente e deglutisce a fatica
guardandola incantato
Dopo quest’attimo di incantesimo
(pochi secondi di sosta e respiro sospeso),
il cantastorie entra e riprende a cantare,
adesso tra i tavoli della zona d’ingresso,

about just love
e la Divina Coppiera lo seguirà,
traendo ed offrendo i frutti dalla sua eterna coppa,
finchè l’azione è nella zona d’ingresso e in sala
Dopo,
quando infine il cantastorie salirà la scala che porta al palco..
– La Divina Coppiera si siederà graziosamante ad un gradino in basso
– Appoggerà la sua coppa preziosa qualche gradino più in alto
– Graziosamente avvitandosi, volgerà gli occhi al cantastorie che sale
– Deliziosamente, quasi immobile, lieve muoverà il capo alla musica
– Resterà – attentissima – a guardare verso il palco…
fino all’arrivo del giovane Fedro,
la cui bellezza la trafiggerà
ed a cui porgerà in dono la sua coppa benefica,
che Fedro accetterà per offrirne a sua volta i frutti in un giro di sala
Ora però,
tornando nella zona ingresso per seguire i fatti ordinatamente,
dopo l’inatteso incantevole benvenuto pòrtogli da Patricia,
il cantastorie ha ripreso a cantare, ovviamente solo canzoni erotiche, per avvicinarsi pian pianino al tema profondo dell’evento,
partendo dalle quelle più popolane, anche goliardiche,
tanto per scaldare la voce…
ed adeguare il volume al nuovo ambiente
– in mezzo alla gente che vocia quanto vuole –
senza un microfono con gli effetti ed un tecnico che lo regola,
ma i cantastorie sanno far bene da sè fin dai tempi di Omero!
Sentiamo:
eeevviva la torre di pisa
che pende che pende e mai non va giù
eeevviva la minchia chi attìsa
to soru ‘n cammisa e ppo’ nenti cchiù!
se vvoi venì cco mme, marialuisa,
ti porterò a vedè lla torre di pisa
la schiacciatina co’ lla cecìna
solo ar montino la sanno fà,
cor forno a llegna, di sera e di mattina,
e a ttutte ll’ore la poi mangià
poi ferma un attimo il canto e, guardando attorno, comunica :
Oh! Boniii… Prima ‘e mme lo dimeènti’o…
“Ar montino, ci vengano a mmangià lla cecìna,
mattina e ssera, le meglio bimbe della provincia…
Le fa-vo-lo-se… commesse… di borgo stretto!”
coro improvviso:
ma lle ‘ommesse, pino, ‘ome sson messe?
risponde cantando:
Son messe bene, dai retta a me…
speriamo solo che ‘un sìano lèsse,
perché… ssarèbbano dégne d’un re
perché ssarèbbano dégne d’un re!
Avanzando, nota ora a terra i corpi di danzatrice e circensi
(crollati al suo ingresso, da allora immobili e silenti),
e li sorpassa – stupìto – senza interrompere il canto:
viva pisa città delle belle donne
che ssono le colonne dell’amor !
viva la to, ragazzi viva la to,
viva la tooorreee, viva la torre di pisa !

quattro
Notato lo strimpellatore Fabbricese
(che, cessata la sequenza sanremina, gli si è affiancato),
si ferma e di botto esclama:
Santino! Allora sei venuto!
ed il Fabbricese, sbirciandosi la togna:
Venuto?! Sarebbe ‘r còrmo!
Non me ne son nnemmen’accorto?!
e, guardandosi attorno per timore d’esser notato,
si controlla più accuratamente, con la mano, poi ridendo:
No, dai, non sono venuto… Ma cche ddici o Pino!
Arrapato sì, arrapatìssimo…
A ddi’ lla verità, ‘un son mai stato arrapato ‘ome stazera…
‘on tutto vesto varietà ‘e cc’è qqui si doventa matto!
Ma vvenuto no, non son venuto,
almeno… mi sembra di no…
e fa per tastarsi ancora, ma il cantastorie, infine seccato:
Maa… ma ccosaa hai ‘apìto Santino?
Dicevo sei venuto…. ma a ddàmmi ‘na mano e a vvedè llo spetta’olo…
e nno a ffàmmi votà i ‘oglioni e pperde ttempo
‘ome ora ‘on tutti vesti frantendimenti !
poi cambia tono e, ironico, chiede:
LL’hai jà ffatto sentì ccome ssei bravo…
nelle ‘anzonette di sanremo?
Lo so cche ll’hai fatto, non dì ddi no, non sai resìste…
e, cambiando ancora tono, lo invita ad entrare in sala con lui:
Ma ora vieni, Santino,
‘ndiamo, vieni dentro!
Sta ppe’ ‘ncomincià llo spettà’olo!
lo strimpellatore, ancora immedesimato nel suo erotico eccitamento:
Parli d’entrà, vieni dentro, ma allo spetta’olo…
e io pesavo… Boia deh! Pino, da ccome sono arrapato stasera,
guando m’hai detto ‘ndiamo, vieni dentro…
ti juro, credevo si ‘ndèsse ar casino!

Boia deh… ma ssarò ddi fori?!
——————————————–
il cantastorie:
E mmenomale te ne rendi ‘onto!
il Fabbricese, ora serio:
Dici bene te, Ppino… entrà allo spetta’olo…
ma mi vergogno a ddìttelo… son senza biglietto!
Pe’ qquesto ero vì a strimpellà ‘nvece d’entrà ‘n sala!
e il cantastorie:
Biglietto?!
Ma qquale biglietto!
Te ssei ‘n artista, un musicista
T’ho ‘nvitato a ddà ‘na mano… e ddevi pagà ‘r biglietto?!
Sei di fori, ‘ndiamo, vieni!
Entra ‘n sala ‘on me, ‘un perdiamo tempo…
ir ferro va bbattuto finch’è ccardo!
e lo strimpellatore:
Va bbene, Pino, ‘ma sse ddentro c’è ppieno…
io, senza ‘r biglietto, dove mmi metto a ssedè?
il cantastorie, adesso autenticamente severo:
Ascòrtami bene, Santino,
perché ddopo… Paganini non ripete !
Te entri ‘on me, come mmusicista, e mm’accompagni
‘olla ‘itarra nelle ‘ose ‘e ccanto ora all’inizio,
qui ggiù ‘n sala, prima d’andà ssur parco
Sono facili, popolari, sempre du’ accordi o ttre,
ma tte nnon ti distràe, guardami la tastiera ‘osì nnon sbagli!
Poi, guando io ‘nbocco la scala pe’ ‘nizzià llo sciòvve te…
resti a ssedè zzito e bbono su uno sgabellino
L’ho ffatto mètte apposta pe’ tte!
Guarda di meritàttelo!
Stai lì bbono e ggoditi tutto llo spettà’olo a ggràtisse!
Meglio di ‘osì?
——————————————————
e poi, nell’atto di mettersi in movimento, a sorpresa aggiunge:
Ah! Visto’e lla jente…
ti vedrà llì a ssedè, dàtti un contegno:
nelle ‘anzoni ‘e nnon conosci fai finta lo stesso di sonà,
tanto noi si sona elettri’o e lla tu’ ‘itarra a’ùsti’a ‘un si sente
Ora vieni, c’é dda ssonà e ccantà e ‘ttraversà tutta la sala!
e, muovendosi decisamente verso la gente, inizia a cantare

cinque
veni lu suli
(traduzione, dal siculo-salentino:)
viene il sole e scioglie la gelata
mi sciolgo per una donna che è saporita
di petto è proprio una scaffalata
e gli occhi belli d’una calamita
ed ora baciami, baciami,
che sono morto e mi dai la vita
bella, sai che ti dico?
ce ne scappiamo
come vorrà dio ce la prendiamo,
con quattro buoni amici che ci mettiamo
padri e madri li pacifichiamo
ed ora baciami, baciami,
che sono morto e mi dai la vita
mi dai la vita, mi dai la vita,
io sono morto e la vita mi dai
A luci di sala che restano accese (ed un proiettore mobile che lo segue ovunque) il cantastorie procede cantando e, terminato il brano, subito
———————————————–
ne canta – e suona e balla – un altro, brevissimo, come forma di saluto:
quannu veni lu zu pinu
ogni vvvota nuttata si fa,
quannu veni lu zu pinu ogni vvvota nuttata si fa,
quannu veni lu zu pinu vi li sona e vvi li canta
però voli chi s’abballa, va si nno iddru si nni va,
quannu veni lu zu pinu vi li sona e vvi li canta
però voli chi s’abballa, va si nno iddru si nni va!
(traduzione veloce: chiamatemi zio pino e se volete facciamo nottata,
ma sappiate subito che se non ballate mi sento inutile e mene vado)
procede cantando, ma a metà sala si arresta
e alla fine del brano si produce, a sorpresa,
in uno sfogo personale autorigenerante,
uno “sproloquio” pseudo-dialettico
(tipico dei cantastorie siciliani di mezzo secolo fa,
di cui – da bambino – fu spettatore entusiasta):
Sintiti, Sintiti Ggenti !

