TANTI ANNI FA, LA NOTTE DEL 15 DICEMBRE 1969, UN AMICO DEL POPOLO ED OTTIMO PADRE DI FAMIGLIA, IL FERROVIERE GIUSEPPE PINELLI, SOLO PERCHÈ ANARCHICO MORÌ PRECIPITANDO DALLA FINESTRA DELL’UFFICIO DEL GIÀ TRISTEMENTE NOTO COMMISSARIO DELLA SQUADRA POLITICA, DOTTOR LUIGI CALABRESI, SITO AL QUARTO PIANO DELLA QUESTURA MILANESE
FU COSÌ CHE CESSÒ DI VIVERE IL FERROVIERE ANARCHICO DA NOI TUTTI AMATO GIUSEPPE PINELLI, SFRACELLANDOSI TRA LE AIOLE E IL MARCIAPIEDE DEL CORTILE INTERNO DEL FAMIGERATO LUGUBRE EDIFICIO
DETTO QUESTO SENZA TEMA DI SMENTITE, per chi vuol meglio capire modo e contesto in cui avvenne il terribile assassinio di Giuseppe Pinelli è certo UTILE leggere la eccezionale INTERVISTA resa dopo i fatti al settimanale Lotta Continua dal giovanissimo compagno anarchico PASQUALE VALITUTTI, grande amico di Pinelli e un po’ anche mio
PERCHÈ UTILE, L’INTERVISTA ?
Perché Pasquale Valitutti, Lello per gli amici, è l’UNICO TESTIMONE, NON APPARTENENTE ALL’ UFFICIO POLITICO DELLA POLIZIA PRESENTE AL QUARTO PIANO DELLA QUESTURA DA CUI PINELLI VENNE “SUICIDATO” !
Da allora Lello continua ad affermare la sua verità (perché, ci dice, “la verità non ha una sua variabilità”) e Pinelli diventa per tutti la “Vittima” di quella “strategia della tensione” che fu agita dalle classi dominanti contro le nostre lotte e le nostre speranze. FACCIO NOTARE che Lello, malgrado la gravità delle cose affermate, non ha mai subito alcuna denuncia per “falsa testimonianza” ed io, che invece ne subii una per avere inciso e cantato in giro la ‘Ballata di Pinelli’, sono stato poi lasciato in pace grazie ad un cablogramma del Ministro dell’Interno che negava ai Magistrati “l’autorizzazione a procedere nei confronti del professor Giuseppe Ranieri Masi” senza altro aggiungere, senza una qualunque motivazione. Gli assassini hanno paura della nuda verità.
DOMANDA
Iniziamo chiedendoti qual era il clima che si respirava fra gli anarchici subito dopo la bomba di piazza Fontana. Tu quali ambienti politici frequentavi allora ?
LELLO
Non è una storia semplice, posso spiegarmi o non spiegarmi, per farlo devi entrare in una situazione molto articolata, sei.obbligato ad immergerti in una atmosfera molto complessa.
Vedo dalle domande che mi vengono fatte da compagni che hanno la mia età, che certe cose non sono chiare nemmeno a loro.
Non devi però meravigliarti se i giovani non capiscano o non sappiano; questa è una storia complicata che richiede molta fatica mentale.
Frequentavo poco il Ponte della Ghisolfa, di più lo Scaldasole.. e quando mi chiedi qual era l’atmosfera bisogna tener presente che la mia è una risposta soggettiva, non oggettiva. Altre persone potrebbero darti risposte diverse.
Ti posso semplicemente dire qual era la situazione per come la vivevamo noi, che eravamo un gruppo di anarchici giovani, abbastanza nuovi, slegati dalle strutture tradizionali dell’organizzazione anarchica.
Questo va chiarito.
Era finita in un certo modo l’euforia del 68 e il movimento della sinistra si stava strutturando in una forma che a noi anarchici non è che piacesse tantissimo. Nasceva il Movimento studentesco, con i suoi katanga, e le strutture autoritarie contrarie alle nostre convinzioni.
Il movimento anarchico era stata tirato dentro come responsabile di episodi particolarmente importanti come le bombe alla Fiera di Milano, le bombe sui treni del mese di agosto e di altri fatti minori.
Indagavano sugli anarchici e.. se la polizia inizia ad indagare non è che sei sereno, sai che non c’entri niente ma non puoi stare tranquillo..
e sai cosa succede in quel periodo a Milano?
Era arrivato Calabresi, da un anno o due, non ricordo con precisione e ben prima della strage di piazza Fontana comincia ad indagare sugli anarchici e ne vengono arrestati parecchi, per le bombe alla Fiera, che saranno prosciolti.
Calabresi tentava di coinvolgere Valpreda ed anche Pinelli perché era ferroviere, ma per le bombe sui treni risulterà che le hanno messe i fascisti e i compagni non c’entravano nulla.