tradotto:
Sentite, Sentite Gente !
Perchè si sappia che non son qui per niente,
bisogna sapere che – artisticamente – sono un cantastorie
Per giunta Siciliano, perciò sono un vulcano,
e per giunta postmoderno,
che significa…
eterno!
———————————————
d’improvviso guarda corrucciato un punto tra il pubblico e:
Chi ha detto che sembro Cirano?
una lenta silenziosa panoramica sulla sala e poi, rivolto al pubblico tutto:
Mi hanno detto Cirano!
Ma perchè?
A voi… pare che mi vanto, come faceva lui?
Oppure che ho un naso, come lui, lungo tanto?
Guardate!
(ed indica il proprio naso)
Ho naso bello e fino e sono Mastro Pino,
cantastorie di Castel Veterano,
fedele al Salvatore ba…
una voce dal pubblico:
Salvatore chi? Riina o Gesù Cristo?
il cantastorie:
Salvatore / bandito / Giuliano!
e subito, pieno di energia, per non scoppiare, scoppia a cantare:
Lasciatemi sfogare,
con la chitarra in mano,
che sono siciliano…
ma si interrompe ancora e:
Mimmocutugno? Ti sembro Mimmocutugno ?!
Vieni qua, e ti faccio vedere nella realtà chi sono !
e voltandosi, tra sè, disgustato, ad alta voce aggiunge:
Incredìbbile, mi chiamanu Mimmocutugnu!
un profondo respiro e poi, distogliendosi dalla dìsputa:
…che sono siciliaanooooo,
e non ne posso più!
————————————
e, di seguito, chiude il suo “sproloquio” degnamente
con una cosa che cantava da ragazzo a due voci,
alle feste popolari, con Rosa Balistreri:
Nn’arrubbaru lu suli, lu suli / C’han rubato ‘l sole, il sole…
breve pausa, un respiro, un parlato:
Volevo bene a Rosa e…
a cantare andavamo in due sulla Lambretta
per risparmiare
Ci offrivano una pizza e ventimila lire in due
Dico dieci euro di adesso
Cinque per la benzina ed i restanti cinque…
erano il guadagno da spartire,
due euro e mezzo ciascuno…
Una miseria
e, ricordato questo, da capo ricomincia il canto:

Nn’arrubbaru lu suli, lu suli / C’han rubato il sole…
Nni lassàru a lu scuru / Ci han lasciato al buio
Chi scuru! / Che bbuio!
Sicilia chianci! / Sicilia piangi !

sei
Chiuso lo “sproloquio”,
provocatorio ma illuminante oltre le righe,
il cantastorie – inghiottendo l’amaro bolo e cambiando tono –
mette in atto, come passo cerimoniale obbligato, una fase conciliante:
Talà piccio’, mi pigghià accussì, mi vìnni di sfuàri…
ma pi’ ora finèmula ccà!
Scusàtimi s’esaggeravi… ma lassamu pèrdiri, p’accamòra!
Nun vi vògghiu ‘mpedìri la parola,
ma nni parlàmu appressu…
si vvuliti, ddoppu la musica…
—————————————
Arristati tutti ccà n’atra mezzùra
pi’ scanciàrini quattru parola,
tri ssaluta… e mmacari du’ abbrazza!
Ora però nn’am’a ddivèrtiri,
s’av’a scialari, nn’amu… a arricriari!
in approvazione, giustamente qualcuno dal pubblico grida:
Allora vai!
Veru è! Vìnnimu ccà pi cchìssu!
Siamo qui pper questo, mi’a pe’ lletià!
Accuminciamu, vah, prima chi nni lu scurdàmu !
incoraggiato, il cantastorie non esita:
Accuminciamu… e accuminciamu allegru veru…
cu la canzuna di la motocicretta…
chi avìa io, quannu travagghiava ‘n Tràpani, pi’ Tteleriroccu…

e, dopo un profondo sospiro, pacato aggiunge:
un periodo davvero felice, pieno di musica, di bellezza, di eros
e, immediatamente, guarda in faccia tutti e chiede:
Mi lu fati lu coru, piccio’, tutti ‘nzemmula ?
E’ ffàcili e nnun c’è nnenti di ‘nzignàrisi !
Lu coru… è sulu ccà… quannu fazzu…
“bba bba, bbabbàbba bbabbàbba, babbàba babbàje”
——————————————–
Wow!
“bba bba, bbabbàbba bbabbàbba, babbàba babbà”
comu ‘nna motocicrètta,”bba bba, bbabbàbba babbàbba…
Avevo la moto, dico davvero, quando la scrissi!
Ti racconto tutto, se vuoi…
Amunì, acchiana!
Acchiàna darrè… monta dietro…
tènit fort!
e comincia a suonare e cantare:
“bba bba bba bba bba…
Questo è solo un messaggio rapido
che vi voglio comunicare
destinato unicamente
a chi ha orecchi per ascoltare
In natura non manca niente
tutto è bello dai monti al mare
e ho trovato una casa a Trapani
per dipingere e riposare
“bba bba bba bba bba…
…bba bba babbàbba…
In natura non manca niente
tutto è bello dai monti al mare
e ho trovato una casa a Trapani
per dipiiiiiiiiiingere e riiiposaare
iiil telefono per le chiamate
ed un ford per transitare
una spiaggia isolata a Cìnisi
e una moto da svalvolaaaare
“bba bba bba bba bba…
————————————-
C’è la nave che porta a Tunisi
ch’è davanti dilà dal mare
L’aliscafo porta alle isole
se vuoi stàrtene lì a sguazzare
C’è una strada che porta ad Erice
se hai bisogno di spaziare
e una belva dagli occhi màgici
che ti sbrana, se torni al mare
“bba bba, bba bba bba, babbàbba, babbàbba…
(ad libitum)

sette
Terminato il brano, il cantastorie e l’eventuale strimpellatore
di scatto guardano verso la provenienza di una improvvisa melodia al pianoforte e, vicino al palco, scoprono in un angolo della sala, a destra,
(in una nuova separata bolla di luce che si accende lentamente),
un pianoforte con un fiasco di vino e un bicchiere poggiati sopra
ed un tale di spalle seduto al piano che, accompagnandosi
(uno sgabello vuoto pare attendere l’eventuale strimpellatore),
si distrugge cantando un lancinante “rìcciolo amoroso”:
Ho appeso, / a un chiodo, / il ricordo, / che ho di te
è aaacqua / passata / ormaaaaai,
ma… stasera / ti scrivo…
Ci ripenso /e, all’improvviso, / mi / di / co / di / no
Perchè? /Perchèeeeeeeeee…
ho appeso, / a un chiodo, / il ricordo, / che ho di te
è aaacqua / passata / ormaaaai…
Stupendo “ricciolo amoroso” dello scomparso pisano maestro Baccetti
che, nostro deliziatore, cantava la sera al grottino di via san francesco
quando il mondo era meno sfizioso di ora ed il grottino una vera osteria popolata dai tempi che ci cantò pietro gori di musicisti poeti e pittori
anarchici sciantose scrittori ubriaconi menestrelli cocchieri e cantòri
Restano a Pisa ancora tali – lieti posti di ristoro dove entri solo quando vuoi ma, sempre, incontri live arte e cultura – il Montino, da Stelio,
da Stefano, la Tana, il Santomobono, il Mani’omio, la Mescita sotto il Voltino, la Svolta, il Campàno, in centro, ed altre poche più distanti, come da Antonietta su via Santamaria davanti a Torre e Duomo,
dove puoi parlare o cantare senza soffrire per un’altra musica
sparàtati alle spalle, sottofondo, con garbo o a tavoletta
Alla fine del “rìcciolo” cantato dal pianista,
cantastorie e strimpellatore si muovono verso di lui
ma di nuovo si arrestano quando egli, ora in piedi,
tra sè, a voce alta, d’improvviso, esclama:
però sse… se avessi avuuto da vestìiimmi bene…
e qqualche sooldo in piiiiù…
magari la stoooria non sarebbe finiiiita, e ooora…
non dice altro, di scatto si risiede al piano e subito canta
un’altra – significativa – canzone d’epoca:
se potessi avere mille lire al mese
Il cantastorie e l’eventuale strimpellatore si avvicinano,
si fermano alla sinistra del pianista romantico canterino,
lo ascoltano senza interrompere,
quando il pianista tace lo strimpellatore si siede sullo sgabellino libero,
il cantastorie resta invece in piedi e, amichevolmente ma fermamente,
lo apostrofa così:
Non mi vedevi ma tti stavo a ssentì, Maestro, mentre ‘antavi…
Ti guardavo, mentre guardavi la tastiera…
Belle ‘anzoni… ‘anzoni d’èpo’a… romanti’e ‘ome ssei te!
Ir probrema è cche cchi ssi lamenta ‘nvecchia e, te lo devo di’,
dacch’è tt’è ffinita la storia ‘olla bella tipa…
son mesi ‘e tti fai ttroppe seghe mentali !
Ar cuore non si ‘omànda, ll’hai ‘apìto, bimbo ?
Bisogna batte ‘r ferro ‘n fin ch’è ccardo,
poi lascià pperde… riposassi…
e gguardàssi ‘ntorno!
Ll’amore non dipende dalla rajoooone…
…ma dall’istinto, ll’hai ‘apito o nnò ?!
Ar cuore non si ‘omanda…
e ssicchè è ‘nutile tu stia a torturàtti a mesi co’ rajonamenti
fra ttastiera e ffiasco e – facend’i corn – fra tteatro e ‘spedale
Ti piacciano le ‘anzoni d’èpo’a?
Okkèi, ma allora scègnine varcuna allegra,
magari arrapante, affascinante…
o ccomunque ‘ntuziasmante, ‘ncoraggiante…
che ssia ‘nzomma ri’ostituente,
e nnò ccodeste ‘e ccantavi, da ffàtti vvenì ll’ezaurimento
…’on tutti ve’ rajonamenti!
tace pensoso un secondo, poi s’illumina e – ora addolcito – propone:
Faccio un esempio, se ppermetti…
(silenzio, senza risposta)
Si addolcisce:
Dai, Maestro, scusami…
magari sbaglio… ezàjero, ma a ffin di bene, lo sai
Dai, dammi un La… M’accompagni?
e, ricevuto un La dal pianista romantico, da lui accompagnato, canta:
la vie en rose
(trad. dal francese:)
Quando lui mi prende tra le braccia
e mi parla così basso, vedo la vita rosa
Mi dice parole d’amore,
parole di tutti i giorni,
e mi succede qualcosa
E’ entrato nel mio cuore
una sorta di benessere
di cui so il perchè
Io per lui, lui per me, nella vita
L’ha promesso, l’ha giurato, sulla vita…
e da quando lo so,
sento il mio cuore che batte
e dopo (dopo l’inevitabile applauso) afferma:
ora vesta… si… la vie en rose… la’antava lei, la grande Piaf,
sicchè… deh, è ffacile ‘e ggarbi, ‘un è mi’a merito mio…
ma ‘ndrèbbe bbene anco roba più lleggera, sempre d’èpo’a…
ma ppositiva, tipo…
e dopo un attimo, come avesse attinto ad una memoria aggiuntiva,
si lancia improvviso, con il pianista che a fatica trova gli accordi,
a cantare strofa e ritornello:
oh ma quanto è bello andar sulla carrozzella
sulla carrozzella sotto braccio alla mia bella!