Pietro Valpreda decise ondognsto di lasciare Milano e stabilirsi a Roma perché non ne poteva più di quella situazione. Anche Pinelli era seccato ma, tutto sommato, devo dire che questo clima non ci aveva tolto la gioia di vivere e di fare attività politica, soprattutto non ci aveva tolto la gioia di sperare che un cambiamento sarebbe stato possibile.
Il clima continuava ad essere abbastanza ottimistico, per cui si aveva voglia di andare avanti. Si continuava a fare battaglie sulle carceri, sugli sfratti, campagne perché i compagni incarcerati potessero avere un processo veloce.. Lotte che si facevano con serenità, non c’era l’aria pesante che ci sarà dopo la strage. Questo posso raccontare, la mia percezione soggettiva. Quando ci sono dati oggettivi lo rimarco, te lo dico.
DOMANDA
Dove ti trovavi il giorno della strage di Piazza Fontana?
LELLO
Quel giorno mi trovavo a Senigallia nella casa dei miei, quindi vengo a sapere della strage ma non ero a Milano. Resto sconvolto dalla notizia di quello che era successo, ma non c’era pur lontanamente l’idea della possibilità che si potessero coinvolgere gli anarchici. Era una cosa fuori dalla nostra immaginazione, fuori dalla nostra portata mentale.
Poi mia madre si mette in contatto telefonico con me e mi dice: “guarda, è venuta a casa la Questura e ha preso tua sorella” e mia sorella, poveretta, non si è mai interessata di politica: l’hanno letteralmente sequestrata.
Arrivo a Milano il 13 mattina e vado subito in Questura dove rilasciano mia sorella.
La Questura era strapiena di gente, sembrava una fiera; avevano fatto una retata prendendo tutti gli anarchici che conoscevano.
In seguito siamo venuti a sapere – fatto storico verificato, non una supposizione nostra – che da Roma era arrivato un telegramma che in pratica diceva “investigate sugli anarchici”.
Questo in sostanza voleva dire mettere le indagini nelle mani di Calabresi.
Nell’Ufficio Politico della Questura (allora si chiamava così) c’era una separazione degli incarichi, c’era chi si occupava dei fascisti, chi aveva altri incarichi specifici.
Degli anarchici se ne interessava Calabresi che iniziò le indagini facendo fermare tutti gli anarchici conosciuti. Quindi in Questura c’era un sacco di gente; passa il 13, passa il 14, e mano mano le persone venivano rilasciate.
DOMANDA
Nei giorni di sabato 13, domenica 14 e lunedì 15 Dicembre sei sempre rimasto in Questura
Non sei mai stato interrogato?
LELLO
Ogni tanto uno veniva preso e portato in una stanza e interrogato, ma io non sono mai stato sottoposto a nessun tipo di interrogatorio, non ho mai dovuto firmare alcun verbale.
Mi hanno fatto qualche domanda generica, o qualche battuta del tipo: “ah, come mai non eri a Milano? Ah si, eri al mare…”, battute di questo tipo ma nulla di specifico, non ero a Milano il 12 e quindi nessuna contestazione specifica, mi spiego no?
DOMANDA
Arriviamo allora al tardo pomeriggio del 15 dicembre. Quanti siete rimasti nello stanzone? Cosa successe nelle ultime ore della giornata?
LELLO
Nel pomeriggio inoltrato di quel lunedì 15 rimaniamo solo io e Pino.
La stanza si era svuotata completamente, gli altri erano stati rilasciati, qualcuno portato a S. Vittore e gli si faceva passare una nottata in carcere.
A questo punto i nostri due fermi erano del tutto illegali perché dopo 48 ore la Questura avrebbe dovuto avvertire l’autorità giudiziaria, la quale doveva convalidare il fermo o rilasciare il fermato.
Pino era in Questura dal 12 pomeriggio, io dal 13 mattino, entrambi abbondantemente oltre le 48 ore di fermo e nessun magistrato era stato informato della nostra condizione.
Eravamo quindi trattenuti in Questura in modo illegale. Questo deve essere molto chiaro.
DOMANDA
Nel tempo che sei rimasto solo con Pinelli, vi siete parlati? Avete scambiato qualche battuta?
LELLO
Si cercava di capire perché eravamo trattenuti. Ero un ragazzo, ero sorpreso, un po’ inquieto, e dicevo al Pino: “Perché ci tengono ancora qui?” Lui mi tranquillizzava, “Lello non ti preoccupare, ci sentono e ci lasciano andare a casa”. Ricordo che era sereno, molto tranquillo; aveva più esperienza di me ed era molto sereno. Ma arriviamo a quando vengono a prendere Pinelli. Viene portato via per gli interrogatori.
Ad un certo punto… ecco bisogna entrare in quell’ atmosfera per poter capire.
A quell’ora lavorava solo l’Ufficio Politico della Questura sui fatti di Piazza Fontana.
C’era un silenzio terribile ed ero solo in quello stanzone dove c’é una di quelle macchinette per il caffè.
Ero seduto e, di fronte a me, c’era un’ apertura grande come 4-5 porte, molto grande. Una pertura che dava sul corridoio.. Dalla mia posizione potevo vedere bene il corridoio.
Prima di mezzanotte, penso un quarto d’ora, venti minuti prima, all’improvviso iniziano ad arrivare dei rumori che provenivano dalla stanza degli interrogatori. Sentivo rumori che posso descrivere come un trambusto, delle voci con toni alti, un parlare concitato.
Fino ad allora non avevo sentito nulla, ed erano diverse ore che Pino era li dentro.
All’improvviso sento questi rumori e mi allarmo. Cosa succede?
Dopo un quarto d’ora, 20 minuti, sento un rumore che rompe il silenzio della notte, un tonfo in quel silenzio assoluto.
Dopo pochissimo tempo sento spostarsi gente nel corridoio e vengono da me: “cos’è successo?” chiedo. Mi dicono: “si è buttato”. Arriva poi Calabresi che mi dice: “stavamo parlando tranquillamente, non capisco perché si sia suicidato”.
Non gli ho chiesto se era nella stanza; mi ha detto: “stavamo parlando tranquillamente…” ed era evidente, per come lo ha detto, che lui era nella stanza. Non l’ha detto esplicitamente, ma era assolutamente evidente che era nella stanza dove c’era Pinelli.
Vengo preso e portato a San Vittore, lasciato li tutta la notte e albmattino rilasciato. Dopo mi avvicina un avvocato che mi chiede: “Lello, ma hai visto qualcuno passare nel corridoio nei momenti precedenti l’assassinio di Pinelli? Dico ‘assassinio’ perché per me così è stato.
Io dico: “no, non è passato nessuno; ho sentito dei rumori prima, 15-20 minuti prma, ma dopo non è passato assolutamente nessuno”.
“Ma Lello, non ti sarai distratto?”, chiede ed io dico “no, ero li di fronte alla porta, aspettavo di capire cosa era successo nella stanza degli interrogatori”. Ma quello, l’avvocato, insiste, tant’è che gli dico: “Cavolo, te l’ho già detto, perché insisti così?”
Quando mi venne chiesto se avevo visto passare qualcuno nel corridoio, io non sapevo ancora quello che aveva detto il commissario Calabresi, non lo sapevo proprio.
In quel momento la mia testimonianza, in sé stessa, non voleva dire niente.
Quando diventa importante? Quando vengo a sapere che smentisce quello che Calabresi aveva affermato.
Infatti Calabresi aveva detto: “non ero nella stanza dove è morto Pinelli, sono uscito pochi istanti prima per andare nell’ufficio di Allegra”.
L’ufficio di Allegra, capo dell’Ufficio Politico, era di fronte all’apertura nella parete che prima ti ho descritto e quando vengo a sapere cosa sostiene Calabresi capisco che ha mentito.
Non è uscito nei momenti che precedono la morte di Pinelli, nell’ufficio di Allegra non c’è sicuramente andato. Calabresi costruisce per sè questa scappatoia; mi spiego no?
“Ma come fai a essere così sicuro che non è passato?”, mi dice l’avvocato, ed io: “ Guarda, ero attento, era buio ma tutto silenzioso, era impossibile non sentire rumore di passi nel corridoio e c’è il fatto che Calabresi mi disse: “stavamo parlando tranquillamente…”
Questa testimonianza l’ho fatta al primo magistrato che mi ha interrogato, mi sembra fosse Caizzi, a lui per primo ho detto queste cose.. Poi sono andato avanti per anni a dirle, sembrerò sicuramente monotono e ripetitivo, ma la verità non ha il dono della variabilità.
Non può essere variata, modificata, la verità.
DOMANDA
Hai sentito il trambusto e sei diventato più vigile e attento, difficile pensare che in una situazione del genere potessi essere distratto…
LELLO
Assolutamente impossibile, ero ben sveglio e molto attento a quello che stava succedendo.
La cosa divertente, e anche documentata da un rapporto scritto, è che Allegra, il capo dell’Ufficio politico della Questura, ha detto in un primo momento che Calabresi quando è caduto Pino era nella stanza e lo stava interrogando. Lo stesso Allegra, di nuovo interrogato in seguito, dirà: “mah, posso anche essermi sbagliato”. Allucinante, no?