otto
Bella eh?
esclama il cantastorie al pianista a fine canto e, per salutarlo, aggiunge:
Ma ora devo ‘ndà, che ‘ncomincia lo spettà’olo
Dàmmi retta, maestro, divertiti, ‘un ti fà sseghe mentali,
prendi la palla ar bàrzo, quando c’è
E nnon ti lamentà… ‘n zenò ‘nvecchi di più…
‘e ggià ccosì nnon zei più un bimbo !

Lasciando il pianista romantico
e l’eventuale strimpellatore in un clima amichevole,
il cantastorie – mentre si spenge la luce che illuminava il pianista –
si dirige, illuminato dal faro mobile, verso la scala del palco e…
quando sta per salire, incontra, su un gradino davanti ai suoi occhi,
un pacco di fotocopie con il testo di una canzone
———————————
(è il testo del primo inno armonista, “questo mondo”,
composto nel ’91 a quattro mani con Antonino Barbera
di Menfi, mio maestro in ritmica berbero-mediterranea)
Si blocca e poi, senza voltarsi, si libera della chitarra acustica appoggiandola a destra della scala e, con le mani ora libere,
solleva il pacco di fotocopie e lo porta a sè verso il petto
Poi, sempre di spalle, guarda in alto e borbotta tra sè ad alta voce:
E mmenomale… boia deh…
justamente, ‘nzennò mme lo sarei bell’ e rri’ordato!
Vando s’è ppreparato ll’addobbo l’avo lasciati apposta vì
pe’ rriordàmmi, ar momento justo…
e voltandosi ora lentamente verso il pubblico fa una piccola sosta
di profilo, sempre guardando al cielo, e dopo un sospiro, cantilenando:
di proporre un coro, prima di ‘ndà ssur parco…
prende fiato, abbassa gli occhi, gira lento mirando alla platea,
cambia tono e, adesso, fermo faccia al pubblico,
amichevole ma preciso – deve essere ufficiale – prosegue:
okkei… mi stavo pe’ ddimentià… scusate…
e, in perfetto italiano:
stavo per dimenticare, che a questo punto,
prima di salire sul palco…
ma subito torna al vernacolo
(ritenendolo più confidenziale e coinvolgente):
…ci sarebbe un ber coro,
da ffà ttutti ‘nzieme ‘ompagnia e ppubbli’o!
e, a scanzo di dubbi, si scioglie:
E nnon è ppe’ sfatà la segata della
“…frattura, ovvero separazione tra artisti e pubblico” eccètra,
‘e nnon ce ne frega nulla… perchè nnon riguarda noi del living
ma ccaso mai velli der teatro finto, ir teatro borghese,
dove un attore… roba da bbimbetti!…
‘nvece d’èsse sciamani’amente sè stesso,
———————————
sempricemente ar posto justo ner momento justo,
deve fa ffinta d’èsse nnapoleone o qquarcos’arto che nnon è…
Roba c’ora va bbene ar massimo pe’ Ccarnevale, pe ffà rride,
oppure – sì, questo sì – ppe’ ffa lli scherzi paurosi,
ll’apparizzione de’ fantasmi co’ travestimenti fra bbimbetti,
tra lle zzucche scavate ‘oll’occhi e lle ‘andele accese dentro,
e ddorci de’ parenti e dde’ vicini di ‘asa, e ccanti…
e strìlli pe’ pipistrélli ne’ ‘apèlli, la sera d’Ognissanti!
Frattura tra artisti e… ppùbbi’o… ‘e ggaso mai – lo vedete –
ll’averèi jà sfatata entrando dar fondo della sala,
pe’ ccantà e pparlà ccon voi ‘ome ssempre si fa pe’ strada,
‘nvece d’apparì ssur parco, ‘oll’appràuzi, fra ‘n’antra mezzora, facendovi ‘ntanto ‘aspettà, pe’ ddàmmi ‘mportanza…
e vvoi, vì, poveracci,
a ggrattàvvi ll’ovàie e a spaccavvi lli zzibìbbi!
si blocca e subito, guardando alto e distante, tornato ‘serio’ dichiara:
Di questo coro, di noi tutti,
insieme compagnia e pubblico,
il motivo vero ve lo dico io…
si interrompe, ridacchia forte ma come tra sè, e aggiunge:
…ve lo dico io, ma… fra un attimo…
perchè pprima c’è dda ddistribuì ‘r testo
e dirigendosi con la risma dei fogli in mano verso la gente, cambiando tono chiede, a bassa voce, metallico:
Voi della prima fila… dico solo a qquelli più ggiovani…
Ce la date una mano a ddistribuì qquesti fogli
cor testo della ‘anzone da ccantà ?
Un foglio per uno a tutti quelli che stasera son quì con noi…
e, dopo un istante, ancora più incalzante aggiunge:
Se vvolete aiutà… movetevi, ragazzi,
‘nsenno qquì…
da ssolo ci metto mezzora!
—————————————————–
9
Dalla prima fila si alzano allora i più giovani e, d’incanto,
dimenticato sacramento essèno di effettiva comunione,
in perfetto silenzio, lentissimamente, a passi felpati,
culetto abbassato di tre dita (innesco tai chi sulla spina dorsale),
a testa alta raggiungono il cantastorie davanti al palco,
ricevono da lui una parte delle copie con il testo e,
in perfetto silenzio, lentissimamente, a passi felpati,
culetto abbassato di tre dita (innesco tai chi sulla spina dorsale),
a testa alta distribuiscono, mentre la loro kundalìni si erge,
il testo del primo inno del movimento armonista
Mentre in sala accade questo…
misteriosamente,
al centro del palcoscenico,
nel buio,
lentamente nasce e cresce una bolla di luce,
e nella luce appare infine netto,
splendente ed immobile,
uno straordinario insieme di silenziosi strumenti musicali,
muta composizione di sorgenti sonore
come apparato cerimoniale,
altare spazio temporale
atto a celebrare il rito creatore della timbrica armonia,
tra l’alba e l’aurora
dopo la purificazione
manca solo il celebrante
il Sacerdote del Suono
praticante taoista sciamano siberiano
buddista tibetano avatar shivaita indiano
stregone bèrbero africano indio
centroamericano lakota eschimese
spirito liberato e libero liberatore
l’unico celebrante capace di timbricamente evocare
anche per lui ogni volta imprevisti
ed a noi tutti sconosciuti
paradisi e inferni
in forma di universi sonori,
da lui subito, in tempo reale, magistralmente resi canonici
—————————-
“in principio erat verbo et verbo erat deo”, dice la bibbia,
“all’inizio ci fu il sono e quel suono era dio stesso”
dicono i rotoli di abinavagupta della setta trikka shivaita del kashmir
Secondo loro la Sh sànscrita è cifra sacra per eccellenza,
(dalla cui radice indeoeuropea verrebbero i sassoni shock e show,
il franco charmant, il mediterraneo scialàre, l’italico splèndere, etc,)
Praticamente, dicono, Shhhhh è il suono…
che Shiva produce passando dalla sua eterna realtà,
il Pàramashiva oltre la materia, per cui ai nostri occhi inconoscibile,
per interagire con tutte le creature
dell’intero universo materiale da lui creato
Meditavate su questo, seduti in sala,
davanti a quell’altare di strumenti muti,
mentre i ragazzi taoisti distribuiscono a tutti il testo dell’inno?
O pensate ad altro, scorrendo a fatica nella penombra
il testo del primo inno armonista, appena ricevuto,
o il copione di Just Love che qualcuno di voi ha preso all’ingresso?
Beh… anyway… ora svegliatevi, perchè…
(tutta la company, in un improvviso scoppio di voci all’unìsono:)
sta arrivando!
(voce singola, dal pubblio:)
Sta arrivando… chi?
(tutta la company, non un coro ma un aggregato di voci,
in contemporanea ognuna la frase che ha scelto:)
sei svanito?
ma come chi?!
Il Sacerdote del Suono, stai dormendo?!
Eccolo, guarda, è già sul palco!
Guarda! Ti dico… Lo vedi?
E’ ancora fuori luce, ma si avvicina…
Eccolo, infatti,
ormai a pochi metri
dal suo altare spazio temporale
dal suo apparato cerimoniale
dai suoi strumenti evocativi
dal suo miracolo creatore
Sta cantando? Si e no… come dire?
Cantìcchia tra sè… la prioritaria sacra cantilena di purificazione
alternando a scatti piccoli salti e lenti passi
con in mano il suo scettro piumato
emanante lo scroscio dei ruscelli
Sosta un attimo in concentrazione adorazione contemplazione
davanti alla magica sfera di luce e, poi,
varca la superfice della bolla luminosa e vi entra ed ora, illuminatissimo, saluta gli strumenti
carezzandoli con il suo scettro di piume e poi,
emanata con un largo gesto un’ultima frescura di ruscello,
lascia lo scettro e, con le mani, la bocca, il corpo, il moto, il respiro,
inizia a carezzare gli strumenti,
ad amarli ricavandone suoni
Lucido e fluido,
assente ma presente, presentissimo,
rapido e lento,
imprevisto ed imprevedibile,
docile e vigile, serio e sorridente,
vibrante di tempi e risuonante di timbri,
splendente di mistero sciamanico,
avaro di verbi e ricco di doni,
il Sacerdote del Suono àttua il miracolo creativo,
la Timbrica Armonia
(ad libitum, o almeno finchè ognuno non avrà avuto il foglio con il testo e tutti i giovani distributori del foglio non saranno tornati
– sempre in silenzio, il culetto abbassato tre dita e a testa alta –
ai loro posti di prima fila,
per sedersi e restare lucidi e fluidi, tranquilli e pronti

7
Ora, il cantastorie spiega… o, meglio,
Ora il cantastorie, finalmente spiega:
di vesto coro ‘e ssi vorrebbe fà, tutti ‘ nzieme,
a qquesto punto della festa, è ccheee…
Lo ‘apite subito, appena lleggète ‘r testo…
…è cche ssi tratta d’un inno, anco se ‘n foma di filastrocca,
un manifesto,
‘ome ddì? un proclama?, ‘nzomma…
una presa di posizione ‘ulturale ‘ollettiva,
un MANIFESTO ARMONISTA, si potrebbe dì,
la procramazione artisti’a del diritto di tutti
al rispetto, alla libertà e alla felicità
con un gran repiro sta stiracchiandosi,
ma all’improvviso si blocca e aggiunge:
E ggomunque…
siccome pe’ fforza ‘un vien bene neanco ll’aceto,
date un’occhiata ar foglio e
– solamente se ssiete ‘oncordi ‘on quell’e dice –
man mano che vvi ‘onvincete…
arzatevi e cantate!
e, in tono di confidenza:
Si ‘anta meglio ‘n piedi, c’è ppiù fforza nner respiro!
poi rialza il tono:
Dai, su, è facile… e ppo’, cor foglio ‘n mano,
non c’è rrischio di sbaglià lle parole o ddi scordàssele
ed ora, volutamente, con tono recitativamente infastidito,
chiede polemicamente:
Ci sièteeee? Si pròoova?
e senza attendere risposta, raccolta la chitarra, attacca subito a cantare:
questo mon…
Sarebbe scaturito un coro bellissimo…
ma dall’ingresso, in quel momento,
irrompe in sala la parade del circo bidoncino,
figlio putativo del circo bidone, tanti giovani artisti, in fila indiana,
in gioioso corteo che – sferragliando e cantando – fa voltare tutti, interrompendo in partenza il tentativo di coro
Anche il faro mobile si volge infatti ora, curioso,
a illuminare la parade dei circensi e, per farlo,
abbandona la scena precedente e si sposta lentamente verso l’ingresso seguendo il Sacerdote del Suono che, sceso dal palco,
si dirige in the tai chi way verso il gruppo circense
che subito si blocca sull’ingresso, vedendolo,
e subito smette di agitarsi e sferragliare
facendogli semicerchio attorno al suo arrivo
senza coprirlo al pubblico
quando li rangeggiuge e conconsegna, con un sorriso benevolo,
il palo de lluvia ad Anita,
la più giovane in parade tra i circensi
L’interruzione del tentativo di coro è,
così, aniway accettata da tutti,
stupefatti dalla insolita immagine circense
riguardo a trucco e vesti, oggetti, gesti e canto,
il tutto in un ritmico procedere della parade,
che ora riprende a muoversi ma non più sferragliando,
seguendo il tempo scandito da una fila di filastrocche,
da tutti loro cantate e, per certo,
dall’infanzia all’adolescenza loro ludiche compagne:
fra martino campanaro
farfallina bella e bianca
son trecento cavalieri
viva viva la pappa…
finchè la “fila di filastrocche” chiude con la magnifica fiaba d’amore
di “un certo Pasqualino, pescatore”, scritta dal grande scomparso cantastorie mediterraneo Domenico Modugno
Giunto infatti l’affascinante corteo,
dopo un movimentato giro attorno al pubblico
(con Oli Ann Kapp ad aprire con la danza del ventre,
seguita dai percussionisti Samu, Quentin, Umberto, Adri e Chiara,
poi da Anita che procede al centro della parade da vera principessa,
l’unica che lentamente guarda in giro sorridente al pubblico,
l’unica che avanza senza oscillare al ritmo e si cura anzi d’avvolgerlo
in scrosci regolari con il palo de lluvia che tiene come scettro,
e, a seguire, i danzatori coristi e musici della company
Justin, Vitty e “le altre”, Angelo, Fabio, Mattia, Andrea mo, Andrea po, ed infine Aurora, la Divina Giocoliera, a chiudere la parade,
nel ciclico rito della luce boreale
con il suo sacro splendente turìbolo

esattamente al centro della sala,
i circensi si bloccano
e si accovacciano attorno alla più giovane di loro,
la leggiadra Anita,
che, in piedi, canta:
un certo pasqualino pescatore
rivelandosi voce protagonista del circo,
quella che inizia ogni brano e gli altri circensi fanno coro
(spero anche il pubblico, almeno nei ritornelli, sennò davvero mavàffa)
Dopo l’ultima strofa, all’inizio del ritornello finale
tutti i circensi si rialzano in piedi e, con una breve parade,
ripetendo il ritornello di Pasqualino in coro, giungono davanti al palco
e si pongono tutti schierati, faccia al pubblico,
(la danzatrice Oli Ann Kap a destra, sul tappeto accanto al pianoforte,
con accanto tutti i percussionisti, mentre la prima a sinistra
sul tappeto opposto è la Divina Giocoliera, con accanto gli altri musici)
e, al centro, chi?
La splendente Anita !

8
E’ così che il faro mobile, che ha fin qui seguito i circensi,
illuminandoli fermi davanti al palco fa di nuovo luce
anche sul cantastorie che, seduto su un gradino della scala,
sorridente, fa un inchino alla giovane cantante circense,
le offre il microfono e la possibilità di cantare:
se ne hai voglia puoi cantare qualche altra cosa,
visto che sei bravissima
La giovane ringrazia con un gesto del capo e, timidamente, dice:
sei gentile, sarei lieta di farti contento…
mi piace cantare… ma ora, presa alla sprovvista,
non saprei neppure scegliere cosa…
e pare così sottrarsi alla buona occasione, ma l’altro incalza:
Okkei, ti capisco, ma forse ti posso aiutare…
Un mio amico, un giornalista, che mi ha avvicinato,
poco fa quando vi ha visto… traboccare nella sala, e dice che… hai cantato con il vostro Circo Bidoncino fin da piccola
e poi, a sei anni, hai inciso “S’av’a scialari” con i Tribal Karma e, verso gli otto o i nove… ti sei messa a scrivere canzoni ! Ma… è stupendo!
Ora ti chiedo due cose importanti
E’ vero? E, se è vero…
ce ne fai sentire un paio?
Tieni il microfono
e lei, imbarazzata ma sincera, sorridente:
E’ vero, ne ho scritta qualcuna…
ed un paio, che mi piacciono di più,
“avere un amico” e “ragazzi & pupazzi”,
sarebbero quasi pronte, diciamo cantabili…
Ma ora, qui, accompagnata da voi senza provare…
mi sento insicura… ed il risultato, credo,
sarebbe una delusione per voi ed un fiasco per me…
Quindi meglio di no, capisci?
Quando uscirà il mio primo disco, “Arricriàmuni”,
magari… facciamo una serata apposta…
Non aggiungendo altro,
con un sorriso inizia a voltarsi per tornare faccia al publico
Crede di congedarsi, ma il cantastorie, ora di fatto conduttore,
sorprendendo persino sè stesso gioca l’ultima carta che può,
uscitagli per caso da un polsino, davvero provvidenziale:
Fa come vuoi, ma…
e, dopo breve pausa, continua
e, in effetti, dal polsino gli esce un bel ma:
Ma…
ora che tutti sanno che non le abbiamo provate…
quindi non possiamo accompagnarti con la band,
sarebbe singolare… piacerebbe a tutti…
ascoltare, nel silenzio, in assoluta anteprima,
l’autrice stessa modularne il testo con un filo di voce
per farci conoscere, intanto, la loro melodia…
Se ce le cantassi così, semplicemente,
solo la voce, come fosse tra te mentre le componevi…
ce le farai conoscere davvero amichevolmente,
e sarà per noi tutti noi un onore grandisimo
Che male c’è?
Ricordando questa serata…
le riascolteremo più volentieri, le tue canzoni,
quando pubblicherai “Arricriàmuni”
Ora è una cosa affettosa, una piccola anteprima tra amici,
mica siamo a sanremo…
e Anita, che da un po’ ha il microfono senza quasi usarlo,
ci accosta un momento la bocca giusto per dire:
Ok… ragazzi, solo la voce ma… mi date un La?
e, dopo l’inevitabile ovazione del pubblico alle sue parole,
ovazione per lei incoraggiante, fortificante,
con un filo di voce prezioso e naturalissimo
canta i suoi due freschi brani:
avere un amico
ragazzi & pupazzi
al termine del secondo brano, durante l’applauso,
si volta verso il cantastorie ora conduttore e, sorridendo,
gli restituisce il microfono e può, finalmente libera,
voltandosi di nuovo faccia al pubblico come gli altri