Andiamo ora a quello che succede dopo. Nella notte stessa viene convocata una conferenza stampa con Guida, questore di Milano, Allegra, capo dell’Ufficio Politico, e Calabresi
Su questo si possono anche andare a vedere i giornali dell’epoca. I tre sostengono all’unisono che Pinelli si è suicidato perché era complice di Valpreda, che ha messo le bombe, e si è buttato gridando: “l’anarchia è finita”.
Calabresi la racconta sempre in prima persona e non dice “io non ero nella stanza”, non dice: “mi hanno detto i miei, perchè io non ero nella stanza”. Passano un paio di settimane e si rimangiano tutto, “non è vero che Pinelli è colpevole”, dicono.. Hanno detto tutto e il contrario di tutto; ma perché tutte quelle versioni? Tutte quelle menzogne?
Su ciò che successe quella notte si sono sentite cose veramente caricaturali..
Al processo Calabresi-Lotta continua ad un certo punto Panessa, un brigadiere presente nella stanza dell’interrogatorio, dice: “Ho cercato di fermare Pinelli e mi è rimasta una scarpa in mano”, al che lo stesso Presidente lo riprende: “guardi brigadiere che Pinelli è stato trovato nel cortile con tutte e due le scarpe”, insomma tutti quelli che erano nella stanza dell’interrogatorio di Pinelli si sono dimostrati ben capaci di uccidere ma assolutamente incapaci di raccontare le loro balle, proprio assolutamente incapaci.
DOMANDA
Nei processi che ci sono stati su Piazza Fontana e l’assassinio di Pinelli, sei stato chiamato a testimoniare?
LELLO
Sono stato interrogato da Caizzi che aveva aperto un’inchiesta sommaria che è stata subito chiusa, come sappiamo.
Poi sono andato a testimoniare al processo Calabresi-Lotta Continua ed ho esattamente detto le cose che ti sto dicendo, guardando Calabresi in faccia.
Lui era difeso da un avvocato allora molto conosciuto, mi pare si chiamasse Lener o qualcosa del genere.. Insomma, l’avvocato di Calabresi non mi ha interrogato e questo significa una sola cosa: ha ritenuto che fossi un teste inattaccabile.
Poi ci fu la denuncia di Licia, la moglie di Pino, a seguito della quale è stata aperta un’indagine che venne affidata a Gerardo D’Ambrosio che, guarda caso, si è dimenticato di interrogarmi.
Ha interrogato i poliziotti presenti nella stanza dell’interrogatorio, che erano potenzialmente tutti imputabili e quindi sappiamo bene cosa potevano dire tra molte contraddizioni.
DOMANDA
Eri l’unica persona presente in quel piano della Questura che non appartenesse in qualche modo alla polizia e hai sempre sostenuto le cose che stai dicendo.
La tua testimonianza è fondamentale e capiamo bene perché sia stata sempre rimossa.
Ti chiediamo un’ultima cosa sulla figura del commissario Calabresi.
Negli ultimi anni è stato costruita su di lui l’immagine del poliziotto buono, dell’eroe positivo che lavora per il rispetto della legalità. Tu, in quegli anni che eri a Milano, che ricordo hai personalmente di Luigi Calabresi?
LELLO
Calabresi ha accusato gli anarchici per le bombe alla Fiera di Milano e sono stati i fascisti, ha accusato gli anarchici per le bombe sui treni e sono stati i fascisti, ha accusato gli anarchici per Piazza Fontana e sono stati i fascisti. Volendo si potrebbe dire che, come investigatore, è stato un fallimento completo.
Tutto l’operato di Calabresi, dal primo all’ultimo suo giorno a Milano, denota accanimento contro gli anarchici già ben prima della strage di Piazza Fontana. Potrei raccontare parecchie cose sul suo modo di fare l’investigatore.
Calbresi cercava di sconvolgere le persone che indagava. Prendeva informazioni sulla vita privata delle persone, su fatti strettamente personali che nulla avevano a che vedere con le inchieste, e li usava per destabilizzare l’indagato. Una tattica che usava l’Ovra, la polizia fascista, dei buoni maestri!
Non era per nulla un poliziotto democratico, era un poliziotto molto più astuto degli altri, dai quali potevi prendere solo quattro schiaffoni.
CONCLUSIONI
La strage di Piazza Fontana è stata una “Strage di Stato” contro le nostre lotte, per costringere sulla difensiva un movimento che era all’offensiva ed avviare, sull’onda della emozione per i fatti di Piazza Fontana, una svolta di regime di tipo autoritario, svolta che non è riuscita per l’enorme risposta popolare che siamo riusciti a dare a tutti i livelli
Giuseppe Pinelli, vittima di un omicidio premeditato per disorientare e indebolire il movimento di lotta, in quei tre giorni e notti di arresto illegale aveva inteso il senso delle bombe del 12 dicembre e, anche per questo, non poteva più scire vivo dalla questura