9
E’ a questo punto
che il cantastorie può alzarsi in piedi,
inbracciare la chitarra e, finalmente, iniziare l’inno armonista
– prima pian pianino, poi alzando pian pianino il volume –
in piedi faccia al pubblico, accanto ad Anita,
al centro dei circensi e degli ex spettatori della prima fila,
poi divenuti distributori taoisti di fotocopie ed ora, d’incanto,
coristi ed in seguito saranno, ancora per un’ora, provetti musicisti, attori, ballerini, poeti, coppieri, lucisti, costumisti, truccatori, scenografi, attrezzisti, suggeritori, aiuto sceneggiatori, aiuto registi…
Con un lentissimo movimento rotatorio del capo,
canta guardando negli occhi una per una le persone della prima fila, poi, per guardare negli occhi tutti, lascia Anita e canta ogni volta da capo l’inno ovunque, in sala, finchè non vede ognuno, in piedi, cantare:
questo mondo
testo:
1) “Questo mondo
deve splendere di gioia
profumare di poesia
rifiorire di bontà
2) “Questo mondo
deve darci quelle cose
di cui tutti hanno bisogno
come pace e dignità
3) “Questo mondo,
ispirato dagli artisti
per la gioia dei bambini
delle mamme ed i papà
4) “Questo mondo,
proprio questo non un altro,
deve darci la pienezza
della nostra umanità
Ogni volta alla fine del testo il cantastorie torna da capo a cantarlo affinchè tutti possano gradualmente convincersi, superare l’imbarazzo, alzarsi in piedi per repirare meglio, unirsi al coro
I primi saranno i giovani alzatisi dalla prima fila a distribuire il testo e rimasti in piedi con le spalle al palco, di fronte al pubblico,
con una copia ciascuno dell’inno tra le mani
Restano accese le luci di sala ed il faro mobile che illumina il cantastorie
Alla fine del coro il cantastorie espone un sorrisone stampato,
‘alla ruggero orlando’, mentre con lo sguardo contento scorre una per una tutte le file del pubblico, una per una tutte le persone, poi si volta e, riappoggiata la chitarra acustica a destra della scala, saluta tutti con una sola sbraccciata e sale i gradini che lo separano dal palcoscenico

10
Appena il cantastorie mette piede sul palco si spengono le luci di sala ed anche il faro mobile che lo perseguita, contemporaneamente sul palco, a sinistra, si illumina l’impianto del karaokista diggei mentre lo schermo gigante, fin qui anonimamente sospeso al centro,
ora lampeggia reclamando attenzione
Inizia così la bolla luminosa del karaokista diggei, che racchiude dialogo tra attori e canti ed azione in sincronia, ed è qui che,
spudoratamente, il cantastorie,
nella penombra al margine della bolla luminosa,
mentre dialoga con il superilluminato karaokista…
si spoglia tranquillamente delle vesti
(coppola, parrucca, finta barba, giaccone, camicione, pancia di ovatta)
che hanno fin qui caratterizzato la sua figura tradizionale
e si rivela più attraente di quanto ci si sarebbe aspettato
Naturalmente
(per natura animale, con inconsapevole naturalezza),
spogliandosi d’istinto del superfluo vestiario a causa del caldo,
mentre conversa con l’altro,
ecco che d’incanto,
in una lenta manciata di secondi,
senza saperlo, tantomeno razionalmente volerlo,
lo story teller si trasforma nel cantante pop di cui c’era bisogno,
nella rock star capace di misurarsi con Lady Gaga, di provare a colmare un po’ del dispiacere di noi tutti per l’assenza di Prince, David il Marziano, Dario Fo e Leonard Coen partiti per un viaggio galattico,
di far chiudere sanremo per la vergogna che ha prodotto negli anni e, finalmente, di pensionare in un sol colpo Old Madonna e Bluff Ligabue
Questa è l’azione,
ditemi se è poco,
solo mentalmente filmata e che ora,
come in moviola,
portiamo indietro e riguardiamo in dettaglio,
da copione, ovviamente work in progress,
con testi e note e schede
Vediamo, dunque, ora in dettaglio:
Salito sul palco e vedendo il karaokista diggèi, di spalle,
(illuminatissimo mentre armeggia tra i fili del suo impianto),
il cantastorie – sorprendendolo – gli lancia, allegro, un saluto:
“Ciao Marcello! Pronto al pezzo?
il karaokista, sorpreso, voltandosi risponde in maniera un po’ tesa:
“Oh Pino, o cche vvoi? T’àvo detto venivo e sson qui…
Sono Marcello e sse ddi’o ‘na ‘osa… la faccio
poi, subito rendendosi conto della propria emozione deviante,
frena, cambia spontaneamente registro ed è cordiale:
Scusa Pino caro, anzi ciao,
m’hai beccato a sorpresa e…
ma llo sai ‘e tti voglio bene
Ero ‘ntrippato ner controllo de’ cavi ma sson pronto
Ho sistemato ora ll’urtimo jècche che stava a sfrigolà…
Quando te vvoi, Pino, si parte…
e poi, sorridendo, un po’ titubante, aggiunge:
Ma vvisto ‘eri ami’o di Fabrizio, perchè a qquesto punto, proprio all’inizio dello sho’, ‘un ci si mette anco una delle sue?
Io, siccome mi garba un casino, ho pportato la scheda cor testo per karaoke dell’amore perduto, “Riòrdiiiiiii, sbocciavan lle viooole…”, di De Andrè e ccosì, se ssi fa, la jente legge nello schermo e lla pole ‘antà ssenza sbaglià lle parole…
Mi garberebbe un casino!
Guando ‘anti te qquella lì…
lo sai mi sembra davvero di sentì Fabrizio?!
il cantastorie, mentre in ombra si sveste per il caldo, cambiando look:
E ci ‘redo Marcello, ti sembra di sentilla uguale perché qquella me l’ha ‘nzegnata proprio lui di persona… Garbava un casino anco a me, gni dissi ‘e lla volevo ‘mparà… e lui me la ‘antava nell’orecchi e sse sbagliavo ‘n accordo mi ‘iappava la mano e me la ‘nchiodava ‘on la sua sur tasto justo…

Sarà pper via ‘e sson duro e llui me la dovette ‘antà ttante vorte prima ‘e lla ‘mparassi…
‘e mm’è ‘ntrata nner ceppi’one guazi ‘ome lla faceva lui…
Boia deh… Fabrizio! Mi vien da ppiange, Marcello…
E’ proprio vero che qquanto vàrgano le persone…
ci si rende ‘onto solo guando ‘un ci son più!
il karaokista, dispiaciuto:
E’ vvero, Pino… scusami,
non ti volevo fà emozzionà proprio ora
‘e ssi deve ‘ncomincià llo sciò…
E sse ll’idea non ti ‘ndesse bene… ho ggomunque pronta la scheda ‘or testo di vella ‘e ll’artro jorno s’era detto di mette… vella di… ‘oso, ch’è mmorto anco lui… o ccome ssi chiama… ah, sì, “Guarda che luna” di Freddy Buscaglione…
Hai visto, Pino, me lo son ri’ordato? E ora mi son riordato ‘e tti volevo di’ cche sse’ondo me cci starebbe bene anco
“Mi sono ‘nnamorato di te” di Luiji Tenco…
se tti va bbene ho pportato la scheda anco di vella,
ma ddecidi te
(e qui cambia di nuovo voce, irritato e dispiaciuto):
E ddopo, per me
– dopo un’ora a bbestia solo per montà ll’impianto –
in du’ menuti di karaoke ‘on te…
ho bbell’e ffinito la mi’ parte!
Te vai avanti ccoll’arti e io… posso ‘ndà ffori a bbe’ un ponce alla livornese o sta ttutto ‘r tempo ‘n pratèa a ffa ll’appràuzi!
cantastorie:
Non ti scusà ddi nulla, Marcello!
Gaso mai ti devo io ringrazzià, perchè ll’idea è bbona…
E ssai ‘osa si fa ?
Si fanno tutt’e ttre, prima vella di Fabrizio,
poi vella di Tenco e ppoi anco vella di Freddy !
Son morti tutt’e ttre,
eran tutt’e ttre grandissimi ‘antastorie amici nostri,
e nnoi, a qquesto punto, Marcello,
si fa omaggio a ttutt’e ttre ccor karaoke
‘nzieme ar pùbbri’o!
Sei d’accordo?
A Fabrizio, che dell’amore ccapì tutto prima di noi,
a Tenco, che ccapì ttutto troppo ‘n fretta e nnon rèsse,
a Freddy, ‘e capì e ‘ndò ssubit’a schiantassi ‘oll’atumòbile,
In più,
detto tra nnoi, Marcello,
faccio omaggio a tte,
che mmenomale armeno te sse’ vivo e ssei bravo…
e, tipo ora, mi dai le idèe juste ar momento justo!
Fatte veste tre ccon te ar karaoke…
dopo la terza, Guarda che luna, vella di Freddy Buscaglione,
ti lascio e vvado ar centro scena, prendo la gybson
e faccio “Ma sse qquesto è ll’Amore…”,
che piaceva tanto a Ffabrizio, e ppoi c’è il resto…
lo inquadra fisso e dopo un breve silenzio aggiunge:
Da qquer momento, Marcello, vatti a ssedè’n pratea…
ma nnon a bbè pponci, non staccà i fili e stai in campana… perchè appena posso…
ner senzo…
appena sento che è ‘r momento,
ti faccio chiamà ddar pùbbri’o con un appràudzoo…
e ddovrai tornà ar tu’ impianto!
E nno da kkarao’ista ma dda ddiggèi,
e cci fai ballà ttutti!
Capìto?!
piccola pausa e cambia tono, serio:
E ora metti per prima…
la scheda ‘on quella di Fabrizio
e ttieni pronte ll’arte due ‘olle ‘anzoni di Tenco e ddi Freddy…
Ll’hai messa la prima?
Ci sei ?
O vvai!
ed il neo-cantante pop,
assieme al pubblico che legge le parole sullo schermo, canta:
ricordi sbocciavan le viole
mi sono innamorato di te
guarda che luna
poi si riaccende il faro mobile su di lui
che va al centro del boccascena, inbraccia la sua gybson,
si siede sul bordo del palco con i piedi sui gradini della scala
e, rivolto alla sala, canta:
ma se questo è l’amore
fatima e fawzia, due donne
sulla stada di ibiza

otto
Alla fine della canzone sulla strada di ibiza
si spegne il faro mobile che illumina l’ex cantastorie
mutato in cantante pop – che ora si eclissa nel buio –
e sulla destra si illumina una nuova bolla di luce,
quella del poeta geniale
Allampanato,
con conclamati segni di follia gestuale
aggiusta microfono stringendo tra mani
prezioso foglietto con zue pantaerotiche vibrillazioni
Pervettamente in luce, con zuoi riccioli dakota yellow
e zuoi occhiali farfalla monarca molto attraenti,
giacca striminzita e visibili fino a gomito polsini di camicia,
d’un tratto si pietrifica e poi subito esplode
in tre successive sue liriche brevi,
surreali e sorprendenti,
di natura onirico amorosa, tuttora inedite,
destinate a fama clamorosa:
breve lirica uno
breve lirica due
breve lirica tre

nove
Dopo la terza lirica si spegne la bolla di luce sul poeta geniale,
che scompare, e contemporaneamente si illumina sulla sinistra una nuova bolla di luce, vuota, che verrà presto abitata da un santone indiano che giunge cantando a bassa voce tra sè cose sacre,
si ferma al centro della bolla luminosa, stende un suo tappetino,
ci si siede, ispirato canta un mantra potentissimo,
poi si prepara un cilum di ganjia,
lo accende dopo sacre invocazioni,
e beatamente se lo fuma
invocando l’unico dio che lo può ascoltare,
Shiva, il dio della vita e della morte, e dopo,
minuziosamente ripulito il cilum con un safi di seta,
ricomincia a cantare, stavolta a tutta voce, in sànscrito,
un sacro antichissimo omaggio alla divinità,
intesa come perfetta unione di maschile e femminile:

kaliana murti namo namaha namo namaha namo namaha
kiri japati ganga hara hara hara hara namo namaha
kaliana murti namo namaha namo namaha namo namaha
shiva shambo shiva shambo shiva shambo shiva shambo

dieci

Om Shakti & Shanti Sarashvati Maharaga
Sulle ultime sacre sillabe del santone indiano si sente un sitar
suonare e, mentre la bolla di luce si oscura ed il santone scompare,
a destra se ne accende un’altra e vi appare, seduto su un cuscino di fiori al centro di un gande tappeto,
il Suonatore di Sitar
che vola ispirato in un magnifico raga,
accompagnato da un percussionista eccellente

undici
La bolla di luce del suonatore di sitar si smorza assieme alla ultima nota dello strumento e, contemporaneamente, se ne accende un’altra, centrale, in basso, e rivela il vecchio filosofo Sòcrate che, guardando verso il pubblico, si rivolge al giovane Fedro e ad altri amici:
Vi ringrazio, amici…
e sono contento che tu, Fedro, che hai propoposto il tema,
e tutti voi, di solito disputanti,
siate concordi con quanto vi ho appena rivelato
sulla vera natura di Eros…
Meglio sarebbe dire ‘appena riferito’, perchè…
devo dire che non è farina del mio sacco…
Tutto questo, amici,
mi fu rivelato da una donna, Diòtima,
sacerdotessa esperta in materia di Eros e in molte altre cose…
Ero ventenne allora… come te adesso, Fedro…
cambia voce, più intimo, ora:
visto che sei in piedi, vieni a sederti qui vicino, se vuoi,
così non mi affatico gli occhi per cercare di parlarti…
Socrate parlando è andato a sedersi sui gradini più alti della scala,
e Justine, in piedi dietro al pubblico in sala, serenamente si dirige,
nel ruolo di Fedro, verso Socrate e, giunto alla scala,
per ascoltarlo si siede sui gradini in basso
Sedendosi, Fedro è entrato nella sfera di luce che illumina Socrate
Solo ora Socrate lo nota e, guardandolo, riprende il racconto:
Ti dicevo… ah sì… ero ventenne come te adesso, Fedro, quando conobbi Diòtima e, alle sue prime frasi sull’argomento, sorpreso, come te all’inizio quando vi parlavo, di botto le feci… proprio la stessa domanda… la stessa, ti dico, che tu… poco fa hai fatto a me:
“ma… Eros, allora, non è un dio ?!”, le dissi, e lei, Diotima…

12
Diòtima, superilluminata,
appare improvvisa, divinamente decorata e sorridente e,
con suadente dolcezza e magistrale certezza,
risponde a Socrate (scomparso nel buio al suo luminoso apparire):

E chi ti dice, Sòcrate, che Eros sia un dio?
e tutte le donne, subito, improvvisamente illuminate, esclamano:
” E chi ti dice che Eros sia un dio ?! ”
e Socrate,
ricomparso in luce, ora, ma ventenne come quando la incontrò,
sorpreso, dubbioso, dice:
“E’ allora… Eros… un comune mortale ?”
e Diotima:
“Credi esistano, Socrate, solo comuni mortali e dei immortali ?
O sai dello spazio infinito tra gli uni e gli altri,
colmo di angeli e demoni e ninfe… e muse… ?
Animandolo,
tale entità intessono di sè l’universo intero
ed hanno differenti ruoli e conseguenti poteri
Tra questi,
Eros è il più importante e potente”
e, subito, tutte le donne,
improvvisamente di nuovo illuminate, ripetono:
“Eros è il più importante e potente”
Socrate, affascinato ora e più calmo, chiede:
“E per quale motivo, Diotima,
Eros è così importante e potente?
Forse perchè – come dicono poeti e cantòri –
è leggero e dolce, bello, ricco, sapiente…
Diotima:
No, Socrate…
Queste sono affermazioni di poeti minori e pretesi cantòri
che nulla hanno del realismo morale,
seppur preziosamente immaginifico, del grande Omero,
nè della profetica eleganza animale della splendida Saffo…
Tali sciocchezze causano credenze
che nulla dicono sulla vera natura di Eros,
utili solo a digerire banali canti e stucchèvoli commedie…
spacciate per opere d’arte
No, giovane socrate… Che ti piaccia o no,
è bene tu sappia che Eros non è leggero, dolce, bello, ricco…
e nemmeno sapiente !
e tutte le donne (di nuovo improvvisamente illuminate):
Eros non è leggero, dolce, bello, ricco, e nemmeno sapiente !
e Socrate (di getto, ora determinato):
Dimmi tutto allora, o Diotima,
sulla vera natura di Eros e… cosa, della sua natura,
lo rende così importante e potente !
e Diotima, calma, prosegue nell’iniziazione di Socrate:
Proprio perchè, per natura,
mai possiede con completezza queste lodate qualità e,
sempre per natura, fortissimamente le desidera,
Eros è tanto importante e potente da superare
in grandezza ogni altra funzione tra terra e cielo
Come non c’e solo terra e cielo
ma anche tutto il resto che corre tra l’una e l’altro,
Socrate,
come sai c’è pure un infinito ventaglio di stati
tra povertà e ricchezza, brutalità e dolcezza,
bruttezza e bellezza, ignoranza e sapienza,
e… lo sai?
anche tra morte e immortalità!
Ascolta, Socrate caro
Eros desidera, fortissimamente,
dando vita così ad un immenso moto di poteri e saperi
Saldamente radicato in terra e in cielo come è,
collega i desideri dei mortali alla volontà degli dei
Ascolta Socrate,
solo se si è consapevoli di una propria carenza,
si può desiderare di colmarla,
ed Eros,
per la sua perenne carenza di bene e di beni,
desiderando tutto quello che non è e che non ha
è sempre al centro tra il ricco e il povero,
il dolce e il brutale, il bello e il brutto,
l’ignorante e il sapiente, il morente e ll’immortale…

Mai, o curioso ed intelligente Socrate,
Eros si sentirà abbastanza ricco e bello e dolce e sapiente,
meno che mai veramente morirà o sarà immortale
Eros muore ogni volta che per lui non c’è nulla da fare…
e d’incanto rinasce ogni volta che qualcuno, o qualcosa,
può momentaneamente placare
uno o più dei suoi pressanti desideri
Socrate, ventenne, comincia adesso a vedere, a capire,
e – sorpreso dalla visione semplice e cruda della natura dell’eros –
oscilla, preferirebbe rientrare nelle precedenti certezze,
tenta con voce travolta dall’emozione una fuga mentale
Quasi non voglia credere all’evidenza, infatti, protesta:
Non è bello, Eros, e non è ricco nè sapiente,
secondo te…
ma adesso, a tuo dire, è anche privo di valori e di scrupoli…
E’ dunque cattivo Eros !?
e Diotima, immediata e precisa, evitando contrapposizioni sbarra la strada ad inutili deviazioni e, magistralmente, lo fa sorridendo :

“Sono forse cattive, Socrate, la cicogna che mangia una rana,
la volpe che mangia un fagiano, la carpa che mangia un verme?
Non credo tu lo pensi
Si nutrono secondo natura,
giustamente sfuggendo a ogni giudizio
se non quello della naturale selezione
e, serena ma non più sorridente, per concludere l’iniziazione verbale
di Socrate ai misteri di Eros, Diotima magistralmente riassume
e chiarisce e, per farlo, usa una dizione stretta e inscalfibile:
Eros non è una persona,
ora lo sai, prima curioso ed ora sapiente Socrate
Libero da ogni morale,
Eros non segue la ragione ma l’istinto
E’ da lui che procede,
nel desiderio di provare piacere in tutte le cose,
la ricerca del buono e del bello e del giusto
nella vita quotidiana e nell’arte
E, fondamentalmente,
dal suo desiderio di piacere anche fisico
procede l’altrimenti impossibile eternarsi della vita mortale,
che per suo potere si rinnova attraverso la procreazione
Chiude il rito ora, Diotima, e, senza cambiare tono,
gli parla sempre guardandolo,
implicitamente salutandolo, per congedarsi:
Basti questo a fare di Eros,
anche ai tuoi occhi,
o Socrate,
la più importante
tra le entità che animano…
indicando lo spazio con un respiro e lo sguardo e un largo gesto:
lo spazio immenso tra terra e cielo

tredici
Si abbassa, qui, lentissimamente fino al buio,
la bolla di luce preziosa che avvolgeva Diotima
ed il giovane Socrate accovacciato ai suoi piedi
contemporaneamente il faro mobile inizia a scaldarsi
e infine illumina il cantante pop
(seduto ai gradini in basso della scala, con in pugno la sua gybson)
che alzandosi si volta verso il faro ed il pubblico
ed immediatamente inizia a suonare e cantare:
è proprio inutile girare il mondo cercando chi non c’è
E’ a questo punto che alla gybson del cantante pop si aggiungono gradualmente i contributi di altri musicisti che,
ai suoi lati, formano una band che da ora accompagnerà musicalmente tutto il resto dell’evento

quattordici

Nel silenzio dopo l’applauso alla fine del brano, dal fondo della sala improvvisa irrompe la musica riprodotta da un portatile che, entrando, una giovane donna reca in mano, beatamente vocalizzandoci sopra
E’ Polòna, la cantante pop attesa dalla company per contribuire
da protagonista alla seconda parte dello show e che, giunta
appena in tempo per dare al il suo contributo all’evento,
ha scambiato il silenzio dopo l’applauso al brano del cantante pop come un momento di intervallo tra i due versanti del lavoro
(che è invece privo di un effettivo intervallo e di cui la bolla centrale, con
il dialogo tra la sacerdotessa Diotima ed il giovane Socrate, rappresenta
nel tempo il vertice, l’apogèo, il climax tra i due versanti del living show)

Superata la sorpresa dell’irruzione,
lenita dalla non più incerta presenza della attesissima giovane artista,
il cantante pop a mo’ di saluto e plauso le accenna sorridendo
il brandello di una sensuale canzonetta d’epoca:
ma dove vai bellezza in bicicletta ?
tu corri in fretta pedalando con ardor…
le gambe snelle, tornite e belle…
è tanto bello far l’amor !
la cantante pop gli sorride e, canta:
due temi westeast* in inglese
traduzione titoli:
da quando grido quello che penso
siamo semi di nuova esperienza
dopo i due brani cantati dalla ragazza il cantante pop, incantato, si lancia nel tentativo di conquistarle il cuore e le canta:
dimmi dove vai,
dimmi cosa fai,
sù non ti affannare
tanto già lo sai, quello che tu vuoi
così non puoi trovare
vieni se ti va
se ti piace qui
non ci rinunciare
c’è odore del tuo cielo e del tuo mare !
il tuo miele
tra le mie dita
grazie al cielo adesso so che questa è vita!
il tuo miele
tra le mie mani
e non c’è ieri non c’è oggi nè domani
dimmi dove vai,
dimmi cosa fai…

la cantante pop gli si è avvicinata durante il brano, gli sorride rapita dal canto, e lui con un nuovo canto la invita a venirgli più vicina:
mapperdindirindìna
vieni un po’ qua
stammi un po’ più vicina
e la tristezza svanirà
se tu sei la regina
io sarò re
lì tranquillo e beato
accoccolato accanto a te
sarà tutto più bello
anche il cielo più blu
e una stella più grande,
come il sole,
che sei tu
se tu sei la regina
io sarò re
lì tranquillo e beato
accoccolato accanto a te

la cantante pop ed il cantante pop si affiancano e,
leggiadramente, insieme improvvisano in Sol e cantano in coro:
quando viene l’amore
viene zigzagando
e non avverte mai nè come e quando o perchè
ma, se l’amore viene, viene primavera
che quando viene viene e viene tutta intera
e ricantano da capo ancora insieme
mentre chi vuole può associarsi al coro e può
anche ballare tra il palco e la prima fila dei posti a sedere:
quando viene l’amore
viene zigzagando
e non avverte mai…
(ad libitum)
E’ come si fossero fatti una reciproca dichiarazione d’amore
e, felice, il cantante pop – guardando il pubblico per sentirsi approvato nel suo intento di lode alla giovane stella nascente – dedica alla giovane autrice e cantante pop un suo bellissimo pubblico omaggio:
l’affascinante
eccola qua
da questo istante
è nata già
è affascinante
e ci conquista già
da questo istante
per tutta quanta l’eternità
perchè è briosa, spumeggiante,
affascinante, conturbante
s’esce di casa fa girar la testa
a tutta la gente
è affascinante
e ci conquista già
da questo istante
per tutta quanta l’eternità
E la cantante pop, ora gasatissima, torna protagonista cantando:
altri due temi weateast* in inglese
traduzione titoli:
il nostro pianeta è una magnifica nave stellare
proprietà collettiva

Entusiasta, il cantante pop le dedica una propria canzone,
l’unica in cui parla del senso della propria vita:
a che sarà servita
questa mia vita umana
sempre con poca grana
e presto già finita?
a che sarà servita
questa mia voce strana
questa dolcezza vana
e chitarra tra le dita?
forse sarà servita
a quelli che ho incontrato
su di un treno o su un prato
di sera o di mattina
forse sarà servita
a quelli che hanno amato
a quelli che la vita
l’hanno capita prima
son stato loro amico
figlio padre e fratello
talvolta m’han fregato
ma in fondo è stato bello
conoscersi e capirsi
guardare nel destino
arrendersi all’amore
più dolce d’ogni vino
conoscersi e capirsi…

quindici
Siamo al finale
I due protagonisti si abbracciano un momento e poi,
voltandosi di colpo insieme verso il pubblico,
accennano un momento di danza sulla musica del prossimo brano,
già iniziata dalla band, e felici cantano:
sta fiorendo
(secondo inno armonista, composto nel ’91 a quattro mani con il mio maestro di chitarra ritmica berbero-mediterranea Antonino Barbera)
testo:
sta fiorendo nuovarmonìa, vedrai
diversi e perciò utili ci fa
e ci scopriamo amici più che mai
su questa terra piena di ansietà
sta fiorendo nuovarmonia, vedrai
e ci fa tutti utili e diversi
così scopriamo amore anche tra i guai
con la musica e nel cantare versi
sta fiorendo nuovarmonia, vedrai
e ci fa tutti belli e differenti
un mondo ricco di diversità
che renda tutti liberi e contenti
(ad libitum)
Con tutti i suoi componenti impegnati a dare ancora il massimo,
The Living Music Theatre International Company
chiude il suo live suonando e cantando e ballando,
assieme al pubblico, già nel corso del coro
A questo finale momento musicale collettivo dello show
(prima che il pubblico inizi a defluire dalla sala verso la zona ingresso,
dove in uscita ritroverà cibo e bevande e servizi come in entrata e,
in aggiunta, la possiblità di dar luogo ad un prezioso dibattito sporadicamente frazionato ed autogestito sul Just Love, dove i componenti della compan
mantenendo in atto lucidamente i

Marcello, riaccesasi la bolla di luce che fa splendere il suo impianto,
è sul palco, stavolta in veste di diggei, e sullo scemàre del coro collettivo finale di “sta fiorendo” immediatamente fornisce a tutti la base su cui
—————————————–
Just Love
a live show on the real nature of the eros
schede di corredo documentale

immersione !

detti popolari
(elenco incompleto)
pensa alla salute
canta che ti passa
l’amore non ha età
ogni lasciata è ppersa
al cuore non si ‘omanda
chi ssi lamenta ‘nvecchia
chi ssi vergogna non gode
chi non ci vuole non ci merita
non farti troppe seghe mentali
devi bàtte ‘rferro ‘n fin ch’è ccardo
‘olla forza ‘un vien bene neanco ll’acèto

personaggi e persone
(elenco incompleto, provvisorio, modificabile)
il cantastorie – pino
il pianista romantico – rocco
il karaokista diggei – marcello
la sacerdotessa del fuoco – aurora
la coppiera irresistibile – patricia
la danzatrice del ventre – ànn kap
il suonatore di sitar – andrea mo
l’etno-percussionista – mario
la cantante pop – polona
il cantante pop – pino
il poeta geniale – rocco
il giovane fedro – justin
il santone indiano – pino
socrate da vecchio – pino
la cantante circense – anita
socrate da giovane – adriano
il sacerdote del suono – nanni
la sacerdotessa diòtima – miranda
tutte le sacerdotesse – viky e le altre
lo strimpellatore sanremino – santino
il mago di pozioni e tarocchi – rocco
il seducente danzatore – andrea po
la seducente danzatrice – patricia
il dipintore di totem – andrea ca
il batterista emoticon – quentin
il chitarrasolista più folle – angelo
l’innamorato dell’arte – massimo
la fotografa livornese – valentina
il costumista fabbricese – dimitri
il chitarrista morbidoso – mattia
il fotografo pisano – lorenzo cu
la batterista digitale – chiarina
il violinista forestiero – fabio
la etno-strumentista – anita
la bassista svedese – isabel
il contrabbassista – pino na
il percussionista – samuele
il percussionista – adriano
il distorsore – andrea mos
il fisarmonicista – lorenzo
la percussionista – chiara
il lucista livornese – luca
il chitarristafolk – marco
la sassobassista – dona
il trombettista – marc
il bassista – massimo
il tastierista – mattia
il bi-bassista – fabio
il bidonista – renzo

dialoghi
(elenco provvisorio)
tra il cantastorie e il pubblico
tra il poeta geniale ed il mondo
tra il santone indiano e la divinità
tra il suonatore di sitar ed il creato
tra il cantastorie e lo strimpellatore
tra il cantastorie e il karaokista diggei
tra il cantastorie e la cantante circense
tra il cantastorie ed il pianista romantico
tra il decrepito sòcrate ed il giovanissimo fedro
tra la sacerdotessa diòtima ed il giovane socrate
tra il sacerdote del suono e la timbrica universale
—————————————————————————————————————–
The LIVINGMUSICTHEATRE Company
pino masi about Just Love
About Just Love non credo che il suo successo, sulla stampa fintamente libera e la tivvù fintamente pubblica, potrà essere subito tanto epocale quanto la sua portata meriterebbe
Nel mondo dell’arte asservita al mercato il successo dipende dagli interessi malefici
di cui sapete e perciò non vale parlare, se non sapete chiedete a Vincent Van Gogh
Per certo, Just Love sarà massacrato dalle tivvù genuflesse e dalla carta stampata vaticana filovaticana e servovaticana, tutte filocuriali, mentre papa francesco, chiaroveggente,
teme la fine del matrimonio come contratto di proprietà a vita di un’altra persona
Anyway, il successo di Just Love ci sarà e sarà epocale quanto merita – e nel modo glorioso
che merita – perchè non saranno i soldi a deciderlo ma la gente, il popolo dei social e delle
piazze, dei circoli culturali e dei teatri e di scuole giardini palatendoni prati e balere
Per chi sa vedere, il successo di Just Love è nel suo offrirsi alla luce viva della rivoluzione
epocale guidata dalle donne, finalmente libere, che vivifica ogni movida e, senza dirlo,
a tutti dice “d’ora in poi niente più schiavitù, nessuno sarà più di qualcun altro”
Di personale aggiungo solo che le prove di mesi ed il debutto e le previste date del tour impongono una totale partecipazione e, per cantare e suonare e ballare efficacemente,
penso alla salute e dando il buon esempio mi nutro – puntigliosamente – solo di cereali,
legumi, verdure, ortaggi, frutta ed acqua fresca, così grazie anche a questo la natura
– che è ricca di cibo e bellezza ed intuizioni e sorprendenti sapienze e tutti spinge –
mi intima di andare elettrico con la vecchia gybson tra scoppiettanti percussionisti
e geniali solisti e finalmente cantare i brani nel sound della matrice mediterranea
per vedere di nascosto l’effetto che fa e godere vedendovi ballare felici
Ce la mettiamo e metteremo tutta, ci divertiremo alla grande con tutti gli amici
della pace e della libertà e della giustizia che vorranno incontrarci e – anche grazie al nostro lavoro di ideazione e creazione di Just Love – lo faremo nella per noi tutti ritrovata individuale e collettiva consapevolezza, serena e gioiosa, della vera natura dell’eros
Gioiosa e serena consapevolezza erotica di cui fummo muniti dalla filosofia greca di oltre duemilacinquecento anni fa unitamente agli altri, per noi fondanti, concetti e valori
di libertà giustizia repubblica democrazia arte teatro storia musica sport poesia
Gioiosa e serena consapevolezza erotica di cui fummo mutilati dall’editto di costantino, l’imperatore convertito che nel 313 d.C., innalzando la chiesa romana ad unica religione
ufficiale, le accordò il potere di piegare il popolo attraverso la sottrazione anche violenta
di ogni libertà erotica e, per conseguenza, di ogni vera gioia, vera salute, vero equilibrio
vera giustizia vera repubblica vera democrazia vero teatro vero sport vera poesia
Salvo eccezioni subito trascinate al rogo, senza rendercene conto per abitudine
per più di mille e settecento anni siamo sopravvissuti da invalidi complessati,
privi di gioia e senno perché privi di eros, quindi di salute e di equilibrio e serenità
Però – un però che rende tutto più chiaro, positivo ed epocale –
grazie alla vittoriosa liberazione femminile, gli ultimi, che erano le donne,
sono adesso i primi e, nell’arte, con Just Love l’ultimo libera tutti
L’ultimo cantastorie che – povero tra i poveri – ha mendicato cinquant’anni
per cantare incondizionatamente, ora, con la Company e Just Love libera tutti
C’è qualcosa di più epocale?
Non perdere il treno della rivoluzione, c’è ancora un po’ di posto all’ultimo vagone
———————————————–
pino masi
Just Love
a live show on the real nature of the eros
il tracciato dello show con foto, testi dei dialoghi
e dei brani cantati, note di regia e brevi
schede di corredo documentale

The LIVINGMUSICTHEATRE Company
PISA – culturePromòter – 141116
— (fine tracciato, fine copertina, nell’impaginazione
per la stampa cancella queste righe ed anche, da tutto
il testo, le righe contenenti solo tratttini)—

Pubblicato da pinomasi

selinunte, marinella di selinunte, comune di castelvetrano, provincia di trapani, regione sicilia, nazione italia, madre siciliana, padre pisano, nonno materno scultore liberty ed oratore socialista rivoluzionario, nonno paterno poeta futurista e fascista dalla marcia su roma fino alla fine di salò, scuole in sicilia fino alla quarta elementare, quinta elementare e scuola media a pisa, maestro d'arte diplomato all'istituto statale d'arte di pisa con la migliore media di voti del suo corso, poi - come pittore allievo di severa e purificato all'accademia delle belle arti di firenze - studia anche anatomia e storia dell'arte e, al contempo, aderisce alpotere operaio pisano che ruota attorno alle con/vers/azioni di sofri cazzaniga dellamea luperini e fonda con alfredo bandelli e lydia nissim ed altri il canzoniere pisano dando inizio alla nuova canzone popolare di lotta che caratterizzerà il movimento di antagonismo politico culturale per tutto un quindicennio caratterizzato dalle lotte sociali e dall'unità tra studenti e operai, unità che dava al movimento di allora la forza bastante a richiedere ed imporre al sistema di potere bipolare asssoluto filosovietico o filoatlantico di allora una alternativa indipendente di democrazia diretta, esempio temibile di questa forza fu per i potenti di allora l'autunno caldo del 1969 ed a questa forza da loro temuta risposero immediatamente con la strategia della tensione iniziata appunto con la strage di piazza fontana a milano del 12 dicembre 1969, strage di cui lo stato accusava gli anarchici e di cui invece pino, in piena sinntonia con la nascente lotta continua di adriano sofri e di mauro rostagno, accusava lo stato come mandante ed esecutore della strage attraverso i suoi servizi appositamente segreti, nasce così il canzoniere del proletariato e la collana dei dischi di lotta continua, nascono i circoli ottobre, nasce il film di pasolini sulla strage e nasce la distribuzione militante dei dischi e del film e dei concerti con il circuito culturale alternativo rappresentato dai circoli ottobre, ma la strategia della tensione attuata dal potere centrò comunque il suo principale scopo e cioè quello di spostare improvvisamente lo scontro col movimento antagonista dal livello prevalentemente culturale a quello prevalentemente militare, che non poteva che portare al soffocamento culturale del movimento...